Rivista "IBC" XI, 2003, 4

territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni, pubblicazioni

2003, anno internazionale dell'acqua: l'IBC partecipa con due progetti e una pubblicazione mirati al recupero e alla valorizzazione di documenti, testimonianze e memorie legati al patrimonio idraulico regionale.
Per conservare le acque

Rosaria Campioni
[IBC]
Stefano Pezzoli
[IBC]

Nella prima parte, Stefano Pezzoli descrive due progetti a cui partecipa il Servizio beni architettonici e ambientali; nella seconda, Rosaria Campioni presenta il volume n. 49 della collana ERBA (Emilia Romagna Biblioteche Archivi), pubblicato dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari.

 

Il 2003 è stato anche l'anno internazionale dell'acqua, per volontà dell'Assemblea delle Nazioni Unite: la più alta sede istituzionale internazionale ha riconosciuto la fondamentale importanza di un forte interesse verso le risorse idriche per il benessere dell'intera società mondiale. Il tema principale preso in considerazione è stato quello dell'acqua come ricchezza naturale indispensabile per la sopravvivenza dell'umanità, per sensibilizzare l'opinione pubblica su di un uso consapevole e una gestione sostenibile delle risorse idriche del pianeta e per promuovere conseguentemente una serie di iniziative a livello internazionale e delle singole nazioni con l'obiettivo di conoscere e monitorare lo stato delle risorse, le situazioni maggiormente critiche, di sviluppare valutazioni in materia e di produrre un'adeguata documentazione standardizzata e sistematicamente aggiornabile (per un quadro generale delle iniziative, e per maggiori informazioni, si può consultare lo speciale dedicato a questo tema dal "Corriere della Sera": www.corriere.it/speciali/acqua2003).

Al di là di questo necessario e ineludibile carattere emergenziale, con uno spiccato riferimento ai problemi dei paesi del terzo mondo, è stato anche sottolineato il legame millenario esistente fra cultura e acqua, cioè di una risorsa che ha sempre interessato tutti gli aspetti della civiltà umana, dallo sviluppo agricolo a quello industriale e commerciale, e dai valori culturali a quelli religiosi. Non sembra estraneo e incongruo, pertanto, accostare a questa scadenza argomenti di ricerca e di approfondimento su temi regionali che hanno per oggetto il riconoscimento dell'importanza e della portata secolare dei rapporti fra la comunità e la rete idrografica che ne ha accompagnato da sempre la vita quotidiana. È quindi in chiave di lettura storica, di conoscenza dell'evoluzione territoriale e delle pratiche produttive riferite alla regimazione e all'uso delle acque, che in questa occasione si parla di due progetti di ambito locale ai quali l'Istituto per i beni culturali (IBC) della Regione Emilia-Romagna ha offerto un primo contributo di carattere tecnico-scientifico e per i quali si prospetta un prosieguo costruttivo.

Il primo progetto riguarda il bacino padano e, nello specifico, l'importanza del recupero, della conservazione e dell'accessibilità per la vastissima produzione cartografica storica di significato idraulico giacente presso diversi archivi. L'iniziativa parte dal riconoscimento che attraverso questo tipo di documentazione storica è possibile analizzare cronologicamente i mutamenti intercorsi e quindi cogliere stratificazioni di eventi e dinamiche evolutive. Gli archivi interessati sono quelli dell'Autorità di bacino del fiume Po, dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (già Magistrato per il Po), dell'Ufficio idrografico e mareografico e dell'Archivio di Stato di Parma. Questi enti, d'accordo con l'IBC, hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per la riorganizzazione comune della cartografia storica inerente il bacino fluviale del Po.

Si tratta di un primo passo per pervenire a un catalogo informatizzato che riunifichi la consultazione di un ingente patrimonio documentario ora diviso fra diverse sedi e in molti casi non facilmente accessibile; per di più, nel caso dei primi tre enti citati, una documentazione da preservare da possibili dispersioni che potrebbero verificarsi in caso di revisioni di assetti e competenze istituzionali. Obiettivi prioritari sono pertanto una messa in sicurezza degli apparati cartografici e di seguito una loro piena valorizzazione, con la previsione di condividere l'attenzione per questi beni culturali con le regioni del bacino, i consorzi di bonifica, i ministeri dell'Istruzione, università e ricerca scientifica, dell'Ambiente e territorio, e con l'Unione Europea.

