Rivista "IBC" XIX, 2011, 2

musei e beni culturali / immagini, itinerari, progetti e realizzazioni

A trent'anni dalla campagna sul patrimonio artistico esistente nei cimiteri monumentali dell'Emilia-Romagna, le immagini di Augusto Viggiano mantengono la loro capacità di parlare.
L''altra città'

Orlando Piraccini
[IBC]

Le immagini del fotografo Augusto Viggiano che illustrano il numero 2-2011 di "IBC" sono tratte da un album di quasi trent'anni fa. L'album s'intitola L'altra città, ed è chiaro il rimando alla campagna conoscitiva che verso l'inizio degli anni Ottanta del Novecento fu promossa dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna per addentrarsi nel patrimonio di arte e storia dei principali complessi cimiteriali del nostro territorio, un patrimonio fino ad allora pressoché del tutto inesplorato.

A quella campagna ebbi modo di partecipare come accompagnatore di Viggiano in Romagna, mentre Franco Bonilauri fece da guida al fotografo nelle città emiliane. Posso testimoniare, oggi, che quella delle "belle tombe" non fu una normale operazione di rilevamento di beni culturali, tra le tante che s'andavano conducendo in quel tempo. L'approccio fu diverso: la fotografia venne adoperata non semplicemente come strumento investigativo e non solamente per documentare. Perché per quei manufatti così speciali, ben oltre i valori dell'arte, non ci si poteva limitare alla consueta pratica censitiva. Ci volevano fotografie speciali per restituire il senso meno apparente di monumenti e statue immersi nelle città dell'eterno silenzio.

Augusto Viggiano era giunto allora a Bologna dalla sua Basilicata, attratto dall'attivismo della Soprintendenza statale di Cesare Gnudi e di Andrea Emiliani e del neonato Istituto emiliano-romagnolo per i beni culturali (IBC). Da sempre legato alla terra di origine, al suo paesaggio, alla sua arte, ai suoi fenomeni demoantropologici, e dopo esperienze importanti come fotografo (memorabile la sua lettura per immagini dei sassi di Matera) ma anche come animatore culturale (specialmente nel nome di Carlo Levi), Viggiano a Bologna si interessa subito del volto della città, e ne esplora taluni dettagli significativi. Così, la sua attenzione fotografica si concentra sulla scultura e sull'arredo urbano rinascimentale, e il suo occhio indagatore si fissa su talune opere pittoriche della Pinacoteca nazionale, quadri di maestri bolognesi ma anche di minori, alla ricerca di dettagli curiosi o di significative minuzie esecutive.

Risalgono allo stesso periodo anche alcuni approfondimenti nel campo della conservazione e del restauro. Ma proprio la ricerca per immagini condotta sulla scultura cimiteriale può dirsi l'impresa distintiva nel contatto del fotografo con la realtà emiliana. Da alcuni mesi i materiali che si legano a questa indagine, ma anche tutta la parte dell'archivio riguardante il lavoro fotografico svolto allora a Bologna e nella nostra regione, si trovano presso l'IBC, per volontà dello stesso Viggiano. Si tratta di un corpus notevole di negativi e stampe, oltre a ingrandimenti, poster e vario materiale divulgativo a suo tempo curato e realizzato dal fotografo.

All'Altra città appartengono centinaia di immagini delle sculture della Certosa di Bologna e di altri cimiteri monumentali dell'Emilia e della Romagna, da Piacenza a Modena, da Forlì a Rimini, da Ravenna a Ferrara. Sculture allora ignorate dai più, e che solo col tempo sarebbero divenute note al grande pubblico come opere d'arte autentiche e talora di gran pregio: si pensi, per esempio, alle recentissime iniziative divulgative che hanno riguardato i monumenti funebri della certosa petroniana. Ma, d'altra parte, prima che un percorso sul territorio emiliano e romagnolo venisse tracciato dalle fotografie di Viggiano, chi poteva aspettarsi una presenza così varia e multiforme di "belle tombe" otto-novecentesche, con le loro varianti di gusto e di stile, tra echi neoclassici e punte estreme di verismo, influssi di liberty e di simbolismo, di déco e di floreale?

Si ricorda l'alto gradimento ottenuto dalle mostre fotografiche di Viggiano allestite allora in taluni ambiti cittadini (per primi Forlì e Cesena), con grande curiosità e tanta sorpresa da parte del pubblico; e non è certo esagerato affermare che da quella ormai lontana linea di ricerca si sono accesi nuovo interesse e nuove attenzioni per il patrimonio artistico cimiteriale. Bologna, ma anche Ferrara e altre città, hanno di recente investito in questa direzione, con azioni censitive e catalografiche, programmi di ricerca e progetti divulgativi, perfino rinforzati da collegamenti e relazioni con altre realtà europee, e senza peraltro tralasciare le questioni, sicuramente non secondarie, legate alla tutela, al restauro e alla manutenzione delle sculture funerarie. Alle "altre città" non sono poi mancati, in questi ultimi anni, gli accostamenti da parte di noti fotografi, con i loro non comuni talenti inventivi e le più diverse opzioni rappresentative.

Ad Augusto Viggiano molti meriti vanno riconosciuti, oltre a quello dello "scavo" e della scoperta di un patrimonio largamente inesplorato. Ma fuori dai criteri di giudizio che sono propri della materia fotografica, ciò che sorprende di immagini come quelle esemplari che scandiscono le pagine di questa rivista è l'immutata capacità espressiva, a distanza di oltre cinque lustri dallo scatto. Queste foto, dunque, sarebbe riduttivo guardarle, e magari usarle, come ottime riproduzioni di opere d'arte; ben altro si può trovare nelle immagini di Viggiano, dove ogni scultura, vista nell'interezza o nel dettaglio, come per miracolo "prende vita" per le sue qualità più nascoste, per i suoi valori plastici, e anche per i sedimenti di memorie e di affetti.

Verità e poesia sono i poli energetici della fotografia di Augusto Viggiano, che ha tanto contribuito a dar luce a un capitolo importante dell'arte italiana. Oggi, proprio nelle città delle tenebre, la grande scultura italiana dell'Ottocento e del Novecento ha il suo più autentico e fascinoso museo.

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