Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1
territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni
L’Istituto per i beni culturali esercita funzioni proprie in materia di censimento del patrimonio naturale regionale. L’argomento è amplissimo, potendo comprendere tutti gli organismi presenti, ma anche ciò che è inerente alle scienze della terra. Rimanendo nel campo delle scienze biologiche, queste grandi suddivisioni si articolano nei modi più diversi, riferendosi a singole specie, a popolazioni, cenosi, ecosistemi, paesaggi ecologici. In questo ambito è stata sviluppata da tempo una banca dati dedicata all’archiviazione dei dati sulla flora regionale, cioè su tutte le specie vegetali segnalate come presenti allo stato spontaneo. Questa scelta deriva dal fatto che in origine gli scarsi finanziamenti regionali per sostenere le attività dell’Istituto su questi argomenti erano stanziati dal “Fondo conservazione della Natura” della Regione Emilia-Romagna, istituito dalla Legge regionale sulla protezione della flora; va tuttavia precisato che il finanziamento regionale è del tutto azzerato ormai da diversi anni. La banca dati è strumento che può essere utilmente impiegato per individuare azioni dedicate alla conservazione attiva del patrimonio; sono infatti individuabili specie rare, scomparse o minacciate. Ma un argomento di grande attualità è quello delle specie che sono state scoperte nel territorio regionale e che spesso sono di origine esotica, cioè provenienti da altri continenti.
Compilare un catalogo aggiornato della flora regionale è un obiettivo complesso e che richiede apporti da diverse discipline. L’argomento è molto ampio e complesso per diverse ragioni: il territorio regionale è molto esteso, la documentazione sull’argomento è ricca e diversificata, è necessaria una conoscenza diretta, aggiornata e critica sugli sviluppi più recenti della sistematica per poter interpretare correttamente i dati. La fonte più antica nella quale trovare dati utili è della seconda metà del XVIII secolo; si tratta del Viaggio al Monte Ventasso e alle Terme di Quara di Filippo Re, che vide la luce nel 1790.
Dopo l’uscita della Flora d’Italia (1833-1854) di Antonio Bertoloni e della sua Flora Italica Cryptogama (1858) ha inizio la stagione di produzione di flore provinciali che via via coprirono il Modenese e Reggiano (Gibelli e Pirotta, 1883), il Bolognese (Cocconi, 1882), il Faentino (Caldesi, 1879), il Reggiano (Casali 1899), il Ferrarese (Revedin, 1910), il Parmense (Bolzon, 1920). Un discorso a parte merita la Romagna che grazie all’attività pluridecennale di Pietro Zangheri è stata oggetto di numerose pubblicazioni. Nel frattempo sono uscite decine di opere minori nelle quali sono state pubblicate aggiunte, integrazioni e precisazioni sia a livello regionale che per gli ambiti territoriali provinciali. Lo studio di questi argomenti richiede un continuo aggiornamento; infatti nuove specie si aggiungono continuamente al quadro delle conoscenze.
Va sottolineato che nei decenni più recenti tra i nuovi ingressi prevalgono di gran lunga specie appartenenti a due gruppi: le piante esotiche e quelle di indole termofila. In entrambi i casi si tratta di conseguenze alle modificazioni ambientali indotte dalle attività umane: riscaldamento globale e incremento dei trasporti intercontinentali per via aerea e marittima. Ma grazie allo studio dei dati nel loro sviluppo storico è anche possibile individuare specie in rarefazione o addirittura del tutto scomparse dal territorio regionale; si tratta per gran parte di piante legate agli ambienti umidi che sono stati danneggiati o del tutto eliminati, oppure a un’agricoltura con minore impatto sull’ambiente rispetto all’attuale.
In tempi recenti anche il web è diventato un luogo nel quale vengono presentati rinvenimenti che possono utilmente contribuire a migliorare il quadro delle conoscenze. Tra i forum che si occupano in specifico di questi argomenti può essere citato Acta Plantarum, che ha presentato diverse migliaia di dati utili per l’Emilia-Romagna, documentati da immagini che ne garantiscono la corretta identificazione.
Il patrimonio floristico di un territorio per essere quantificato e descritto compiutamente richiede quindi che vengano archiviati tutti i dati utili noti. Le banche-dati in ambiente elettronico sono oggi uno strumento insostituibile perché questa massa enorme di dati possa essere gestita in modo utile e rapido. Al di là degli aspetti tecnici, che pure sono decisivi, è fondamentale la conoscenza diretta dell’argomento per poter esaminare criticamente i dati e per poterne giudicare l’attendibilità. La conoscenza della flora attuale permette, ad esempio, di formulare ipotesi sull’identità di specie segnalate anticamente con una nomenclatura vaga e non più utilizzata. È necessario anche avere una buona conoscenza del territorio e della sua struttura geografica, climatica, geologica ed ecologica. Queste competenze sono utili per esprimere giudizi sulla attendibilità di dati soprattutto nei casi di specie anticamente segnalate e mai più rinvenute.
