Rivista "IBC" XXI, 2013, 4

biblioteche e archivi / convegni e seminari

Gli archivi emiliano-romagnoli dell'Unione donne in Italia si confrontano per mettere a punto una storia del welfare nella nostra regione, che per molto tempo è stata un modello e oggi deve affrontare la crisi.
Cittadinanza femminile plurale

Micaela Gavioli
[Rete degli Archivi dell'Unione donne in Italia (UDI) dell'Emilia-Romagna]

Il 21 ottobre 2013, nell'ambito della "Festa internazionale della Storia", si è svolto a Bologna il seminario "Cittadinanza femminile plurale. Gli archivi dell'UDI per una storia del welfare in Emilia-Romagna", organizzato dalla Rete archivi dell'Unione donne in Italia (UDI) dell'Emilia-Romagna e dal Centro documentazione donna (CDD) di Modena, in collaborazione con la Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna e l'Istituto regionale per i beni culturali (IBC). Il seminario ha concluso il progetto "Welfare in Emilia-Romagna: una storia di donne", realizzato dalla Rete archivi UDI con il CDD, e finanziato dalla Regione.

La Rete coordina 7 archivi dell'UDI - Bologna, Ferrara, Forlì, Imola, Modena (dove l'archivio è depositato e gestito dal CDD), Ravenna e Reggio Emilia - ed è attiva da oltre vent'anni. In convenzione con l'IBC e in sinergia con la Regione si è sempre impegnata a valorizzare il patrimonio archivistico dell'associazione con progetti di ricerca, pubblicazioni, mostre, convegni, nella consapevolezza che la storia delle donne documentata in questi archivi sia parte fondante della storia sociale, culturale e politica dell'Emilia-Romagna. Nel caso di questo progetto, le componenti del gruppo di lavoro sono partite da una riflessione sull'attuale crisi del welfare, che nella nostra regione ha rappresentato un'eccellenza, per interrogarsi sul ruolo dell'UDI nelle sue origini e sulle modalità messe in campo per rivendicarne la costruzione condivisa con le istituzioni.


L'introduzione, affidata a chi scrive questo articolo (coordinatrice della Rete per conto dell'archivio UDI di Ferrara), ha illustrato le premesse culturali del progetto e i suoi elementi innovativi: la dimensione regionale non è una novità, mentre lo è la scelta dell'indagine tematica. Altre novità importanti sono la centralità della documentazione, di contro ai progetti precedenti mirati al recupero della memoria attraverso le fonti orali, e la ricerca di un approccio valido per un complesso documentale tanto vasto e variegato, che permettesse di adottare uno strumento utile anche a potenziali ricercatrici e ricercatori. Gli estremi cronologici della ricerca, legati ai termini minimi di ordinamento comuni ai diversi archivi, sono stati fissati tra il 1945 e il 1982.

Eloisa Betti (assegnista di ricerca e responsabile scientifica dell'archivio UDI di Bologna) si è occupata appunto della ricostruzione storica, inedita e basata soprattutto su documenti dell'Archivio centrale dell'UDI. Betti ha fornito un inquadramento del rapporto tra UDI e welfare nel periodo considerato, comparando il livello di azione dell'UDI nazionale con quello regionale e individuando una periodizzazione che vede il prevalere dell'interesse per i servizi all'infanzia tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per i servizi alle madri lavoratrici e alla famiglia per gli anni Sessanta, mentre negli anni Settanta sono centrali la maternità, la salute riproduttiva e il diritto all'autodeterminazione e alla sanità.

Emerge la grande rilevanza dell'elaborazione delle UDI emiliano-romagnole rispetto ad altri territori: in tema di welfare moltissime sono le iniziative promosse da queste sedi, spesso in collaborazione con enti locali, e molti eventi di carattere nazionale si svolgono in Emilia-Romagna. Secondo Betti, in conclusione, il ruolo strategico della regione su questi temi va correlato alle sinergie tra istituzioni e istanze delle donne associate nell'UDI, elemento che sta alla base del "modello emiliano" come luogo di sperimentazione e che diventerà punto di riferimento nazionale e internazionale.


