Rivista "IBC" XIX, 2011, 2

biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni, restauri

Restaurando antichi spazi, la Biblioteca Classense di Ravenna ha inaugurato una nuova sezione dedicata alla lettura e alla consultazione multimediale.
Leggere al plurale

Claudia Giuliani
[Istituzione Biblioteca Classense, Ravenna]

"Una biblioteca" - ha scritto Giorgio Manganelli - "è molte, strane, inquietanti cose; è un circo, una balera, una cerimonia, un incantesimo, una magheria, un viaggio per la terra, un viaggio al centro della terra, un viaggio per i cieli; è silenzio, ed è una moltitudine di voci; è sussurro ed è urlo; è favola, è chiacchiera, è discorso delle cose ultime, è memoria, è riso, è profezia; soprattutto è un infinito labirinto, e un enigma che non vogliamo sciogliere, perché la sua misteriosa grandezza dà un oscuro senso alla nostra vita - quel senso che la pubblicità va cercando di cancellare".

Il 29 gennaio 2011 è stata inaugurata a Ravenna la nuova Sezione lettura e multimediateca della Biblioteca Classense, dopo lunghi anni di lavoro. Si tratta di quella che oggi definiremmo una vera e propria impresa, che ha mosso i suoi primi passi, come studio progettuale, nel 1999, ed è entrata nella fase di allestimento a partire dall'anno 2009, in seguito all'effettuazione degli Interventi di restauro del complesso monumentale della biblioteca Classense per adeguamento alle norme vigenti, rifunzionalizzazione e consolidamento, come recita il titolo del secondo stralcio - primo lotto, su progetto dello Studio Cuppini e associati di Bologna, con la consulenza di Giovanni Carbonara e la direzione lavori di Luigi Tundo. Interventi finanziati mediante l'accordo di programma sottoscritto fra lo Stato, la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Ravenna.

La nuova Sezione riunisce in un'unica, rinnovata sede, la Sezione di letteratura contemporanea, risalente agli anni Ottanta, ed erede della gloriosa biblioteca popolare "Ponti", la Sezione a scaffale aperto di saggistica di quasi tutte le classi Dewey, e la Multimediateca, precedentemente collocata nello storico Palazzo Farini. Naturalmente a scaffale aperto, la nuova biblioteca elegge finalmente a obiettivo primario l'emergente necessità di dotare la città di spazi appositamente dedicati alla pubblica lettura, andando a intercettare, nell'ottica di una fruizione il più possibile agevolata, i bisogni di lettura, di informazione e di lifelong learning dell'intera comunità locale.

All'origine di questa scelta c'è un progetto biblioteconomico che coinvolge la biblioteca nella sua interezza, e nasce da approfonditi studi sul riuso di spazi che hanno conosciuto innumerevoli "variabili funzionali", storicamente stratificate, privilegiando evidentemente, con il lavoro di questi ultimi anni e con la recente apertura, la proposta di quello che è stato definito "un nuovo palcoscenico bibliografico", giocato prevalentemente sulle novità editoriali. Vi sono infatti presenti, quasi esclusivamente, i volumi pubblicati negli ultimi cinque anni. Non che non vi fossero, negli ampi spazi della Classense realizzati negli ultimi decenni, belle sale di consultazione aperte a tutti, o una realtà di lettura e prestito allargati: ne è un esempio la citata fortunatissima Sezione di letteratura contemporanea, costituita già a partire dal 1978. Ma la realizzazione odierna è volta a enfatizzare nuove funzioni, a rispondere a esigenze di fruizione in cui lettura e prestito non sono totalizzanti, e questo all'interno di una biblioteca per forza "plurale".

