Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2
territorio e beni architettonici-ambientali / immagini, pubblicazioni
L'Istituto regionale per i beni culturali ha pubblicato il volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna", che propone una straordinaria documentazione fotografica delle specie vegetali presenti sul territorio. Le immagini, realizzate da un'équipe di autori diversi (Alessandro Alessandrini, Luciano Bersani, Patrizia Ferrari, Nicola Merloni, Sergio Picollo), provengono dalla parte occidentale della regione, dall'area centrale, dalla Romagna: appartengono a specie rare, tipiche di contesti ambientali molto specializzati, ma anche a specie comunissime, altrettanto degne di attenzione. La parola al curatore, che racconta come nasceva un erbario in epoca antica, e come nasce oggi.
La botanica è nata dalla concreta necessità di saper distinguere le piante: per esempio, quelle utili per l'alimentazione o per la salute, per tingere i tessuti o per conciare le pelli; oppure da quali alberi ricavare materiale per costruire ricoveri solidi o come evitare le specie pericolose perché tossiche. La conoscenza delle piante è dunque una scienza antichissima e affonda le sue radici nella più lontana preistoria umana.
Per trovare i primi esempi di catalogazione di piante con apparato iconografico occorre però riferirsi ai codici cosiddetti "dioscoridei", derivati cioè dall'opera di Dioscoride Pedanio, medico greco del I secolo, autore del De Materia Medica, un testo che viene considerato fondativo per la nascita della medicina e della farmacia. La botanica nasce quindi non tanto come studio delle piante "in sé", ma come scienza ancillare della medicina; le piante infatti venivano trattate in quanto materia prima per la preparazione di farmaci.
Per facilitare il riconoscimento e la trasmissione della conoscenza i codici dioscoridei sono illustrati con modalità piuttosto primitive, ma assai efficaci, tanto che è ancora possibile riconoscere la maggior parte delle piante illustrate. Vengono messi in chiara evidenza i caratteri più immediati: a volte la forma delle foglie o delle infiorescenze, la spinosità o la forma delle corolle.
Occorre anche tener presente che il numero di piante oggetto di interesse è esiguo, dell'ordine di poche decine di specie. Tuttavia il rischio di confondere le piante utili in quanto terapeutiche da quelle simili ma inefficaci, se non addirittura dannose, è elevatissimo, tanto che uno degli argomenti che più spesso viene sollevato è proprio quello del rischio di errori o di frodi.
La scienza medica si confonde poi con la magia o la superstizione, per cui vengono messi a punto medicamenti misteriosi e di formula segreta che avrebbero dovuto risolvere ogni malanno, primo tra tutti ilMorbus Gallicus. Grande fama ha conquistato nei secoli la "Teriaca", medicamento di cui ognuno affermava di detenere la vera e più efficace formula di preparazione.
La coltivazione di piante con proprietà terapeutiche di sicura identità è peraltro uno dei motivi per cui vengono fondati gli "orti botanici" come luogo di produzione sia di materiali per la didattica (la cosiddetta "ostensione"), sia per la preparazione di farmaci a partire dai componenti elementari, i cosiddetti "semplici".
Questo breve excursus ci serve per giungere al momento cruciale di svolta, costituito dall'invenzione della stampa. Dalle illustrazioni vergate una a una, da amanuensi e scrivani, si passa infatti a matrici su legno che permettono la pubblicazione in più copie sostanzialmente identiche delle illustrazioni oltre che, naturalmente, dei testi. Il De Materia Medica conosce allora una nuova vita e viene edito in numerosissime versioni a stampa, nelle quali, oltre alla trascrizione più o meno fedele dei testi, i diversi autori polemizzano tra loro, ciascuno rivendicando a sé l'"autentica" identificazione delle piante trattate da Dioscoride e sbeffeggiando coloro che invece le identificavano con specie più o meno simili, ma in realtà diverse.
Anche le illustrazioni risentono delle vicende alterne di questo periodo; accanto a piante ben riconoscibili ne vengono tratteggiate altre invece poco chiare e che risultano impossibili o assai ardue da riconoscere. Non è corretto esprimere giudizi sul passato con gli assai più smaliziati occhi di oggi, ma va precisato che non di rado le piante da rappresentare erano effettivamente difficili, facilmente confondibili e per distinguerle sarebbe stata necessaria un'analisi e una forma mentis che in quel periodo erano impensabili. Mancava poi la consapevolezza di quando fosse importante osservare direttamente le piante da raffigurare; spesso le immagini derivavano da altre immagini, perdendo di freschezza e di dettagli man mano che passavano da un'incisione all'altra.
