Rivista "IBC" XIV, 2006, 3

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"Linneo in Italia: la diffusione di una rivoluzione in Botanica", Pisa, Orto botanico, 9-10 giugno 2006.
Linnaeus, von Linné, Linneo

Alessandro Alessandrini
[IBC]

Il 9 e 10 giugno 2006, all'Orto botanico di Pisa, si è svolto un convegno che anticipa l'imminente tricentenario della nascita del grande naturalista svedese Carl Linnaeus; organizzato dall'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze e dall'Università di Pisa, ha sviluppato un tema di cui finora poco s'è parlato: "Linneo in Italia: la diffusione di una rivoluzione in Botanica". Va subito precisato che Linneo non ha mai visitato l'Italia e che in generale tra il mondo scientifico italiano e quello di area centro-nordeuropea i rapporti non erano particolarmente intensi. In questa distanza si riflette lo spirito del tempo e la divisione tra l'Europa protestante e l'Europa cattolica.

Visto con gli occhi di oggi, il pensiero linneano non fu particolarmente rivoluzionario; non venne messa in discussione l'origine divina delle specie, e in fondo la nomenclatura binomia rappresenta la standardizzazione di modalità che si erano già presentate nel corso della storia. Basta scorrere il Pinax di Caspart Bauhin, ma anche gli Elemens de Botaniquedi Tournefort o l'Historia Plantarum di John Ray per rendersi conto che molti dei binomi linneani provengono da autori precedenti.

Il problema di sistemare e denominare gli esseri viventi è antichissimo e mai risolto. È divenuto via via più complicato e pressante quando è aumentato il numero delle "cose" da classificare e denominare. La scoperta dell'America e i viaggi d'esplorazione sono stati occasione per entrare in contatto con decine di migliaia di specie nuove e il problema si è complicato a livelli impensabili. Con l'accumularsi delle raccolte, delle collezioni, delle osservazioni, è cresciuta l'esigenza di metodi per la classficazione e la denominazione che fossero basati su criteri semplici e chiari.

Il "sistema sessuale" di cui Linneo è ideatore risponde a questi requisiti; la grande innovazione sta nell'aver stabilito che la classificazione degli organismi vegetali doveva basarsi sull'osservazione degli organi destinati alla riproduzione. Nonostante il fatto che alcuni gruppi così creati fossero vistosamente non naturali, l'intuizione era fondamentalmente corretta e, con le necessarie modifiche e integrazioni, costituì una svolta decisiva nella sistematica vegetale. Oggi si può guardare con sufficienza e quasi sorridendo a questa soluzione; ma occorre non dimenticare che il metodo deriva da una profonda e diretta conoscenza delle piante e dello stato dell'arte scientifico del tempo; inoltre, deriva da un progetto conoscitivo coerente che, partendo dal Systema Naturae (la prima edizione è del 1735), attraverso i Genera Plantarum (1737) e la Philosophia botanica (1751), giunge fino a Species Plantarum (1753), che rappresenta il punto di partenza della nomenclatura botanica.

La produzione scientifica linneana è enorme ed è il risultato di una grande capacità di lavoro e di organizzazione. Intorno al lavoro linneano infatti è da collocare anche quello dei suoi allievi e dei suoi "apostoli", che per suo incarico esplorarono molte parti del mondo e in non pochi casi persero la vita in circostanze drammatiche. Egli seppe anche promuovere il suo lavoro con viaggi e permanenze che gli permisero di stringere conoscenze che nel tempo si rivelarono preziose. Per alcuni anni (dal 1735 al 1738) visse in Olanda, dove si addottorò in medicina; da qui si spostò per brevi viaggi in Inghilterra e in Francia; conobbe così alcuni tra i botanici più autorevoli del tempo: Johan F. Gronovius e Johannes Burman, eredi del sommo Boerhaav; a Oxford (1736) si incontrò col botanico tedesco Johan J. Dillenius. E il riconoscimento di fatto del sistema binomiale di nomenclatura avvenne quando, a partire dal secondo volume del The Vegetable System (1761), l'inglese John Hill lo adottò e confermò poi la scelta col successivo Hortus Kewensis (1768; punto di partenza dell'Index Kewensis, che tuttora rappresenta una fonte standard per la nomenclatura botanica).

Il lascito di Linneo non è solo scientifico, metodologico e culturale, ma consiste anche di documenti, campioni, fogli d'erbario, corrispondenze, manoscritti. La Linnean Society di Londra (www.linnean.org/) conserva il suo erbario principale, con oltre 14.000 exsiccata, altri campioni di pesci, insetti e conchiglie, la biblioteca di Linneo e le sue lettere, circa 3.000 tra corrispondenza e manoscritti. Oltre 3.000 fogli d'erbario sono consultabili nel sito del Museo svedese di storia naturale (linnaeus.nrm.se/botany/fbo/welcome.html.en). Nel sito sono visibili i campioni raccolti da Linneo, che in alcuni casi costituiscono il typus della specie. Sul web è anche in corso la pubblicazione della corrispondenza all'interno del più ampio progetto "c18. Il Settecento in linea" su iniziativa del Centre international d'étude du XVIIIe siècle (www.c18.rutgers.edu/pr/lc/proj.lin.html; linnaeus.c18.net/). Un altro riferimento utile in sé e come base di partenza per l'argomento e per le sue ricche e sempre nuove ramificazioni si trova in www.imss.fi.it/news/elinnaeus.html.

Dall'esame della corrispondenza, così come messo in evidenza anche nel convegno di cui si parla, i contatti con gli studiosi italiani non furono particolarmente intensi. Tuttavia questi rapporti epistolari disegnano una geografia che rivela attenzione e rispetto verso il pensiero del grande svedese, oltre a rendere evidente il valore scientifico dei botanici italiani del tempo. Grazie al convegno sono state poste solide basi per la migliore conoscenza di un periodo-chiave per la cultura e per le scienze della natura in Italia. E, soprattutto, è stato dimostrato che il mondo scientifico italiano, nonostante la sua collocazione periferica rispetto a flussi culturali e scientifici innovatori, ha colto prontamente l'importanza della "rivoluzione" linneana.

Ciò è stato dimostrato nelle diverse relazioni che hanno analizzato l'impatto linneano nelle "Italie" della seconda metà del XVIII secolo con particolare attenzione per il momento del passaggio dai metodi precedenti, soprattutto quello tournefortiano, a quello linneano; a sostegno è data notizia di numerosi documenti per gran parte inediti, soprattutto di natura epistolare, di numerosi botanici tra cui Carlo Allioni (Torino), Antonio Turra (Vicenza), Domenico Cirillo (Napoli), Saverio Manetti (Firenze), Pietro Arduino (Padova), Domenico Vandelli (Padova), Vitaliano Donati (Venezia), Giovanni A. Scopoli (autore della Flora Carniolica).

Un discorso a parte merita la scuola bolognese: soprattutto con Ferdinando Bassi, essa giocò un ruolo non secondario nella diffusione del pensiero linneano in Italia; infatti il riconoscimento della sua validità da parte di un polo culturale dello Stato pontificio ne ammetteva di fatto l'utilizzo anche nel resto del mondo scientifico italiano. È quasi impossibile dar conto della ricchezza e profondità delle ricerche presentate: gli atti del convegno saranno comunque resi pubblici e sarà nostra cura darne notizia su queste pagine.

 

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