Rivista "IBC" XXII, 2014, 2
biblioteche e archivi / convegni e seminari, progetti e realizzazioni, pubblicazioni, storie e personaggi
Il 12 aprile 2014, nella Sala Muratori della Classense, è stata presentata al pubblico la raccolta libraria e documentaria dello storico veneziano Marino Berengo, donata alla Biblioteca ravennate, insieme a quella della moglie Renata Segre, grazie all'interessamento della Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari. Pubblichiamo l'intervento della soprintendente Rosaria Campioni, che alla fine di aprile ha lasciato il servizio: a lei va il saluto e il ringraziamento della redazione di "IBC", che a lungo ha potuto valersi del suo apporto.
Il compianto professor Ezio Raimondi, per molti anni presidente dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, era solito ricordare che "una raccolta di libri è sempre il ritratto del suo proprietario". Non vi è dubbio che il ritratto di Marino Berengo (Venezia, 1928-2000) sia particolarmente significativo: la sua biblioteca professionale comprende circa 30.000 volumi, 60 cassette con manoscritti, 180 faldoni di opuscoli e 90 di carteggio e documentazione. È senz'altro una biblioteca d'autore o, per usare l'espressione prescelta in casi simili da Luigi Crocetti, l'archivio culturale di uno studioso con vasti interessi storici, frequentatore assiduo di archivi e biblioteche, ritenuti laboratorio indispensabile per la ricerca. A tal proposito si può ricordare che il professore Berengo affiancava all'insegnamento di Storia moderna, presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, un seminario biennale intitolato "Come si fa ricerca storica", incentrandolo un anno sugli archivi e l'altro sulle biblioteche.
Ritengo che gli sarebbe piaciuta la collocazione dei volumi del suo studio, con altri libri appartenuti alla famiglia Segre, nel ballatoio della nuova sala di consultazione dei fondi antichi e speciali della Biblioteca Classense di Ravenna. Introducendo, a Roma il 21 gennaio 1993, le "Giornate Lincee sulle biblioteche pubbliche statali", Berengo sottolineava proprio l'esigenza "di sale di consultazione largamente e modernamente attrezzate" e aggiungeva: "Quanto più elevato è il numero dei posti libro direttamente accessibili, quanto più accurata ne è la selezione, tanto maggiore sarà l'autonomia del ricercatore".1
L'intera Premessa riguarda le questioni fondamentali delle biblioteche storiche, denominazione preferita a "biblioteche di conservazione" di cui Berengo ammetteva l'uso soltanto se opportunamente integrata con quella "di ricerca", nella convinzione che: "Una biblioteca che funzioni come scrigno, che si trasformi in semplice contenitore dei tesori a lei pervenuti, che non assuma come proprio compito essenziale il quotidiano aggiornamento bibliografico, la crescita delle proprie raccolte librarie contemporanee assieme all'osmosi di quelle antiche, non è più tale, non è una biblioteca, è un deposito chiuso e immobile".2 Berengo aveva infatti una concezione dinamica della biblioteca e sosteneva coerentemente la necessità di una conciliazione armonica tra l'attività di conservazione e quella delle acquisizioni, a partire dall'incremento ordinario "che rappresenta il vero polso della salute e dello sviluppo di una biblioteca".3
Oggi, insieme alla presentazione di Mario Infelise della seconda edizione della fondamentale opera di Berengo Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione,4 si fa conoscere alla Città la sistemazione della cospicua biblioteca-archivio formata con competenza e passione dall'insigne storico, pervenuta alla Classense grazie alla scelta e alla generosità della moglie Renata Segre, che non ha mai avuto dubbi circa la sua destinazione pubblica, e che intende altresì donare la sua biblioteca personale, prevalentemente dedicata alla materia di studio ebraica e giudaica. Avendo, dopo la scomparsa di Berengo, in più occasioni riflettuto insieme a lei circa la sede più idonea per un simile complesso di libri e documenti, posso brevemente esporre almeno le motivazioni principali che hanno portato a privilegiare questa Biblioteca.
Il primo motivo, di carattere generale, è il giudizio positivo espresso da Berengo nei confronti dell'organizzazione bibliotecaria dell'Emilia-Romagna, e in particolare della scelta strategica di coniugare le funzioni specifiche delle biblioteche storiche con quelle di biblioteca pubblica moderna. Un esempio concreto è proprio a Ravenna: al piano terreno di questo antico edificio c'è la sezione moderna e multimediale, affiancata da quella per ragazzi, e al piano nobile, senza soluzione di continuità, ci sono l'archivio storico comunale, la sezione antica e i fondi speciali. Lo stesso modello, che sottolinea l'unità della cultura, si può trovare naturalmente anche in centri più piccoli; Berengo era rimasto colpito dalla Biblioteca di Correggio,5 portata sovente a esempio anche dal professore Luigi Balsamo. La Comunale di Correggio, inaugurata nel 1971 nel Palazzo dei Principi, è stata infatti una delle prime biblioteche emiliane ad adottare lo scaffale aperto, a dotarsi di una sezione multimediale e a rendere la biblioteca un centro di informazione e di elaborazione culturale per la comunità.
Tra le diverse motivazioni specifiche a favore della Classense emerge quella relativa alla notevole disponibilità degli spazi. Per la straordinaria raccolta Berengo, formata come si è detto da ben trentamila volumi e da un considerevole nucleo documentario, occorreva individuare una biblioteca che avesse gli spazi adeguati per mantenerla unita e renderla disponibile al pubblico. Il Comune di Ravenna, a seguito dell'accordo di programma tra il Ministero per i beni culturali e la Regione Emilia-Romagna, una quindicina di anni fa aveva avviato un enorme cantiere teso al recupero degli antichi appartamenti degli abati camaldolesi; tale ampliamento poteva quindi creare le condizioni per accogliere nuove acquisizioni e assicurare la conservazione di tutto il fondo in loco, compresa la raccolta Segre.
