Rivista "IBC" XV, 2007, 4

musei e beni culturali / didattica, progetti e realizzazioni

Un progetto del Comune di Bologna accompagna gli studenti nella scoperta della Certosa monumentale.
Dormono a' piè qui del colle

Patrizia Cuzzani
[Ufficio nuove istituzioni museali del Comune di Bologna]

La Certosa è il Cimitero monumentale di Bologna. Nasce nel 1801 a seguito dell'editto napoleonico di Saint Cloud, che sancisce l'obbligo di sepoltura dei defunti oltre le cinte murarie delle città, e si sviluppa dove, dalla metà del XIV secolo, sorgeva un monastero dei Certosini. Una fortunata serie di componenti sociali ed economiche incentivarono l'avvio di un periodo di grande attività artistica che, con l'edificazione dei sepolcri delle famiglie nobili e abbienti di Bologna, portò i migliori scultori e architetti bolognesi a lasciare testimonianze uniche della propria maestria fra le mura cartusiane. Oggi la Certosa è la "galleria" più esaustiva della scultura bolognese che va dal periodo neoclassico al Novecento, un museo che ha l'unicità di conservare e mostrare un patrimonio nel contesto che lo ha prodotto: l'opera è dove è sempre stata. Chi entra alla Certosa non prova il senso di straniamento che abitualmente provoca l'ingresso in una sala museale: gli è immediatamente comprensibile il binomio memoria e arte, da subito si creano rimandi alla propria sfera personale.

Da diversi anni il Comune di Bologna promuove un progetto complessivo di valorizzazione del proprio cimitero monumentale con l'obiettivo primario di rendere consapevoli i cittadini del patrimonio che esso rappresenta, dell'importanza che ha avuto in passato e del legame che l'ha intimamente legato alle vicende storiche, artistiche e sociali della città (www.certosadibologna.it). Oltre agli interventi di tutela e di conservazione, si è avviato un processo educativo composito e interdisciplinare, con visite guidate, mostre e conferenze. A queste azioni ha fatto sempre riscontro l'adesione dei cittadini, quindi è nata la decisione di elaborare proposte per la scuola. Il principio ispiratore che ha guidato il progetto educativo è stato questo: creare una occasione per coniugare organicamente il lavoro curricolare scolastico, l'esperienza museale e la conoscenza derivante, i bisogni degli allievi.

A questi propositi, già difficili da realizzare in un ambito protetto come quello di un museo, si aggiungono qui due inferenze particolari. La Certosa è soprattutto un cimitero, capace di stimolare in maniera profonda le strutture cognitive che interagiscono con gli aspetti della persona (le emozioni, l'immaginazione) e poi presenta caratteristiche fisiche atipiche: è un luogo aperto, pieno di verde, con percorsi non definiti, non allestiti, se non con criteri piuttosto lontani da quelli della mediazione culturale museale. Gli obiettivi educativi puntano a far conoscere e approfondire i tesori e le unicità artistiche (sculture, affreschi, bronzi, dipinti) e a collegarli al quadro storico e sociale bolognese, ma anche a insegnare a elaborare il lutto e il congedo, condividendo con i propri pari e con gli insegnanti una esperienza che è soprattutto personale.

L'educazione che gli adulti e le istituzioni trasmettono cerca di formare l'immagine di una società positiva, i giovani a loro volta devono apparire persone splendenti e vincenti. Si tende a nascondere l'esistenza del dolore, la decadenza fisica è rinviata con interventi estetici e cosmetici, fino a creare nuove illusioni di eternità. I ragazzi, al contrario, sono sempre alla ricerca del brivido. I giochi virtuali che hanno successo, soprattutto nella fascia adolescenziale, consegnano al giocatore il potere di eliminare (uccidere) ogni ostacolo/nemico. I media riportano stragi e delitti quotidiani, ma non ne rendono la realtà, al punto che, a volte, il confine tra virtuale e reale è labile, non si capisce se quella a cui si assiste è l'eliminazione di qualche centinaio di pixel su uno schermo a cristalli liquidi o la devastazione di un corpo fatto di ossa, muscoli, nervi.

Nessuno, d'altro canto, può sperimentare la propria morte: si può solo partecipare a quella degli altri. L'esperienza di una visita mediata dalla scuola in un luogo come la Certosa, che è la testimonianza del passato, la certezza del presente ma è anche il futuro, aiuta a far capire che è necessario dotarsi di un progetto esistenziale fatto di ricerca, di scoperte, di principi etici e di compartecipazione al sociale, porta a capire che ognuno è diverso dall'altro e che proprio questa differenza aiuta a consegnare un senso a ognuno.