Vittorina Maestroni (presidente del CDD di Modena) ha poi esposto le premesse metodologiche del progetto. Dall'aggiornamento del Censimento nazionale degli archivi dell'UDI (2012), su 46 fondi archivistici presenti sul territorio italiano ben 11 sono in Emilia-Romagna, per un totale di circa 2000 faldoni. Questi archivi si differenziano per storia, metodo di ordinamento e strumenti di corredo, e per definire un approccio valido per tutti si è deciso di analizzare gli strumenti di accesso alla documentazione: gli inventari dei fondi documentali propri (escludendo fonti iconografiche e fondi personali). L'indagine pertanto si è svolta su 6 fondi provinciali (Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Ravenna e Reggio) e su quello del Comitato regionale UDI dell'Emilia-Romagna, depositato presso l'UDI di Bologna.

Delimitato il campo di indagine, si è messo a punto un metodo di ricerca sperimentale per parole-chiave, individuate a partire dalla storia dell'associazione, dal linguaggio e dalla "logica politica" sottesa alle istanze dell'UDI. L'elenco delle parole è stato poi testato sull'inventario dell'archivio UDI di Modena, dotato di inventario informatizzato nella rete "Archividelnovecento" attraverso il CDD (catalogo.archividelnovecento.it).

Tre sono le macroaree semantiche individuate: infanzia (comprensiva dei termini: asili nido, bambini, diritto allo studio, doposcuola, infanzia, ONMI, scuola); maternità e salute (comprensiva di: aborto, consultori, maternità, salute, sanità); servizi-famiglia (comprensiva di: anziani, casa, famiglia, pensione alle casalinghe, urbanistico - inteso come equipollente a servizi abitativi, politiche della casa e riqualificazione urbana). In queste parole e nelle loro declinazioni è evidente la centralità della donna come soggetto sessuato a partire dal quale l'associazione rivendica una diversa organizzazione della società, in cui i servizi garantiscano il godimento dei diritti sociali e della piena cittadinanza per le donne.

Una "Cittadinanza femminile plurale", come dice il titolo del seminario, delineata attraverso la rilevazione delle parole-chiave nelle descrizioni dei fascicoli presenti negli inventari. I risultati della mappatura sono stati riportati da Elisa Giovannetti (archivista e responsabile per gli archivi UDI di Bologna e Forlì), che ha analizzato sul piano quantitativo e qualitativo le occorrenze rilevate e il loro andamento numerico nel tempo e nei singoli archivi. Tutto ciò tenendo presente una lacuna, comune a tutti gli archivi regionali, nella documentazione relativa ai primi anni di vita dell'associazione.

A grandi linee la distribuzione cronologica delle macroaree trova una corrispondenza con l'indagine storica: nel primo periodo vi è una prevalenza dell'area infanzia, nel secondo del tema servizi-famiglia, nel terzo dell'area maternità. Dal punto di vista qualitativo si è registrata la maggiore o minore incidenza di tipologie documentarie e di luoghi e istituzioni nominate nelle descrizioni. Tra i molti dati, va sottolineata l'elevata interazione tra le UDI della regione e tra queste e gli enti locali, tra i quali la Regione, fin dalla sua istituzione, rappresenta il soggetto "non UDI" maggiormente citato.


L'utilizzo di questo elenco di termini si è dimostrato quindi uno strumento importante per fornire alcune direttrici di ricerca in ambito regionale, pur con tutte le cautele dovute al carattere sperimentale del lavoro. Anche per questo si è deciso di presentare i risultati del progetto in un contesto più ampio, con i contributi di chi, specie sul territorio regionale, ha il compito istituzionale di tutelare e valorizzare i fondi archivistici. Il seminario ha aperto una riflessione sia sulla presenza del tema welfare in altri archivi del territorio, sia sull'uso della ricerca per parole-chiave in contesti diversi. Di questo hanno parlato Maria Lucia Xerri, della Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna, e Mirella Maria Plazzi, della Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC.