La Sezione è collocata al piano terreno, nei luoghi che furono sede dell'ottocentesca Accademia di belle arti di Ravenna, poi dell'ex Liceo artistico, e prima ancora locali di servizio dell'abbazia camaldolese di Classe, in uno spazio che si pone all'inizio del chiostro di accesso alla storica biblioteca. In tal modo è immediatamente raggiungibile dagli utenti, che inoltre possono liberamente attraversarla per raggiungere anche gli altri servizi della Classense: in primo luogo le sale di consultazione collocate nel piano ammezzato, anch'esso oggetto di un progetto di recupero e prossimo a un ampliamento considerevole, e poi gli spazi collocati al piano nobile, dove si svolgono le attività di ricerca e consultazione dei fondi speciali, antichi e rari, e dove si affaccia l'antica Libreria monastica, innalzata dall'abate bibliofilo Pietro Canneti nei primi decenni del Settecento.

Siamo di fronte a quella che ormai classicamente si definisce biblioteca pubblica a tre livelli (depositi, scaffali aperti, spazi amichevoli), a fianco della storica biblioteca di camaldolese memoria, incastonate entrambe, e in osmosi continua, entro la monumentale identità architettonica dell'abbazia, la cui vita secolare, a partire dal 1514, anno della sua fondazione, si è strettamente intrecciata con la storia bibliotecaria e culturale di Ravenna.

Il progetto biblioteconomico, oggi attuato, confida di rispondere in modo sempre più articolato alle esigenze del pubblico e contestualmente della tutela. La competenza richiesta in tali circostanze - molto comuni nelle biblioteche italiane allorché ci si confronta col riuso di spazi conventuali - è quella di un bibliotecario che si fa storico, ricostruendo i rapporti fra i luoghi architettonici e le collezioni, e fra la biblioteca e il suo pubblico, poiché le modalità con cui le collezioni bibliografiche si sono dimensionate negli spazi fisici svelano i modelli organizzativi che hanno governato l'accumulo, l'ordinamento e la fruizione del libro e del sapere.

Certo la pregnanza simbolica della cannetiana biblioteca camaldolese, fisicamente speculare alla classificazione enciclopedica del sapere che esprime, persistendo quasi come modello archetipico, ha generato riflessioni continue sui "riusi" degli spazi dell'abbazia classense, in particolare quelli generati dall'essere stata adibita a edificio di "educazione" nel corso dell'Ottocento e del Novecento. La convivenza, fra queste mura, di collegi-convitto e scuole, biblioteca e musei, si è conclusa definitivamente solo con gli ultimi lavori. Già i restauri architettonici, o meglio gli interventi di conservazione, progettati dall'architetto Marco Dezzi Bardeschi negli anni Ottanta e nati da lunghi studi storici preparatori condivisi con i bibliotecari, avevano recuperato luoghi dedicati alla biblioteca e dato vita a nuovi spazi architettonico-bibliografici, come la Sala di consultazione umanistica, o la Sala espositiva della Manica Lunga, all'origine dell'ormai consistente attività espositiva della Classense.

La "nuova" Biblioteca Classense, estesa ormai su ventiduemila metri quadrati, conta oggi oltre settecentomila volumi, migliaia di manoscritti, una collezione di ottocento incunaboli e ottomila cinquecentine censiti, circa sessantamila volumi antichi, migliaia di stampe e fotografie, e nuclei prestigiosi derivanti dalle private biblioteche di personalità della cultura italiana del Novecento. La nuova Sezione lettura e multimediateca, dotata di circa ventimila novità bibliografiche e sedicimila documenti multimediali, si aggiunge a questo poderoso complesso, a questa "biblioteca plurale", come un prezioso elaborato offerto ai lettori che desiderano con facilità, e cercano con poco tempo a disposizione, proposte di lettura sempre rinnovate; lettori per ora esclusivamente adulti, ma sono già stati restaurati gli spazi per gli adolescenti.

Giocoforza questa sezione è subito divenuta il luogo maggiormente frequentato e forse amato dai lettori: con i suoi spazi luminosi e accoglienti (milleduecento metri quadrati, a cui presto si aggiungeranno altri milleottocento metri al piano ammezzato, finalizzati all'ampliamento delle sale di consultazione), con la possibilità di fare letture informali o tradizionali, di vedere un film negli spazi riservati e protetti della multimediateca, di consultare libri nelle circa sessanta postazioni di lettura, di utilizzare liberamente il proprio portatile connesso tramite Wi-Fi (Wireless Fidelity).