Alcune opere tuttavia sono considerate cardinali in quanto puntano proprio sulla qualità delle illustrazioni e grazie a ciò hanno esercitato un'influenza ampia e duratura. Si tratta del Kräuterbuch (Libro delle Erbe, o Erbario) di quel Leonhart Fuchs che nei paesi di lingua germanica fa parte dei Vätern der Botanik, i "Padri della Botanica", e ancor di più del Dioscoride (dapprima Commentarii e poi Discorsi) di Pietro Antonio Mattioli (si veda per esempio l'edizione Valgrisi con le tavole di grande formato "tirate dalle naturali & vive"; Mattioli, 1581).
Nonostante le notevoli differenze di stile e di ambito culturale, uno luterano e l'altro cattolico (siamo all'epoca del Concilio di Trento), Fuchs e Mattioli realizzano entrambi opere che costituiscono una svolta fondamentale sia per la qualità artistica delle immagini, sia perché la trattazione non solo riprende la tradizione, ma deriva dalla visione diretta "autoptica" delle piante di cui si parla. La pianta viene cioè osservata nel corso di apposite "escursioni" e coltivata in orto in modo da poterla seguire in tutte le fasi stagionali.
Sia Fuchs che Mattioli erano in stretto rapporto ciascuno con una propria rete di colleghi e collaboratori. Nel caso di Mattioli è di fondamentale importanza la sua amicizia con Ulisse Aldrovandi (1522-1605), bolognese, naturalista curioso di tutte le "produzioni naturali" che raccolse materiali che poi andarono a costituire un museo tuttora presente in Palazzo Poggi a Bologna. Aldrovandi produsse poi un erbario figurato (Hortus pictus) in numerosi volumi dove sono raccolte diverse centinaia di acquarelli di grande qualità, destinati nelle intenzioni dell'autore a diventare la base per le incisioni su legno da usare nella stampa.
Restando al tema dell'illustrazione botanica, questi acquarelli sono testimonianza della grande perizia artistica cui erano giunti i disegnatori dell'epoca e anche della grande importanza che veniva riconosciuta alle illustrazioni quale corredo alla descrizione degli esseri viventi. Nello stesso periodo nascono anche gli erbari veri e propri, cioè le raccolte ordinate di campioni essiccati di piante: Luca Ghini ne è considerato l'ideatore. Tra i suoi allievi ricordiamo Andrea Cesalpino, Gherardo Cibo e lo stesso Aldrovandi, il cui erbario, uno degli esempi più antichi noti al mondo, è anch'esso conservato a Bologna.
L'esame dell'opera botanica di Aldrovandi rende evidente il salto di percezione del mondo vivente che informa soprattutto il suo Hortus Pictus. La diversità dei vegetali viene osservata e analizzata in tutte le sue componenti, non più e non solo come fornitrice di alimento o di guarigione. Le tavole che raffigurano vegetali di importanza farmaceutica o frutti, ortaggi e cereali sono numerose e assai accurate; tra queste, alcune rappresentano anche le diverse varietà coltivate in quel tempo. Accanto a questi soggetti che appartengono alla tradizione post-dioscoridea compaiono decine di altre piante: per esempio moltissime acquatiche o numerose ombrellifere o semplicemente piante che avevano attirato la curiositas del naturalista. Piante che rappresentavano il bottino delle sue escursioni, come già accennato, ma anche spedite da corrispondenti (molte da Candia, come allora era chiamata Creta) o in alcuni casi dal continente americano, da cui cominciano a pervenire nel Vecchio Mondo piante che stupiscono per la loro bellezza e che ben presto si riveleranno di grande importanza per l'alimentazione o per la farmacopea.
La confusione nomenclaturale che regna nelle opere di questo periodo verrà superata solo parecchi decenni dopo grazie all'opera di Linneo e grazie al principio della "priorità cronologica", ovvero a quella regola che stabilisce che il primo nome assegnato a un'entità è quello valido.
Dell'erbario, ossia della collezione ordinata di esemplari vegetali essiccati, Linneo dirà, nella sua Philosophia Botanica (1751): "Herbarium praestat omni Icone, necessarium omni Botanico" (l'erbario è in tutto migliore di ogni iconografia, ed è del tutto necessario al botanico), lasciando trasparire un giudizio non del tutto favorevole rispetto all'illustrazione, che comunque porta con sé un divario incolmabile con quanto viene rappresentato e, secondo Linneo, non è in grado di sostituire il campione essiccato. Ciò che oggi appare scontato, e del tutto superato dal dibattito scientifico e dalle sue conseguenze pratiche, costituiva invece al tempo un argomento per opinione diverse a volte diametralmente. Va comunque sottolineato che il campione essiccato e l'illustrazione svolgono ciascuno funzioni importanti e insostituibili.