Il progetto si indirizza dunque alla costituzione di un indice complessivo dei materiali cartografici che consenta di coglierne la consistenza, la collocazione nella pluralità delle sedi e la sintesi dei contenuti descrittivi; ritiene fondamentale un'analisi critica dei documenti e delle loro finalizzazioni per attività di ricerca, di studio e di indirizzo tecnico-amministrativo; contempla il raggiungimento di una consultazione nelle sedi originarie e comunque tramite tecnologia informatica. Naturalmente saranno prioritarie le azioni che dovranno garantire la tutela e la conservazione del patrimonio mediante l'identificazione di sedi adeguate e delle modalità manutentive, considerando parimenti la realizzazione progressiva di copie degli originali riproducibili ed elaborabili informaticamente.

Fra i primi interventi da compiere si sono individuati: l'inventariazione e la schedatura della biblioteca dell'Ufficio idrografico, che annovera circa 6.000 volumi dal Seicento a oggi (che fra l'altro documentano nel tempo osservazioni metereologiche, idrometriche, limnimetriche e di portata); il censimento delle fonti cartografiche negli archivi di deposito e archivi storici degli uffici operativi dell'Agenzia interregionale per il fiume Po, la schedatura del fondo di fotografie aeree dell'Autorità di bacino e l'evidenziazione dei fondi dell'Archivio di Stato di Parma di primario interesse per questo piano.

Il secondo progetto, che riassume le tematiche introdotte nel 2001 dalla mostra "Bologna e l'invenzione delle acque", si sviluppa in ambito bolognese e ruota attorno alla restituzione alla città delle vicende storiche di un fabbricato, ultimo esempio di opificio idraulico nel centro storico, ora sede del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno (www.consorzireno-savena.it): all'interno di questo edificio trovano posto oggetti tecnici e strumenti storici, documentazione e iconografia cartacea. Si tratta dell'ex "pelacaneria", ovvero il luogo di concia delle pelli, situato in via della Grada, al di sopra del Canale di Reno e presso il punto d'ingresso di quest'ultimo nell'antico recinto murario urbano. Il complesso recupero dell'edificio è stato in parte realizzato dal Consorzio che ne è proprietario e ora lo stesso ente sta procedendo a ultimarlo, con l'intenzione di dedicare gli ampi spazi residui rispetto alla collocazione dei propri uffici alla documentazione delle passate attività produttive che vi si svolgevano (oltre a conceria fu anche fra i primi siti per la produzione di energia elettrica).

Il coinvolgimento dell'IBC, insieme al Museo del patrimonio industriale e alla Fondazione "Aldini-Valeriani", e con l'apporto di un apposito comitato scientifico, consisterà nel contribuire all'identificazione dei temi tecnici e culturali da sviluppare e da proporre al pubblico, in una sede per cui l'attribuzione della tradizionale definizione di museo appare non propria, o almeno non sufficiente appieno a riflettere la complessità di un oggetto ancora "vivente" come macchina idraulica, e capace di spiegare un sistema di controllo delle acque tuttora quotidianamente in funzione. Così si è pensato alla possibile intitolazione di "casa delle acque", cioè un luogo dimostrativo sì del passato, come luogo di sfruttamento dell'energia idraulica, ma pure di una realtà presente, di rappresentazione di un sistema idraulico artificiale adesso assai poco visibile e comprensibile, che però risparmia la città storica dagli eccessi meteorici mediante una capacità regolatrice.

Nella Grada dovranno essere restituite sia le vicende storiche legate allo specifico tecnico dell'edificio attraverso la ricostruzione di impianti e macchinari un tempo qui in uso, atti a trasformare l'energia idraulica, sia anche l'illustrazione del sistema idraulico, tanto nel passato quanto nell'attualità, attraverso plastici e rappresentazioni virtuali. Sarà anche opportuno che nel sito si renda conto della vicenda plurisecolare dei Consorzi dei canali di Reno e di Savena e del loro ruolo tuttora centrale, nel controllo e nella regimazione dell'afflusso dell'acqua in città.

Per una equilibrata complementarità con il Museo del patrimonio industriale si ritiene opportuno che nella "casa delle acque" l'argomento della produttività del sistema idraulico urbano venga circoscritto alla storia dell'edificio, e che sia il caso di offrire invece un panorama il più possibile ampio sullo specifico rapporto tra acqua, città e territorio, non solo in una visione urbanistica e ambientale, ma anche nella considerazione della complessità dei rapporti sociali, dei mestieri e delle consuetudini e dunque dei linguaggi quotidiani e tecnici del passato e della loro sopravvivenza nel presente.

Alla "casa delle acque" si offre dunque l'occasione per illustrare l'interazione tra i corsi d'acqua captati e introdotti in città a fini essenzialmente produttivi e la città stessa, che grazie alla realizzazione di questo straordinario sistema "sanguigno" ha assunto nel passato una fisionomia quasi "anfibia", originalmente intermedia e sintetica fra la caratteristica totalmente idraulica di Venezia e quella terricola di Firenze. A tale originalità la "casa delle acque" dovrà imprimere un forte risalto, perché è quella che si è perduta col tempo, con l'occultamento delle vie d'acqua: da un paio di secoli, infatti, questa peculiarità non ha più lettori capaci di intenderla e non può oggi sollecitare cittadini e turisti a cercarne le tracce. Definire la storia di questo reticolo idrico significa dunque rileggere la storia di Bologna, in maniera originale e più rispettosa della specifica natura del soggetto.