Scriveva Michel Melot: "I lettori non sono tutti dello stesso tipo: alcuni preferiscono leggere nascosti, altri allo scoperto. In una biblioteca ci vogliono grotte e giardini. Degli spazi ampi e illuminati dove si possa leggere in piedi prendendo appunti su un leggìo o degli angoli intimi ove ci si possa isolare e scrivere sul proprio portatile. E, come in India, delle sale di meditazione, senza neanche un libro, per riflettere in silenzio, e delle sale di discussione per poter lavorare in gruppo".

La Biblioteca Classense è oggi tutto questo, grazie anche a una riflessione dei bibliotecari sulle scelte più strettamente biblioteconomiche, volte, come già si è detto, a una fruizione agevolata in un clima di accoglienza "amichevole". Accanto alle scelte progettuali e di arredo, funzionali a stabilire una facile appropriazione dello spazio da parte dei frequentatori, la rottura delle barriere fra i libri e i lettori ha richiesto, peraltro sulla falsariga di esperienze analoghe, numerose innovazioni, fra cui la creazione di centri di interesse, scavalcando la classificazione decimale Dewey: sono stati estrapolati viaggi, guide turistiche, hobbistica, letteratura sentimentale, fantasy, fantascienza, cataloghi di mostre e classici, quotidiani cartacei e periodici on line, eccetera.

La letteratura, la prima delle classi offerta ai lettori, eliminata non senza sofferenza la classificazione per lingua, è percorribile attraverso l'ordinamento alfabetico degli autori. La classificazione tradizionale resta invece il criterio di ordinamento delle restanti discipline. La Sala delle arti e multimediale conclude un percorso che viene costantemente arricchito da offerte a tema e proposte temporanee. Il prestito può essere effettuato direttamente dai lettori grazie alla tecnologia RFId (Radio Frequency Identification). L'innovazione biblioteconomica e tecnologica è stata premiata dai lettori: la nuova sezione assolve all'ottanta per cento dei prestiti dell'intera biblioteca. Certo rimane aperta la domanda, e la sperimentazione, sul livello di intermediazione del bibliotecario che qualifichi, coadiuvandole, le scelte dei lettori, lasciando aperta la fruizione diretta, con la sua doppia valenza di attrarre e "intimorire" i diversi pubblici.

A rammentare quale fosse in passato l'immagine della Classense, che col suo carattere austero scoraggiava entrata e frequentazione soprattutto dei giovani, viene a proposito un passo del grande filologo Marino Barchiesi, che nel 1965, ricordando la giovinezza ravennate, scriveva: "Una volta, dopo lunghe esitazioni, ho finalmente attraversato il nobile chiostro della Classense e ho sentito i miei passi profani di ragazzetto ignaro ripercossi sonoramente dalle volte dell'atrio superiore e dalle alte pareti affrescate di severi moniti claustrali. La Biblioteca, uscita dalla lunga preesistenza mitica, mi dominava con la grandiosità ostile della sua incarnazione, e il suo silenzio, che pareva gravido di prove soverchianti per la mia età e sprovvedutezza, mi respingeva verso il neutro e rassicurante viavai cittadino".

Questa Classense non è scomparsa dall'immaginario ravennate e non solo, ricca sempre di suggestioni e fascinazioni grazie alle storiche, elitarie collezioni. Essa permane entro quella biblioteca "plurale" sopra accennata, dai pubblici e dalle funzioni molteplici, definendone l'identità e conferendo ricchezza a un luogo che, restando al di fuori della mercificazione, e in virtù del cammino percorso verso la città nella sua interezza, si configura come il luogo dei diritti del cittadino: il diritto di accesso alla conoscenza e all'informazione, il diritto alla lettura, alla comunicazione, all'elaborazione del pensiero, all'intrattenimento.

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