L'intervento di Xerri ("Le associazioni femminili e la rete del welfare regionale: presenze e assenze delle/nelle carte") ha esposto alcuni dati del Censimento degli archivi femminili nella provincia di Bologna e Modena, avviato nel 2010 dalla Soprintendenza in collaborazione con l'associazione "Orlando" di Bologna, la Provincia di Bologna e il Centro documentazione donna di Modena. Sono stati individuati un centinaio di nuclei documentari prodotti tra la fine del XIX e la fine del XX secolo da diversi soggetti collettivi, tra i quali naturalmente molte associazioni femminili, e singole donne impegnate in ambito pubblico. Un lavoro di grande interesse, sia perché sta portando alla luce molte carte "invisibili", sia perché ne sta pubblicando i dati nel Sistema informativo unificato delle Soprintendenze archivistiche (SIUSA; siusa.archivi.beniculturali.it).

La relazione ha mostrato come la grande varietà e la ricchezza delle tematiche trattate nei fondi non sia completamente restituibile a causa della dispersione e/o del disordine delle carte, una sorta di riverbero documentale del cosiddetto "carsismo" della presenza femminile nella storia. Ciò detto, l'incidenza del tema welfare nelle carte censite rispecchia molte delle tematiche viste per gli archivi UDI, per quanto lo spettro temporale più ampio mostri nuove problematiche di cui la stessa UDI si è poi occupata dagli anni Ottanta in poi, come il contrasto alla violenza su donne e minori e l'interesse per le problematiche delle donne migranti.

Mirella Maria Plazzi, invece, nel suo intervento "Parole di genere e archivi. Pluralità dei percorsi di ricerca" ha effettuato una ricerca con le parole-chiave utilizzate per gli archivi UDI in descrizioni di fondi presenti nel portale IBC Archivi, che è stato realizzato dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC e che comprende prevalentemente inventari di archivi di enti pubblici, ma anche quelli di archivi privati o associazioni (archivi.ibc.regione.emilia-romagna.it). La ricerca ha dato esiti che aprono ulteriori piste di indagine e riflessione, sia sulle esperienze e sulle politiche di welfare "non di genere", sia sulle loro codificazioni sedimentate negli inventari. Emerge, anche, un ventaglio di soggetti che nel tempo si sono occupati di ciò che l'UDI ha declinato come richiesta di servizi sociali: sarebbe interessante indagare in questi fondi che tipo di intersezioni vi sono state tra le istanze dell'UDI e le politiche istituzionali dei servizi.


Partendo dall'indagine sui fondi UDI, il seminario è stato quindi un'occasione per riflettere su archivi di genere, informatizzazione e thesauri, tutela, conservazione e accessibilità della documentazione: tutti elementi ripresi nelle conclusioni di Linda Giuva, docente all'Università La Sapienza ma anche responsabile scientifica dell'Archivio centrale dell'Unione donne in Italia.

Giuva ha sottolineato l'innovatività dei metodi, degli strumenti e degli obiettivi del progetto della Rete archivi UDI, un'innovatività che lo rende esposto a rischi ma anche foriero di nuove prospettive di lavoro. I risultati vanno quindi valutati con alcune accortezze: prima tra tutte la necessità di tenere presente che gli inventari seguono criteri di descrizione molto diversi e soprattutto, come già detto, che non contengono i documenti prodotti dalle UDI nei loro primissimi anni di attività. Tuttavia, la corrispondenza tra la distribuzione cronologico-quantitativa dei temi a livello regionale e la tempistica dell'agenda politica dell'UDI ricostruita con i documenti dell'Archivio centrale incoraggia a lavorare sul discorso delle parole-chiave, a condizione di raffinare lo strumento, andando oltre il tema del welfare e ponendosi in prospettiva nazionale.

Il progetto della Rete archivi, anche in relazione alle suggestioni emerse dagli interventi, si è dimostrato dunque di interesse sia per il tema scelto, di stridente attualità, sia per ribadire alcune condizioni indispensabili per mettere in campo in modo proficuo una comparazione tra archivi, se non omogenei, almeno simili nei contenuti come quelli della Rete: tra queste condizioni necessarie non si allude tanto all'impegno dei soggetti produttori per conservare, ordinare, inventariare e mettere a punto strumenti di accesso, quanto alla continuità e alla condivisione di questo impegno, che dovrebbe andare di pari passo con l'approfondimento della ricerca storica sui soggetti produttori. La scarsità di risorse non aiuta a tenere insieme questi obiettivi, e forse il problema che si porrà per le responsabili degli archivi UDI sarà quello di sceglierne almeno uno e perseguirlo con continuità.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it