L'illustrazione, ovvero la rappresentazione figurata, era considerata una forma minore della pianta essiccata che a sua volta, e necessariamente, non coincide con l'esemplare vivente e inserito nel suo ambiente. Più in generale, era comunque la descrizione letteraria che rappresentava la summa della perizia del botanico e quindi gran parte dell'attività dei botanici del tempo si esplicò nella creazione di un lessico sempre più preciso e di regole da seguire nella descrizione di un vegetale (su questo restano magistrali le pagine della stessa Philosophia Botanica).
Il patrimonio lessicale e metodologico fissato in quei decenni, lungi dall'essere superato, costituisce ancora oggi una base imprescindibile, un linguaggio comune, che deve essere compreso e padroneggiato da chi si occupa di piante.
Linneo sottolinea nella stessa sede che l'immagine è "artificio inusitato presso gli antichi"; tuttavia di fatto ne riconosce l'importanza se egli ne analizza la funzione conoscitiva in rapporto con il processo di stampa, in base alla tecnica, alla diffusione e alla qualità delle figure.
Ma grazie a questo enorme sforzo di razionalizzazione nasce una visione del tutto nuova dell'organismo vegetale, che è visto sia come unitario che come insieme di parti, ciascuna delle quali ha sue caratteristiche anatomiche, morfologiche e presenta rapporti dimensionali stabili e quantificabili con le parti adiacenti. Nella descrizione degli organismi vegetali dovranno essere seguite regole fisse: dare una descrizione generale, cui segue una descrizione partendo dal basso verso l'alto: radice, fusto, rami, foglie, fiori, frutti; in particolare andranno analizzati il tomento, le stipole, le brattee; Linneo si dilunga con metodo analitico e stile asciutto sulle caratteristiche della descrizione letteraria (che deve essere, tra l'altro, completa ma non troppo lunga).
Leggendo queste poche pagine, si resta colpiti dal fatto che le regole per una corretta descrizione, man mano che si svolgono, mirano evidentemente a creare un'immagine mentale della pianta; possono quindi servire anche come base per il lavoro di un disegnatore botanico, il quale seguendo le stesse regole potrà delineare un'immagine completa di tutti i particolari necessari (e sufficienti) a raffigurare efficacemente la pianta e fornire gli elementi utili a distinguerla da specie simili con le quali potrebbe essere confusa.
Nasce dalla codificazione una modalità nuova per la creazione di immagini botaniche; accanto alla figura intera della pianta, verranno collocati tutti quei particolari anatomici, siano essi il fiore o una sua parte, la foglia, la radice, la forma e la densità dei peli: insomma, tutto ciò che caratterizza quell'organismo e lo distingue da tutti gli altri. Quella raffigurazione deriva da uno o più soggetti concreti, ma mira alla rappresentazione generale di una certa entità sistematica (specie, sottospecie, varietà) a cui va associato univocamente uno specifico nome.
La fotografia e la botanica
L'immagine fotografica è stata usata fin dai suoi inizi per la rappresentazione di organismi vegetali. Uno dei primi esempi di "immagine fotogenica" realizzati da Henry Fox-Talbot è costituito proprio dal cosiddetto "Album Bertoloni", dove sono state riprodotte su carta fotosensibile piante che gli furono inviate dal grande botanico.
Non esiste una filosofia generale dell'uso della fotografia nelle scienze naturali, o della botanica in particolare, come potrebbe essere quella che prende forma dalla Philosophia botanica di Linneo. Ma di una tale filosofia non si ravvisa la necessità, poiché l'uso della fotografia rappresenta un'evoluzione di quanto già consolidato nei secoli precedenti sull'uso e sul ruolo delle illustrazioni come ausilio alla descrizione e al riconoscimento delle piante.
La fotografia non è peraltro un mezzo (o un insieme di mezzi) alternativo al disegno; la rappresentazione fotografica può essere integrata con quella pittorica o viceversa, utilizzando al meglio le diverse possibilità tecniche e scegliendo ciascuna per le proprie specifiche possibilità. Per esempio, la collocazione nell'ambiente dell'organismo vegetale può essere risolta in termini fotografici con l'uso di focali grandangolari in condizioni di luminosità elevata (o con tempi di posa lunghi) e con diaframmi chiusi per aumentare la profondità di campo. Si ottengono così immagini di potente contenuto informativo, con tutti i piani a fuoco e la specie che si vuole illustrare collocata nel suo habitat: prato, bosco, roccia, spiaggia e così via.