Quantificando i contenuti della banca-dati, va premesso che la flora italiana è costituita da oltre 8000 entità diverse; intendendo con questo termine le specie, sottospecie e ibridi naturali. In Emilia-Romagna, l’Istituto per i beni culturali possiede dati su oltre 3500 entità. I dati provengono dalle fonti più diverse: bibliografia, erbari, fonti varie inedite, web, rilevamenti diretti. Il complesso delle fonti archiviate supera oggi le 1200 e le segnalazioni in totale ammontano a oltre 550.000. Vengono schedati tutti i dati, purché riconducibili esplicitamente all’Emilia-Romagna; in alcuni casi, soprattutto in lavori di carattere nazionale, la presenza è indicata in modo generico e vago; nella gran parte dei casi esiste tuttavia un dato di base che supporta quell’indicazione; ma non sempre è così; anzi, in alcuni casi sono state riscontrate imprecisioni per cui alcune specie considerate presenti, in realtà non lo sono.
Il dato tipico è comunque costituito dalla coppia “una specie-una località”. A questa si aggiungono un autore e una data. Tutte le variabili qui sommariamente elencate possono essere fonte di problemi, a ognuno dei quali va tuttavia trovata una soluzione metodologicamente corretta. Più di recente i dati vengono rilevati con GPS e quindi sono ad elevata precisione geografico-geometrica. Un tipo particolare di indicazione geografica è quella che deriva da progetti di cartografia floristica; in questo caso può trattarsi di dati indicati genericamente come collocati in un elemento scala 1:10000 della Carta Tecnica Regionale dell’Emilia-Romagna. Grazie a questa banca dati è possibile ricavare diverse informazioni. Oltre alla già accennata lista di tutte le specie presenti in Emilia-Romagna, si possono avere liste per territorio provinciale, per toponimi o gruppi di toponimi. È possibile indagare la distribuzione di gruppi importanti dal punto di vista biogeografico, come gli endemismi oppure gruppi di specie a corologia rara in regione come le artico-alpine, le stenomediterranee o le specie steppiche. Approfondimenti specifici sono quelli relativi alle specie esotiche cui si è già accennato e che costituiscono un problema per l’integrità del patrimonio floristico. È stato infatti rilevato un forte e rapido incremento di questa componente che incide in modo sempre più significativo nella composizione della flora regionale. È inoltre possibile individuare specie molto rare e localizzate, altre presenti in una sola provincia, oppure con altre particolarità distributive, e così via.
Tra i risultati più significativi cui si è pervenuti nei tempi più recenti ne possono essere ricordati alcuni. La realizzazione di flore generali delle Province di Modena e di Ferrara; la pubblicazione dell’Atlante regionale delle Felci, con carte distributive; la pubblicazione di numerosi contributi di aggiornamento sia a livello regionale che per singole province o aree subregionali come la Romagna. La produzione IBC è interamente disponibile e liberamente scaricabile dal sito web.
Maggiore attenzione meritano le collaborazioni a progetti nazionali relativi alla flora italiana; è stata appena pubblicata la nuova Checklist della flora nativa italiana ed è imminente la pubblicazione della lista della flora esotica. In entrambi i casi la redazione della parte relativa all’Emilia-Romagna deriva dalla collaborazione tra IBC e centri nazionali di ricerca. Nella compilazione sono confluiti dati e osservazioni derivanti dall’attività di numerosi collaboratori.
Sono in corso ricerche attive e dirette su alcune aree come ad esempio gli ambienti fluviali del Trebbia e del Nure nel Piacentino; questa indagine trae spunto dal centenario della prima ricerca su questo tema (che ricorrerà nel 2019). Grazie ai rilevamenti saranno messe in evidenza le differenze tra la flora di quel tempo e quella attuale; fin d’ora si può anticipare che diverse specie rare sono scomparse mentre sono aumentate di molto le specie ruderali e quelle esotiche. La flora infatti, con le sue trasformazioni nel tempo, può fornire indicazioni su quanto e come si sia modificato il territorio.
Altri progetti concreti che stanno apportando dati sono relativi a un altro tema di grande appeal, cioè quello delle aree urbane e delle aree dismesse; qui in particolare sono state realizzate due ricerche, una relativa alla flora della città di Ferrara e una al centro storico di Bologna. Sempre a Bologna sono in corso altre indagini su temi analoghi. L’interesse per questo tema è in forte aumento, tanto che sono in svolgimento rilevamenti sulla flora di altre città e comunque è sicuramente di molto cresciuta l’attenzione per questo argomento che prima veniva trascurato.
Negli anni più recenti è stato avviato dalla Società per gli Studi naturalistici della Romagna un progetto di lungo periodo per la realizzazione della cartografia floristica del territorio romagnolo, che corrisponde ai territori delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini ma che coinvolge anche il Bolognese orientale e territori marchigiani e toscani. Il rilevamento è in corso e sono stati tenuti diversi seminari di aggiornamento. L’Istituto partecipa attivamente al progetto, mettendo a disposizione l’esperienza maturata sull’argomento, i dati archiviati relativi al territorio interessato, collaborando all’archiviazione e fornendo tutto il supporto utile.
Chi sono gli utenti della banca-dati? L’argomento suscita notevole interesse, tanto che sono molti i cittadini che chiedono informazioni su singole specie o su temi più ampi, su aree; ma le collaborazioni avviate sono quelle con Centri di Educazione ambientale, Musei naturalistici, Aree protette. Inoltre, sono attive relazioni che permettono di arricchire la banca dati grazie al contributo disinteressato di singoli cittadini o Associazioni e Istituzioni. Di sicuro l’IBC su questo tema è diventato un solido riferimento ed è pienamente inserito nella rete di soggetti che collaborano a mantenere aggiornate le conoscenze sul patrimonio floristico nazionale, regionale e locale.
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