L'intreccio di dinamiche demografiche, processi economici e di trasformazione dell'ambiente urbano trova a Bologna, per un lungo periodo storico, un forte punto di riferimento nella presenza delle acque. I canali e le opere idrauliche per lo sfruttamento energetico in funzione delle manifatture, per gli scambi commerciali e il trasporto di persone, l'irrigazione ortiva, i servizi (pubblici lavatoi, stabilimenti per bagni) non soltanto condizionano la città a livello economico, ma influiscono sull'organizzazione urbanistico-architettonica e ne determinano la fisionomia culturale.

L'utilizzazione delle acque come forza motrice e nei processi di lavorazione interessa opifici e fabbriche di diversa natura, sviluppando lessici dialettali, tecnicamente connotati, relativi ai cicli di lavoro, agli arnesi, alle macchine e ai prodotti (lessici che ritroviamo in forma italianizzata e, dunque, ancora bolognese, nei regolamenti, negli avvisi e nei bandi delle autorità preposte al governo delle acque e in quelli concernenti le attività economiche e il prelievo fiscale). Il trasporto per acqua di merci e passeggeri, che interessa su scala più ampia anche il territorio circostante (fino a Venezia e all'Adriatico), insieme alla costruzione e alla manutenzione di imbarcazioni, definisce un altro ambito settoriale della lingua parlata e scritta dell'area.

Ma le acque a Bologna hanno svolto anche un ruolo di natura culturale diffusa, originando una toponomastica urbana che interessa non solo le strade storiche, ma pure - anche se perduti - i ponti, le banchine, gli orti, i tratti di canali, insieme alle grade, ai sostegni e ad altri regolatori idraulici, i quali tutti avevano proprie denominazioni, costituendo luoghi di incontro e di transito, come pure di ristoro e di divertimento. Le acque contribuiscono anche per molti altri aspetti a ritmare la vita della città e dei suoi abitanti, che se ne servono per lavare la biancheria e gli indumenti (la presenza delle lavandaie per secoli dà vita a un microcosmo femminile del quale si trovano abbondanti riferimenti anche nella letteratura), per annaffiare i numerosi orti, per abbeverare e detergere le bestie, smaltire scarichi di varia natura e allontanare le acque di rifiuto, ripulire le strade e sgomberarle dalla neve.

Al pari della citata dimensione economico-produttiva, questa prospettiva antropo-linguistica documenta e recupera un'altra importante valenza dell'ecosistema urbano fondato sulle acque.

 

[S. P.]

 

Il volume Archivi storici nei consorzi di bonifica dell'Emilia-Romagna. Guida generale - curato da Euride Fregni, soprintendente archivistico per l'Emilia Romagna, e pubblicato alla fine del 2003 nella collana "ERBA" della Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari, con i tipi di Pàtron editore in Bologna - fornisce un quadro complessivo dei fondi e delle serie posseduti dagli attuali consorzi di bonifica emiliano-romagnoli, grazie al censimento promosso dalla Soprintendenza archivistica per l'Emilia Romagna. La storia economica, sociale e civile della valle padana è da molti secoli pervasa da un quotidiano rapporto con l'acqua. I fiumi, i torrenti, i rii, i canali, gli argini, le zone umide, i molini hanno connotato (e connotano, seppure in maniera meno vistosa e immediatamente percepibile) l'immagine della nostra terra, come emerge chiaramente dalla cartografia storica. Il capitolo delle acque è senz'altro centrale per la comprensione del nostro territorio in quanto mostra - secondo l'acuta osservazione di Ezio Raimondi - "come in virtù dell'acqua, fra sagace regolazione e razionale uso e sfruttamento, si sia formata la cultura del territorio di questa regione, quasi un carattere costitutivo del nostro capitale sociale e umano".

Un paragrafo non secondario di questo capitolo delle acque è formato dai consorzi di bonifica, che rappresentano la forma organizzativa individuata per la gestione della regolazione idraulica, volta a far scolare le acque superflue e/o a consentire irrigazioni nei periodi secchi, delle aree da destinare alle coltivazioni. Anche se il presente assetto dei consorzi di bonifica emiliano-romagnoli è relativamente recente, essendo riconducibile al riordino previsto dalla legge regionale 42/1984 e successive modifiche e integrazioni, è opportuno segnalare che gli attuali consorzi hanno acquisito gli archivi degli enti soppressi di cui hanno ereditato le competenze, e perciò custodiscono una memoria storica di ben più lungo periodo. Una decina di consorzi conservano infatti archivi storici con carte anteriori al XVII secolo, a testimonianza delle radici plurisecolari degli organismi consortili creati per la gestione delle bonifiche.