Se invece si desidera enfatizzare il soggetto lasciando sfocato lo sfondo, si lavorerà con focali lunghe, tenendosi lontano dal soggetto e con diaframma aperto, curando ovviamente con grande attenzione la messa a fuoco. Con queste modalità si ottengono effetti di grande gradevolezza estetica, anche grazie a quello che viene indicato nel gergo fotografico come bokeh (fondo sfocato) e che attualmente è molto apprezzato.
Del tutto diversa è invece la "macrofotografia", che permette di avvicinarsi al soggetto fin quasi a toccarlo, in modo da poter registrare particolari di dimensioni millimetriche o submillimetriche, grazie all'uso di ottiche specifiche, fino al rapporto 1:1 in fase di ripresa e oltre in fase di stampa o di uso in ambiente digitale.
Le ottiche possono essere adattate o potenziate con tubi di prolunga, soffietti, lenti addizionali, in modo da ottenere già in fase di ripresa rapporti dimensionali tra l'oggetto e la sua rappresentazione su pellicola o supporto digitale, riuscendo a "catturare" particolari di ordine decimillimetrico, pur senza avventurarsi nel campo dell'immagine da microscopio.
Grazie alla combinazione di immagini diverse è possibile ottenere un mosaico, in cui ciascuna delle immagini illustra un aspetto della pianta, con esiti comunicativi e didattici di grande efficacia.
I problemi con cui si confronta il fotografo sono essenzialmente gli stessi del disegnatore; si deve cioè interrogare su ciò che intende fare, come e perché. La maggiore praticità della fotografia rende possibili però alcune modalità che le sono proprie, come la facilità di effettuare scatti diversi e in tempi brevi se la ripresa non fosse soddisfacente. La conoscenza della pianta e delle sue caratteristiche peculiari è condizione che migliora sensibilmente la qualità del risultato; possono quindi essere scattate immagini relative all'habitus generale e di particolari utili per distinguerla rispetto a piante affini o comunque simili.
Inoltre, se corredata dei dati essenziali, la fotografia diventa anche documentazione obiettiva di un rinvenimento e può sostituire il campione d'erbario. Rispetto per esempio al campione essiccato, per esempio, l'immagine fotografica la capacità di mantenere i colori nel tempo e di rendere bene l'impressione della tridimensionalità, soprattutto laddove questi aspetti sono decisivi per il riconoscimento. Si pensi, tra tutte, alle Orchidaceae, ma anche a molte Fabaceae o Scrophulariaceae, o al genere Orobanche.
La pubblicistica che adotta un apparato fotografico come strumento per il riconoscimento è ormai molto ampia. L'immagine fotografica, e in particolare quella a colori, presenta indubbi vantaggi pratici rispetto a quella disegnata o dipinta. Tuttavia uno svantaggio notevole deriva dalla necessità di stampare i volumi su carta pesante, sia per la miglior resa tecnica, sia per evitare che il colore traspaia: i volumi diventano pesanti e quindi poco comodi per essere trasportati in escursioni a piedi.
Infine un campo del tutto innovativo e in rapidissimo sviluppo è quello dell'immagine digitale e del suo utilizzo nel web. Sono ormai numerosi i casi di forum dedicati allo studio della flora nei quali vengono proposte anche gallerie fotografiche relative a migliaia di specie, frutto del lavoro disinteressato degli aderenti. Tra queste, l'esempio forse più noto è quello di Acta Plantarum, dove a tutt'oggi sono illustrate oltre 5.600 specie della flora italiana, con un patrimonio liberamente consultabile di oltre 70.000 immagini. In forum come questi, le immagini fotografiche possono essere proposte come mezzo per l'identificazione di una pianta non nota, sottoponendo il caso agli altri iscritti; ovviamente, nel caso di piante "difficili", è necessario documentare particolari specifici o corredare l'immagine con unità di misura per poter apprezzare le dimensioni delle diverse parti.
Qualche cenno, infine, sull'utilizzo della fotografia per ritrarre campioni d'erbario. Come è noto, i campioni sono conservati in appositi locali e costituiscono documentazione di rinvenimento o in alcuni casi sono il "typus" di un'entità sistematica, ovvero la base della descrizione che fa fede per qualsiasi confronto e analisi critica. Un campione viene dapprima preparato ed essiccato; poi viene montato su un supporto cartaceo sul quale è apposta un'etichetta che contiene dati identificativi, località e data di raccolta, autore della raccolta e dell'identificazione ed eventuali note di qualsiasi contenuto.
