Rivista "IBC" X, 2002, 4

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Carlo Santachiara. Sculture a memoria, a cura di A. Baccilieri, Bologna, Editrice Compositori, 2002.
Andarsene con ironia

Anna Maria Aldrovandi Baldi
[giornalista]

Carlo Santachiara se ne è andato due anni fa ma la recente mostra dedicatagli dal Comune di Bologna (Palazzo comunale, 4 ottobre - 2 novembre 2002) lo ha riportato vivo e vicino nella sua eclettica personalità. Padano - nato e cresciuto a Reggiolo (Reggio Emilia), dove negli ultimi anni si era di nuovo ritirato - Santachiara si connotava con le caratteristiche tipiche della sua terra: cordiale, affettuoso, malinconico, ironico senza sarcasmo, sempre sé stesso con tutti, indifferente alle lusinghe e mai assoldato al potere. A tracciare a tutto tondo un profilo di Santachiara è il bel catalogo dell'Editrice Compositori, dove critici, colleghi, amici, estimatori lo riconoscono, ciascuno a modo proprio, ma tutti concordi nel definirlo un artista poliedrico, colto, contradditorio, stimolante, onesto.

Il catalogo, curato da Adriano Baccilieri, riporta le immagini delle oltre quaranta opere scultoree in mostra, opere da lui realizzate per il cimitero monumentale della Certosa di Bologna, di cui è tanto valido ma poco noto il repertorio artistico novecentesco. Pur legata alla mestizia del luogo, l'arte di Santachiara travalica il dolore per lasciar spazio a testimonianze di grande qualità formale, che ben poco hanno di devozionale. Una esperienza, la sua, vissuta controcorrente, con un animato brulicare di forme, spiritelli, simbolismi e figure, e con angeli rappresentati come splendide fanciulle discinte. Qui e altrove Santachiara ha sempre lavorato "a memoria", come se possedesse un bagaglio naturale di esperienze antiche, mediate dall'espressività di Mastroianni, il suo primo maestro.

Un modo di fare scultura che applicato alle opere della Certosa può apparire irriverente, mentre Santachiara è stato mosso dall'impossibile volontà di protrarre la vita oltre la morte. Apparentemente dissacrata, la morte è vista dallo scultore come un mezzo per librarsi in una nuova dimensione di libertà quasi gioiosa, e un "luogo della memoria" come la Certosa è stata un'officina ideale, o una palestra, dove esprimere la sua verve ironica senza che apparisse blasfema.

 

Carlo Santachiara. Sculture a memoria, a cura di A. Baccilieri, Bologna, Editrice Compositori, 2002, 112 p., Ç 16.

 

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