I complessi documentari dei consorzi di bonifica costituiscono pertanto una fonte preziosa per ricostruire l'evoluzione storica dell'assetto idrologico del territorio emiliano e romagnolo, ma non sono stati ancora adeguatamente compulsati, sovente per mancanza di strumenti di corredo. Pure la storia dei consorzi di bonifica, con la complessità tipica delle relazioni che attengono al rapporto tra il pubblico e il privato e con le varie trasformazioni collegate sia a cambiamenti legislativi sia al mutare degli interessi locali, è ancora per molti aspetti scarsamente indagata e meriterebbe di essere approfondita.

La Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna ha promosso, soprattutto in quest'ultimo decennio, alcuni interventi di riordino e inventariazione su archivi di consorzi di bonifica, anche a seguito di segnalazioni circa le condizioni precarie in cui essi versavano. È il caso dell'Archivio del Consorzio della bonificazione Parmigiana Moglia, inventariato nel 1992, e dell'Archivio del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno, riordinato nel biennio 1999-2000. L'inventariazione analitica condotta su quest'ultimo Archivio storico - comprende ben otto fondi archivistici relativi a enti che, nel tempo, si sono occupati della gestione delle acque cittadine bolognesi - ha rappresentato tra l'altro un valido contributo alla ricerca per la mostra "Bologna e l'invenzione delle acque" promossa dall'Istituto per i beni culturali, da sempre attento alla tematica delle acque.

In uno stato di notevole disordine versava altresì l'Archivio dell'Azienda Valli Comunali di Comacchio riordinato nel 1988. Anche se non si tratta propriamente di un archivio di bonifica non mi pare fuori luogo citarlo dato che tra le funzioni principali dell'Azienda, oltre alla commercializzazione del pesce e alla vigilanza contro la pesca di frodo, figurava quella di curare la realizzazione delle opere necessarie all'organizzazione idraulico-territoriale delle valli.

Al di là di alcuni interventi svolti episodicamente soprattutto a fini di salvaguardia, non vi è dubbio che il panorama complessivo degli archivi di bonifica richieda un investimento maggiore e più organico per la loro conservazione e valorizzazione rispetto a quello messo in campo fino ad oggi, a cominciare dagli enti detentori. Se si lascia da parte una situazione purtroppo irrecuperabile (quella del Consorzio di miglioramento fondiario Ronchi di Soarza e San Giuliano che ha inviato al macero la documentazione storica) molti complessi documentari sono tuttora carenti di strumenti di corredo.

Occorre quindi svolgere un'attività di sensibilizzazione presso i vari consorzi di bonifica per far sì che, con la collaborazione tecnico-scientifica della Soprintendenza archivistica statale e della Soprintendenza per i beni librari e documentari regionale, si concerti un piano per assicurare la conservazione delle carte storiche e per dotare di inventari gli archivi che ne sono ancora privi. Poter disporre di strumenti inventariali per tutti i complessi documentari relativi ai consorzi di bonifica emiliano-romagnoli rappresenterebbe una prima tappa importante per la costituzione di una rete documentaria di straordinaria rilevanza tematica (da integrare coi dati di fondi e serie archivistiche complementari conservati presso altri archivi) e per la valorizzazione di tale patrimonio archivistico tramite ricerche, mostre, attività didattiche e iniziative editoriali.

Nel più ampio sfondo del perenne intreccio tra natura e cultura le carte dei consorzi di bonifica offrono una cospicua e variegata messe di dati per ricostruire la gestione dell'assetto idrologico, per riconoscere i diversi volti assunti dal nostro territorio e ridisegnare l'immagine delle principali trasformazioni economiche e sociali. Lo studio di tali carte imprimerebbe un notevole impulso all'approfondimento della ricerca su vari aspetti del territorio, in un periodo in cui la tematica della salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio è di vitale attualità e rischia di essere diffusa, con l'amplificazione caratteristica dei mezzi di comunicazione di massa, ricorrendo a immagini generiche e stereotipate, se non è sorretta da una solida conoscenza delle vicende che hanno caratterizzato le diverse aree storico-geografiche.

La pubblicazione di questa guida rappresenta quindi un primo supporto alla ricerca per gli studiosi del settore e uno stimolo per gli enti detentori a dedicare maggiore cura all'archivio e per le Soprintendenze competenti a compiere ulteriori passi per favorire la conoscenza e la valorizzazione di questo ricco patrimonio documentario a beneficio della crescita culturale collettiva.

 

[R. C.]

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