La sperimentazione del progetto educativo per le scuole è iniziata in concomitanza con le celebrazioni per il centenario della morte di Giosue Carducci (www.casacarducci.it/comitatonazionale/): la Certosa conserva le spoglie del poeta, della sua famiglia, degli amici e di molti componenti della cerchia culturale e politica nata attorno al suo soggiorno bolognese. Vi erano dunque le condizioni migliori per costruire, sotto forma di racconto di vita (storytelling), le vicende letterarie, artistiche, politiche e familiari del poeta, e per approfondire, nel contempo, la storia della nascita e dello sviluppo del patrimonio cartusiano. Consapevoli che il richiamo carducciano avrebbe costituito una notevole cassa di risonanza nei confronti delle insegnanti, vista anche la possibilità di inserimento nei curricula scolastici delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, abbiamo preparato diversi percorsi, ognuno con una specificità:

  • un percorso letterario, con un accento particolare sull'opera del poeta e sulla sua carriera universitaria;
  • un percorso artistico, in cui ci si soffermava su alcune delle eccellenze artistiche dell'Ottocento bolognese (scultoree e architettoniche) coeve al Carducci;
  • un percorso storico, che poneva maggiore attenzione alle vicende risorgimentali e postunitarie bolognesi.

I luoghi in cui ci soffermava erano 5, quelli scelti per le scuole elementari un po' meno, con la preferenza per quelli più ampi e spaziosi. I bambini della fascia 8-10 anni sono stati facilitati nella fase di osservazione: tutti i 36 sepolcri erano stati dotati di un segnacolo con l'immagine di Carducci e durante gli spostamenti i bambini erano invitati a cercare questo simbolo di riconoscimento. È stata editata anche una piccola guida che contiene una piantina con contrassegnati i sepolcri, le rispettive foto e una breve biografia dei personaggi; completava il tutto la poesia che Carducci ha dedicato alla Certosa bolognese (e da cui è tratto il titolo del progetto e di questo articolo).

Il progetto era costituito da diversi moduli, complementari ma non obbligatori, cosicché gli insegnanti potessero comporli secondo le proprie esigenze:

  • un corso di aggiornamento su tematiche tanatologiche riservato a docenti e allievi;
  • la visione in classe di diapositive sulla storia e le opere della Certosa, con il commento di uno storico dell'arte;
  • lo svolgimento della visita alla Certosa;
  • una o più lezioni magistrali di un docente universitario su arte, letteratura o storia;
  • un incontro di approfondimento per elaborare l'incontro dei ragazzi con il tema della morte.

Le classi, provenienti da scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, sono state 21 e i ragazzi circa 600: un successo superiore alle previsioni. La valutazione finale non è stata fatta con l'ausilio di questionari o prove strutturate, ma chiedendo ai ragazzi, al termine della visita, di scrivere un pensiero (anonimo) che esprimesse il sentimento o la sensazione provata, lasciando loro anche la libertà di non scrivere nulla. La percentuale di non risposta è stata bassissima (0,3%) e i pensieri espressi si sono orientati soprattutto sulle sensazioni di stupore e di pace, sulla bellezza delle opere. Bassa è stata la sensazione di noia, nessuno ha avuto paura e molti si ripromettevano una seconda visita.

Durante i percorsi, tra le prime richieste dei ragazzi c'era quella di poter fare fotografie (soprattutto con i loro telefoni cellulari). Le guide hanno potuto sperimentare anche diversi approcci verbali, modulando toni e lessico: i maggiori riscontri di attenzione e di partecipazione si sono registrati nei casi in cui il tono era confidenziale e il lessico ricco di termini specifici ma comprensibili. Le domande dei ragazzi sono state tante, tutte pertinenti, spontanee e quindi indicative di un alto grado di interesse. Le interruzioni erano state ampiamente previste nel definire il ritmo del discorso complessivo, molte addirittura provocate, come, per esempio, di fronte alla constatazione di numerose tombe di bambini e alla rappresentazione scultorea di infanti, un fenomeno nato nell'Ottocento in corrispondenza delle scoperte mediche e anche di un nuovo modello familiare.

I più piccoli, infine, hanno avuto a disposizione uno spazio per poter fare merenda, scelto tra i più neutri e appartati, peraltro poi divenuto sede di alcune lezioni magistrali tenute dal professore Gian Mario Anselmi. Verifiche effettuate in classe, tramite lavori di gruppo o piccoli saggi, hanno dimostrato che la conoscenza iconografica, simbolica, storica e lessicale si è arricchita, lasciando trasparire negli studenti un atteggiamento attivo e consapevole nei confronti di una situazione di apprendimento cognitivo che li ha stimolati nel profondo. Diversi sono stati i ragazzi che hanno raccontato il loro progetto su come vorrebbero morire e come vorrebbero essere ricordati, dando segno di aver compreso la dinamicità della vita e la possibile continuità del tutto.

