Rivista "IBC" XXI, 2013, 4

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

L'archivio fotografico della Biblioteca Gambalunga racconta le metamorfosi e i momenti chiave della vita di Rimini.
Ricomporre il tempo

Valeria Cicala
[IBC]

Càpiti a Rimini in un terso pomeriggio di settembre, percorri in una azzurra tiepida lentezza le vie del suo centro; indugi e rinnovi il piacere di guardare i suoi monumenti. Epoche e architetture lontane nel tempo si rincorrono in un tessuto di strade e di nomi che evocano e danno forma e profondità alla città. Conoscendone un po' la storia, si considera come né il terremoto del 1916, né i bombardamenti brutali della Seconda guerra mondiale siano riusciti, fortunatamente, a sfregiarla senza scampo. Sono ancora qui, sebbene tanto si sia perduto, i gioielli dell'età romana, l'armonia e la forza degli edifici malatestiani, i tesori recuperati scavando e, ancor prima, rigurgitati dalle viscere spalancate dai sussulti tellurici o dall'imperversare delle bombe.

Su queste vicende, sulle architetture fisiche e sulla coralità umana che le permea dalla seconda metà dell'Ottocento a oggi, la Biblioteca civica ha proposto nell'ultimo scorcio d'estate una mostra: "Negli interstizi del tempo. L'archivio fotografico della Biblioteca Gambalunga", allestita presso il Museo della Città (dal 31 agosto al 29 settembre 2013).1 La presentazione del catalogo ha dato spunto a un incontro dal titolo "Il bello della memoria. L'archivio fra creatività e documentazione", a cui hanno portato il loro contributo scientifico Giuseppina Benassati, Paolo Fabbri e Massimo Pulini.2

L'esposizione muove dall'archivio fotografico della Biblioteca, una banca di immagini imponente, oltre un milione di foto su Rimini e la sua provincia, uno straordinario e coinvolgente serbatoio di informazioni, che coprono centocinquant'anni di storia. Lavorando su questo patrimonio, Nadia Bizzocchi e Oriana Maroni (l'una curatrice, l'altra responsabile dell'Archivio fotografico Gambalunghiano) hanno selezionato gli scatti e i documenti proposti nel bel percorso espositivo, allestito su progetto di Annamaria Bernucci e Massimo Pulini.

Gli eventi, a volte, si intrecciano in modo assai felice, grazie alla professionalità e alla lungimiranza di chi li crea, all'occhio attento a coniugare occasioni di incontro e confronto. In questo caso, anche per ampliare le opportunità e coinvolgere un più vasto pubblico, la mostra è stata inaugurata in contemporanea alle altre della rassegna "Rimini. Foto di settembre" promossa dall'Assessorato alla cultura e identità dei luoghi del Comune e in concomitanza con l'apertura del SIFEST a Savignano sul Rubicone, un appuntamento ormai consolidato nel panorama degli incontri dedicati alla fotografia, che si svolgono in Emilia-Romagna (www.savignanoimmagini.it).

Di certo, per quanto attiene al pubblico locale, i più sorpresi e affascinati nel percorrere le "stanze" della memoria proposte al visitatore sono state le generazioni più giovani, quelle che hanno sentito raccontare da nonni e genitori episodi e personalità del contesto riminese: un'occasione per capire, per apprezzare la storia e avvertire lo sconcerto dei drammi vissuti; per porsi anche dei quesiti oppure, semplicemente, per gustare dimensioni e modi di un quotidiano che appare bello in una lontananza di semplice felicità e di grandi progetti e dove anche gli episodi di denuncia relativi a un'incongrua gestione degli spazi e dell'edificazione assumono una concretezza documentaria scevra di partigianerie.

Il percorso dell'esposizione, come il suo catalogo, anch'esso curato da Bizzocchi e Maroni, propone trentadue "stazioni" o "racconti" che danno la possibilità di conoscere come è nato l'archivio fotografico, con quali criteri si è formato attraverso un'interessante ma, a volte, casuale stratificazione di immagini, di lacerti di storia del costume, dell'archeologia, della politica, del turismo balneare, che qui ha la sua culla, del teatro, della cinematografia.

Le foto nelle bacheche si coniugano anche con gli oggetti e con i documenti scritti: atti ministeriali, corrispondenze, giornali, réclame; ciascuno scopre particolari inediti di quello spicchio della comunità che maggiormente lo coinvolge e per il quale ha più forte curiosità.

Un dato è certo: la città è sempre stata un polo d'attrazione e per motivazioni differenti, con una comprensibile predominanza di esigenze storico-artistiche, vista la ricchezza del patrimonio riminese. Prima la si è solo potuta disegnare su taccuini di viaggio o sulle tavole degli artisti. La nascita della fotografia ha dato a una fascia sempre più ampia di persone la possibilità di fermare le immagini per un lavoro di ricerca, per documentazione, per la gioia di un personale ricordo, per guadagnarsi da vivere vendendo scatti a testate giornalistiche, a turisti interessati alle bellezze artistiche, ma anche a quelle balneari; per denunciare lo scempio delle catastrofi, ma anche la sfacciata speculazione edilizia del boom economico e della vacanza di massa.

Dalle lastre all'albumina al digitale, evento dopo evento, la storia di Rimini e quella stessa della fotografia si intrecciano e l'archivio comincia ad acquisire una sua fisionomia più complessa grazie anche ai lasciti alla biblioteca di archivi privati, o di istituzioni che depositano la memoria di un'intera comunità, come pure quella di storie personali e familiari.

Una esorbitante documentazione che sollecita un lavoro attento, sistematico, di organizzazione e, insieme, di sottrazione. L'archivio si basa su una capacità di selezione, richiede conoscenza e metodo. Le foto conservate corroborano e integrano le carte. Ma per chi studia questo patrimonio, che dai toni del seppia si proietta nella luce del bianco e nero e nella rigogliosa esuberanza del colore, questi scatti e la rigorosa scheda creata per ciascuno di essi - quella che crea l'archivio - sono la conferma di quanto fondamentale e quotidiano sia l'impegno di lavoro per realizzare un archivio fotografico le cui capacità informative si sono notevolmente ampliate. Nel caso specifico l'archivio della Biblioteca Gambalunga, al quale si continua ininterrottamente a lavorare, è consultabile via web sul catalogo della Biblioteca, e documenta l'immagine della città fino ai giorni nostri (www.bibliotecagambalunga.it/cataloghi/c ataloghi_on_line).

Un percorso di sorprese e di scoperte ha accolto i visitatori della mostra ed è a disposizione dei lettori tramite il suo catalogo. Un'altra città, volti scomparsi, fogge e modi differenti di ritrovarsi, di vivere a confronto con il postmoderno e con il web, ma anche un'ulteriore opportunità per riflettere sul ruolo della fotografia. Un efficace paradigma viene proposto da Rimini.


Note

(1) Si veda in proposito: www.bibliotecagambalunga.it/primo_pia no/pagina202.html.

(2) Si veda in proposito: www.bibliotecagambalunga.it/primo_pia no/pagina207.html.

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