Si aggiunga che l'interesse per la storia della città, documentato dall'importante saggio Il governo veneziano a Ravenna,6 fa sì che Ravenna possa essere annoverata tra le città da lui prese in esame e frequentate. D'altronde lo storico veneziano era amico di molti studiosi romagnoli: basti ricordare Delio Cantimori, con il quale si era laureato in Lettere a Firenze, o Augusto Campana e Lucio Gambi. Il tema delle amicizie e degli ambiti di studio non va sottovalutato, come affiora nell'Avvertenza di Marino Berengo e Alfredo Stussi ai Profili e ricordi di Augusto Campana: "Storia di singole personalità a lui resesi vicine e care, certamente; ma storia insieme delle tradizioni cui si rifacevano, e degli stimoli culturali e civili cui le loro vite avevano fornito singole e diverse risposte. È un discorso biografico in cui l'autobiografia interviene necessaria e spontanea per indicare quanto di comune ad altri, quanto di individuale e irripetibile ogni esperienza umana abbia portato in sé".7 Oltre all'ottimo funzionamento di questa prestigiosa Biblioteca, non vi è dubbio che la proposta avanzata nel 2009 dal direttore Donatino Domini di collocare il fondo vicino a quello dell'amico Lucio Gambi (che è stato tra l'altro il primo presidente dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna) abbia toccato profondamente la sensibilità di Renata Segre.8
Berengo ha dedicato una costante attenzione all'ordinamento e all'incremento della sua raccolta: posso testimoniare, insieme a Mario Infelise, la soddisfazione, non priva di orgoglio, nel mostrare, nella sua ultima abitazione, la grande sala a sinistra della loggia d'ingresso, adibita interamente a biblioteca. Claudia Giuliani, che ha coordinato l'allestimento nella Classense, ha tenuto conto degli strumenti catalografici da lui compilati e delle informazioni fornite da Renata Segre per comprendere meglio la sua personalità intellettuale e il suo metodo di lavoro, contraddistinto da una notevole ampiezza di interessi, al fine di cogliere i criteri della partizione tematica e rispettarla sostanzialmente. D'altro canto alla Classense, d'ora in poi, spetterà contemplare l'incremento e l'aggiornamento con le nuove pubblicazioni relative alle materie principali rappresentate nel fondo. Prima di cedere la parola alla direttrice Giuliani - che illustrerà l'ordinamento per nuclei tematici e che, per l'occasione, ha curato l'esposizione di una selezione di materiali nella Sala "Berengo-Segre" (già Sala del camino) - confermo l'attenzione della Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari per la catalogazione del fondo. Un primo intervento, nonostante i tempi difficili per il settore culturale, sarà avviato il mese prossimo e dovrà essere svolto con particolare cura, come si richiede nel trattamento delle biblioteche speciali in cui i libri non di rado contengono inserti e testimonianze ricche di significato.
Con il fondo "Berengo-Segre" l'amministrazione comunale di Ravenna riceve un impulso ulteriore per proseguire il miglioramento dei servizi bibliotecari, grazie anche alla valorizzazione dei fondi speciali recentemente pervenuti, che si vanno ad aggiungere a quelli ricevuti nel secolo scorso, tra i quali mi limito a citare quello di Corrado Ricci. Con le donazioni Gambi-Vergnano e Berengo-Segre la Classense accresce il suo prestigio e diventa, in ambito nazionale, un punto di riferimento imprescindibile non solo per gli studiosi di geografia e di storia.
Il miglior ringraziamento per il gesto generoso e di alto valore civile compiuto da Renata Segre credo sia quello di rendere disponibile il fondo al pubblico e di favorirne lo studio soprattutto da parte dei giovani, per esempio quelli che si iscriveranno alla laurea magistrale in Scienze del libro e del documento, recentemente istituita dall'Università di Bologna proprio qui a Ravenna. Sono certa che la conservazione e la valorizzazione del laboratorio di ricerca di Marino Berengo, ossia del suo ritratto attraverso i libri e le carte, consentiranno di trasmettere la sua lezione magistrale in un proficuo dialogo con i lettori e con le future generazioni.
Note
( 1) Si veda la Premessa di Marino Berengo agli atti del convegno Giornate Lincee sulle biblioteche pubbliche statali (Roma, 21-22 gennaio 1993), Roma, Accademia nazionale dei Lincei, 1994, pp. 19-26: 25.
( 4) La prima edizione dell'opera fu pubblicata a Torino da Einaudi nel 1980, la seconda edizione - con l'interessante Presentazione di Mario Infelise - è stata pubblicata a Milano da Franco Angeli nel 2012.
( 5) Si veda: G. Busetto, Marino Berengo e le biblioteche. Ricordi, in Tra Venezia e l'Europa. Gli itinerari di uno storico del Novecento: Marino Berengo, a cura di G. Del Torre, Padova, Il Poligrafo, 2003, pp. 223-232.
( 6) In Ravenna in età veneziana, a cura di D. Bolognesi, Ravenna, Longo, 1986, pp. 31-67. Ravenna è più volte citata pure nell'ultima opera di Marino Berengo: L'Europa delle città. Il volto della società urbana europea tra Medioevo ed età moderna, Torino, Einaudi, 1999.
( 7) M. Berengo, A. Stussi, Avvertenza, in A. Campana, Profili e ricordi, Padova, Antenore, 1996, pp. IX-XII, in particolare p. IX.
( 8) Sul fondo "Gambi-Vergnano" si veda: C. Giuliani, La geografia dei suoi libri, "IBC", XVI, 2008, 4, pp. 12-14.
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