Le voci dei ragazzi

  • Ho capito il sentimento umano di forte attaccamento verso i propri cari, quando la morte non viene vissuta come un dolore o un distacco, bensì come una nuova vita, da rendere più accogliente con una degna sepoltura.
  • L'uomo è quello che lascia dietro di sé dopo la morte. Quello che lascia di vivo. Per Carducci sono le sue poesie, i suoi studenti.
  • La solennità del posto dà sicuramente un senso di inquietudine, sollecitato dal silenzio del luogo. Lo stesso silenzio immerso in questo verde dà però anche un senso di armonia piacevole.
  • Mi sono sentita più viva che mai, non mi sono sentita oppressa dalla quantità dei cadaveri, ma piuttosto liberata nell'infinità di vita che erano e che ancora emanano.
  • Ho provato un senso di profonda solitudine, ma allo stesso tempo di grande libertà nell'anima.
  • Bello poter camminare in un luogo dove chi è vissuto prima di me sembra custodirmi, osservarmi, consolarmi e rendermi partecipe della sua pace.
  • È un posto tranquillo, ci verrei a disegnare. Mi piacerebbe fare il restauratore: chissà, forse un giorno lavorerò qui!
  • Oggi è stata una giornata interessante, un modo di fare storia diverso dal solito.
  • È stata una strana esperienza, non è da tutti i giorni venire in un cimitero e vederne gli aspetti artistici.
  • È strano pensare che ci sono persone che spendono la vita per preparare la loro morte.
  • Profondo, spirituale: ho imparato molto. La Certosa è il luogo giusto per riflettere e apprezzare la vita.

Fuori alla Certosa di Bologna


Oh caro a quelli che escon da le bianche e tacite case
de i morti il sole! Giunge come il bacio d'un dio:

bacio di luce che inonda la terra, mentre alto ed immenso
cantano le cicale l'inno di messidoro.

Il piano somiglia un mare superbo di fremiti e d'onde:
ville, città, castelli emergono com'isole.

Slanciansi lunghe tra 'l verde polveroso e i pioppi le strade:
varcano i ponti snelli con fughe d'archi il fiume.

E tutto è fiamma ed azzurro. Da l'alpe là giù di Verona
guardano solitarie due nuvolette bianche.

Delia, a voi zefiro spira da'l colle pio de la Guardia
che incoronato scende da l'Apennino al piano,

v'agita il candido velo, e i ricci commuove scorrenti
giù con le nere anella per la superba fronte.

Mentre domate i ribelli, gentil, con la mano, chinando
gli occhi onde tante gioie promette in vano Amore,

udite (a voi de le Muse lo spirito in cuore favella),
udite giù sotterra ciò che dicono i morti.

Dormono a' piè qui del colle gli avi umbri che ruppero primi
a suon di scuri i sacri tuoi silenzi, Apennino:

dormon gli etruschi discesi co 'l lituo con l'asta con fermi
gli occhi ne l'alto a' verdi misterïosi clivi,

e i grandi celti rossastri correnti a lavarsi la strage
ne le fredde acque alpestri ch'ei salutavan Reno,

e l'alta stirpe di Roma, e il lungo-chiomato lombardo
ch'ultimo accampò sovra le rimboschite cime.

Dormon con gli ultimi nostri. Fiammeggia il meriggio su 'l colle:
udite, o Delia, udite ciò che dicono i morti.

Dicono i morti - Beati, o voi passeggeri del colle
circonfusi da' caldi raggi de l'aureo sole.

Fresche a voi mormoran l'acque pe 'l florido clivo scendenti,
cantan gli uccelli al verde, cantan le foglie al vento.

A voi sorridono i fiori sempre nuovi sopra la terra:
a voi ridon le stelle, fiori eterni del cielo. -

Dicono i morti - Cogliete i fiori che passano anch'essi,
adorate le stelle che non passano mai.

Putridi squagliansi i serti d'intorno i nostri umidi teschi:
ponete rose a torno le chiome bionde e nere.

Freddo è qua giù: siamo soli. Oh amatevi al sole! Risplenda
su la vita che passa l'eternità d'amore. -

[G. Carducci, Odi barbare, a cura di L. Banfi, Milano, Mursia, 1986, pp. 92-93]

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