La fotografia del foglio d'erbario può essere utile per conservare al meglio le caratteristiche del campione, che a volte riveste anche una grande importanza storico-culturale; la consultazione della fotografia limita la manipolazione fisica ai casi di effettiva necessità; possono essere costituiti archivi iconografici anche da pubblicare nel web; vengono facilitati gli scambi di informazioni tra istituzioni e studiosi. La ripresa fotografica deve quindi rispettare alcune regole che garantiscano la massima corrispondenza possibile tra foto e soggetto. Saranno dunque curati il parallelismo grazie all'uso di stativi, l'illuminazione e la taratura del bianco tali da garantire il rispetto dei colori; saranno appoggiati al foglio d'erbario anche un'unità di misura di lunghezza adeguata e una scala cromatica.
"Aster alpinus", Astro alpino (Asteraceae): specie boreale, a distribuzione artico-alpina, in Appennino è relittuale e molto localizzata, verso Sud fino ad Abruzzo e Lazio; in Emilia-Romagna, dove è protetta, è presente alle altitudini più elevate in ambiente rupestri e prati sassosi, tra Parmense (Monte Orsaro) e Bolognese (Corno alle Scale, da cui proviene questa immagine) - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Cota tinctoria (L.) J. Gay (= Anthemis tinctoria L.)", Camomilla dei tintori (Asteraceae): specie centroeuropea e pontica, di ambienti seminaturali ma anche del tutto antropizzati, è ampiamente presente in quasi tutte le regioni d'Italia; in particolare negli ultimi anni si è ben adattata negli ambienti ferroviari, dove forma popolazioni ricchissime - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Carthamus lanatus L.", Zafferanone selvatico, Cartamo lanato (Asteraceae): fortemente spinosa, annuale di ambienti soleggiati e aridi, a distribuzione mediterranea e presente in quasi tutte le regioni italiane; in Emilia-Romagna non è molto frequente, però localmente forma popolazioni cospicue in pianura, ma soprattutto nella fascia collinare - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Kickxia commutata (Bernh. ex Rchb.) Fritsch", Cencio perennante (Plantaginaceae): specie mediterranea, con piante annuali tipiche di ambienti antropizzati, soprattutto di coltivi in riposo postcolturale, è una erbacea reptante, con fiori molto piccoli; in Emilia-Romagna è piuttosto diffusa, anche se non sempre facile da rilevare - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Lamium amplexicaule", Falsa ortica reniforme, Erba ruota (Lamiaceae): annuale di ambienti antropizzati, a distribuzione generale molto ampia, fiorisce molto precocemente - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Silybum marianum (L.) Gaertn.", Cardo mariano (Asteraceae): specie di grande taglia, biennale, distribuita nelle zone aride e subdesertiche dell'area mediterranea e dell'Asia centrale, vive in ambienti antropizzati di tutta l'Italia e in Emilia-Romagna la sua presenza appare in forte incremento soprattutto in pianura - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Solanum villosum Mill.", Pomodorino selvatico giallo, Morella rossa (Solanaceae): annuale a distribuzione mediterranea, questa specie vive in ambienti antropizzati ed è diffusa, ma non come la congenere "S. nigrum"; produce graziosi frutti rossi translucidi che assomigliano a piccoli pomodori - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Taraxacum officinale (group)", Tarassaco, Piscialetto, Soffione (Asteraceae): molto nota ed estremamente diffusa, questa pianta fa parte di un gruppo sistematico molto complesso; in Emilia-Romagna è ampiamente presente, dalla pianura fino alla fascia collinare e montana - fotografia di Alessandro Alessandrini tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Centaurium erythraea Rafn.", Centaurea minore, Cacciafebbre (Gentianaceae): piccola pianta annuale, a distribuzione eurasiatica, non particolarmente rara, vive in prati luminosi, anche aperti e sassosi, presente in Emilia-Romagna dalla costa alla collina; l'immagine (macro, stacking di 10 foto), ripresa a Castelpriore di Verghereto (Forlì-Cesena) mette in evidenza diversi stadi di maturazione degli stami e degli ovari - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Dianthus monspessulanus L.", Garofano di bosco (Caryophyllaceae): perenne cespitosa erbacea delle montagne sudeuropee, in Italia è presente in quasi tutte le regioni, escluse le estreme meridionali; vive in ambienti rupestri soleggiati di alta collina e montagna, ed è piuttosto rara, tanto che in Emilia-Romagna è protetta, come tutte le altre specie di Garofano; l'immagine è il prodotto di uno stacking di 30 foto - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Limodorum abortivum (L.) Sw.", Fior di legna, Fior di stecco (Orchidaceae): specie mediterranea, di ambienti aperti, prati aridi e scarpate in erosione, non è particolarmente comune; vive soprattutto nella fascia collinare, ma anche in ambienti forestali lungo la costa; l'immagine (stacking di 40 foto) mette in evidenza la struttura del fiore e le delicate sfumature di passaggio dal viola al bianco - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Malva sylvestris L.", Malva selvatica (Malvaceae): la Malva selvatica è ben nota e vive in prati; a distribuzione generale molto ampia, vive lungo le strade e soprattutto in contesti urbani e antropizzati; nella fioritura si susseguono due fasi principali: alla maturazione degli stami segue il loro appassimento e la piena maturazione di ovario e stimmi, quando il fiore è pronto per ricevere il polline; lo stimma è coperto da un delicato tomento ed è mantenuto umido per facilitare l'adesione del granello di polline: l'immagine mette in evidenza l'impollinazione, cioè l'incontro tra il polline e lo stimma, uno dei momenti-chiave della vita delle piante (immagini riprese a Cesena; stacking di 45 foto) - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Ophrys apifera L.", Ofride fior d'api (Orchidaceae): mediterranea, presente in tutta l'Italia, in Emilia-Romagna vive tipicamente in prati soleggiati collinari, ma di rado si trova anche in praterie arginali e parchi urbani; il fiore normalmente è colorato; l'immagine ritrae una varietà poco frequente, con la parte centrale del fiore (il "labello") decolorata e con diverse tonalità di verde: l'illuminazione obliqua mette in evidenza la delicata pelosità delle "gibbe" laterali e della parte apicale del labello; i pollinii sono ripiegati e stanno per entrare in contatto con lo stimma: in "Ophrys apifera", infatti, spesso si osserva l'autoimpollinazione (immagine da stacking di 36 foto, Castelpriore di Verghereto - Forlì-Cesena) - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Ophrys fusca", Ofride scura (Orchidaceae): piccola orchidea a distribuzione mediterranea, presente in quasi tutte le regioni italiane, vive in prati aperti soleggiati collinari; non frequente, e di non facile avvistamento, in Emilia-Romagna è presente soprattutto nella parte orientale; l'immagine mette in evidenza i particolari dei fiori, grazie all'angolo di incidenza della luce (stacking di 34 foto, Balze di Verghereto - Forlì-Cesena) - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Silene conica L.", Silene conica (Caryophyllaceae): Silene conica, con fiori rosa, vive esclusivamente in pratelli aridi, sulle dune e altri ambienti sabbiosi costieri; l'immagine, proveniente dal Bardello (costa ravennate) mette in evidenza la superficie dei piccoli semi (meno di 1 mm) che mostrano ornamentazioni sorprendenti (macro 4x, stacking di 50 foto) - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Spiranthes spiralis", Viticcini autunnali, (Orchidaceae): piccola orchidea europeo-caucasica, vive in prati soleggiati aridi o temporaneamente umidi, su suoli calcarei, arenacei o argillosi; molto rara lungo la costa, più frequente in collina, ma poco segnalata anche perché a fioritura tardiva; i fiori, bianchi e piuttosto piccoli, sono disposti a spirale (immagine dal Lido di Classe, nel Ravennate; stacking di 60 foto) - fotografia di Luciano Bersani tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Agrostemma githago L.", Gittaione (Caryophyllaceae): antica commensale delle colture, oggi la sua presenza è sporadica e discontinua, come per tutte le antiche abitatrici di questi ambienti; in Emilia-Romagna è del tutto scomparsa in pianura e di rado si rinviene in ambienti ruderali e in campi di cereali della collina e bassa montagna - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Alyssoides utriculata (L.) Medik.", Vesicaria maggiore (Brassicaceae): specie mediterranea di ambienti collinari rocciosi, in Emilia-Romagna è piuttosto rara e a distribuzione frammentata; vive su diversi tipi di substrati, dalle calcareniti alle ofioliti: l'immagine mostra sia l'infiorescenza che i frutti, a forma di piccole sfere, da cui viene il nome italiano - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Cardamine pratensis L.", Billeri dei prati (Brassicaceae): specie a distribuzione europea, di ambienti freddi e tipicamente localizzata in prati umidi montani, mentre è ormai quasi completamente scomparsa dalle pianure; fa parte di un gruppo di specie assai simili e di analogo ambiente ripario; la vera "Cardamine pratensis" si distingue anche per i petali rosei; in Emilia-Romagna è rarissima, nota per 2 o 3 località, tra cui il Piancavallaro, sotto il Cimone, nel Modenese - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Gagea spathacea (Hayne) Salisb.", Cipollaccio involucrato (Liliaceae): bulbosa nord-mediterranea, di boschi e radure collinari, in Italia la sua presenza è stata accertata in tempi recenti: la prima conferma, dopo quasi un secolo in cui mancavano, è avvenuta nel Modenese ed è frutto delle ricerche di studiosi locali (è stata successivamente rinvenuta anche nel Veneto e in Friuli-Venezia Giulia); in Emilia-Romagna è molto localizzata, presente in pochissime stazioni e, come accennato, la sua presenza è di importanza nazionale - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Galanthus nivalis L.", Bucaneve (Amaryllidaceae): distribuita nell'Europa meridionale e nel Caucaso, la sua fioritura precoce è annuncio della fine dell'inverno; presente in quasi tutti l'Italia, preferisce boschi freschi su suoli profondi e stagionalmente umidi: in Emilia-Romagna, dove è specie protetta, vive in tutte le province, in diverse località collinari e montane e anche a Ferrara (sfuggita da coltivazione?) - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Hedysarum confertum Desf.", Sulla minore (Fabaceae): specie a distribuzione ovest-mediterranea, fu rinvenuta in Italia negli anni Trenta del XX secolo, nella Valle del Panaro (Modenese); dopo diversi decenni è stata confermata e la sua presenza, che in Italia è limitata alla sola Emilia-Romagna, è stata accuratamente precisata (una nuova località è stata nel frattempo rinvenuta anche nel Parmense); vive in prati aridi, spesso su argille del caotico eterogeneo, ricche di inclusi calcarei e marnosi - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Scutellaria hastifolia L.", Scutellaria lanciforme (Lamiaceae): specie europea, soprattutto dell'area Carpatico-Danubiana, in Italia è presente in diverse regioni ma, trattandosi di pianta di prati umidi e rive di canali, è sempre piuttosto rara; la recente diffusione dell'uso di diserbanti ne ha sensibilmente ridotto la presenza; in Emilia-Romagna è nota per diverse località in tutta la pianura e lungo la costa - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Viola elatior Fr.", Viola maggiore (Violaceae): a distribuzione eurasiatica, questa Viola vive in prati umidi e in Italia è attualmente accertata per poche località, così come in Emilia-Romagna, dove è nota lungo la costa e in alcuni luoghi della pianura: le immagini provengono da una località bolognese presso Crevalcore, al confine con il Modenese, in cui fu rinvenuta alcuni anni fa - fotografia di Patrizia Ferrari tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Allium suaveolens Jacq.", Aglio odoroso (Amaryllidaceae, ex Liliaceae o Alliaceae): bulbosa, distribuzione generalmente nell'Europa danubiano-carpatica, in Italia è nota solo per poche regioni del Nord-Est e in Liguria: in Emilia-Romagna questo Aglio di prati umidi è accertato solo per alcune località lungo la zona costiera ravennate, da cui proviene questa immagine, scattata al Bardello - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Calystegia soldanella (L.) Roem. & Schult.", Vilucchio marittimo (Convolvulaceae): a distribuzione molto ampia, in Italia e in Emilia-Romagna vive lungo le coste, su dune sabbiose, dove costituisce una delle presenze più tipiche; l'immagine proviene da Foce Bevano (Ravenna) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Cephalanthera rubra (L.) Rich.", Cefalantera rossa (Orchidaceae): eurasiatica a distribuzione ampia, è nota in tutta l'Italia, dove vive in ambienti forestali e nei loro margini nella fascia collinare e montana, di rado anche lungo la costa (l'immagine infatti è stata scattata nella Pineta di Cervia, nel Ravennate) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Chrozophora tinctoria (L.) A. Juss.", Tornasole comune (Euphorbiaceae): specie mediterranea e delle aree subdesertiche dell'Asia continentale, di ambienti aperti e ruderale, un tempo usata per la produzione di coloranti, in Italia è segnalata in tutte le regioni della penisola ed è frequente al Sud; in Emilia-Romagna è stata confermata di recente in poche località del Ravennate, da cui proviene questa immagine (derivante da uno stacking di 40, la foto mette in evidenza i peli stellati che coprono la pianta) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Gladiolus communis L.", Gladiolo maggiore, Gladiolo comune (Iridaceae): specie mediterranea, soprattutto collinare e montana, di prati, distribuita in quasi tutta l'Italia, ma soprattutto nella penisola; se in Emilia-Romagna le segnalazioni recenti ne accertano la presenza soprattutto in Romagna, nelle colline, lungo la costa è nota per diverse località, come al Bardello (Ravenna), da cui proviene questa immagine - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Linum viscosum", Lino malvino (Linaceae): specie europea, soprattutto delle aree montane, in Italia è piuttosto diffusa, con l'esclusione dell'estremo Sud e delle isole; in Emilia-Romagna è nota in tutte le province, in prati e scarpate anche aride e sassose: l'immagine proviene da Castelpriore presso Balze di Verghereto (Forlì-Cesena) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Orchis simia", Orchidea scimmia, Orchide omiciattolo (Orchidaceae): specie a distribuzione mediterranea, in Italia è nota in quasi tutte le regioni; vive in prati e radure della fascia collinare e lungo la costa, dove è molto rara; l'immagine illustra l'infiorescenza di un individuo: è evidente l'origine del nome latino, essendo il labello molto simile a una scimmietta (immagine scattata nella Pineta di Cervia, nel Ravennate) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Trachomitum venetum (L.) Woodson", Apocino veneto (Apocynaceae): pianta a distribuzione sud-siberiana, in Italia la sua presenza è limitata alle coste delle regioni nordorientali, anche se di recente è stata individuata anche in Puglia; in Emilia-Romagna è molto localizzata, nota solo nel Ferrarese e nel Ravennate: l'immagine è stata scattata nella Pineta di Cervia (Ravenna) - fotografia di Nicola Merloni tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Crocus ligusticus Mariotti", Zafferano ligure: è un endemismo scoperto dapprima in Liguria e Piemonte e, da pochi anni, anche in Emilia, nel Parmense (alta Valle del Taro); vive in prati e radure montane e, a differenza di quanto avviene per gli altri Crochi presenti in regione, fiorisce in autunno - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Digitalis purpurea L.", Digitale rossa: questa Digitale è ben nota come pianta estremamente tossica ma di grande interesse medicinale, producendo alcaloidi cardiotonici; la sua diffusione originaria era limitata alla Sardegna, ma è stata diffusa volontariamente anche altrove: in Emilia-Romagna la sua presenza è nota solo per le foreste demaniali dell'alta Valle del Parma - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Echinops ritro L.", Cardo-pallottola coccodrillo: pianta molto spinosa, vive in scarpate sassose e rocciose di natura calcarea; mentre è molto diffusa, per esempio, nei massicci calcarei dell'Appennino centrale, in Emilia-Romagna è presente, piuttosto rara e localizzata, solo nella parte occidentale, dal Piacentino al Reggiano - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Gentiana pneumonanthe L.", Genziana mettimborsa: vive in prati umidi e il suo areale si sviluppa soprattutto nelle zone fredde dell'Eurasia: per queste ragioni essa è molto rara in vive in Emilia-Romagna, dove la sua presenza attuale è nota per poche località del Piacentino e Parmense - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Geranium macrorrhizum L.", Geranio crestato: specie a distribuzione principalmente illirico-balcanica, in Italia è presente soprattutto nelle Alpi Centro-Orientali e nell'Appennino centrale; in Emilia-Romagna vive in praterie assolate altomontane ed è molto localizzata, nota solo in due località, nel Parmense e nel Reggiano - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Leucojum vernum", Campanellino di primavera: specie a distribuzione sudeuropea, localizzata in boschi umidi, spesso lungo i ruscelli, ma anche in praterie montane, come molte altre bulbose forma popolazioni anche molto ricche; presente in tutti i territori provinciali a sud della via Emilia, è più frequente dal Bolognese verso Ovest - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Tulipa australis Link", Tulipano montano (Liliaceae): una delle due specie di Tulipano autoctono del territorio regionale, la pianta è distribuita nelle montagne ovest-mediterranee, dove vive in prati più o meno aridi e sassosi; in Emilia-Romagna si trova in poche località montane dal Piacentino al Bolognese, su calcari, serpentini e arenarie - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
"Verbascum phoeniceum L.", Verbasco porporino (Scrophulariaceae): unica specie a fiori viola di un genere tipicamente a fiori gialli o biancastri, la sua distribuzione interessa l'area steppica e substeppica dell'Eurasia: in Italia è in generale rara, ma presente in quasi tutte le regioni; in Emilia-Romagna è storicamente nota al Prinzera, nel Parmense, ma più di recente è stata rinvenuta anche nel Piacentino, sempre in prati aridi anche sassosi, su serpentini - fotografia di Sergio Picollo tratta dal volume "Erbario. Flora spontanea dell'Emilia-Romagna" (a cura di A. Alessandrini, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2015)
Azioni sul documento