Rivista "IBC" XI, 2003, 4

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni

Milleseicento opere di arte moderna, duemila metri quadrati di spazi espositivi, una biblioteca di quasi diecimila titoli: nata più di trent'anni fa a Bologna, oggi la Raccolta del Cardinale Lercaro ha una nuova sede.
Eminenti collezioni

Marilena Pasquali
[direttrice della Raccolta "Lercaro" di Bologna]

Dalla metà di maggio del 2003 è aperta a Bologna, in via Riva di Reno, nella zona del centro che promette di divenire il cuore pulsante dell'arte moderna in città, la nuova sede della Raccolta "Lercaro", uno spazio di tutto riguardo che riserva alle sale espositive quasi duemila metri di percorso e che comprende anche una sala dibattiti e una biblioteca di storia dell'arte che a tutt'oggi vanta quasi diecimila titoli. Nata più di trent'anni fa dalla volontà del cardinale Giacomo Lercaro con l'aiuto e il supporto di quattro artisti "fondatori" a lui molto vicini (Aldo Borgonzoni, Pompilio Mandelli, Enzo Pasqualini e Ilario Rossi), la raccolta è andata via via arricchendosi grazie all'azione costante e determinata di monsignor Arnaldo Fraccaroli, prima segretario del cardinale e poi suo successore alla presidenza della Fondazione "Lercaro".

Quella di monsignor Fraccaroli è una vera e propria passione di collezionista, un amore profondo per l'arte e anche per gli artisti, con i quali - seguendo l'esempio del Cardinale - ha saputo stringere rapporti sinceri di amicizia e di collaborazione che si perfezionano nel tempo e che portano a donazioni sempre più numerose. Da queste premesse, che comportano un'attenzione continua e un'attività energica, è nata una collezione d'arte moderna che oggi, in Italia, trova pochi riscontri e si pone tra le più importanti, soprattutto per quel che riguarda la scultura.

Ma procediamo con ordine. Innanzitutto va detto della nuova, prestigiosa collocazione della Raccolta, ora sistemata sui primi tre livelli dell'articolato complesso che ospiterà anche l'Istituto culturale "Veritatis Splendor". Il cardinale Biffi stesso ha voluto con particolare convinzione questa contiguità (e continuità) tra spazi dedicati all'arte e spazi per lo studio e l'approfondimento della cultura cattolica, nella certezza che non solo sul piano simbolico l'arte e la bellezza possano rappresentare le fondamenta per la costruzione di un sapere più alto. Tutto l'edificio è stato così ristrutturato secondo un progetto unitario che si deve all'ingegner Gianluca Bonini del Nuovo Studio di Ravenna: ben conoscendo le opere, la loro ricchezza e la loro importanza, Bonini ha saputo dar loro una dimora che ne valorizzi le caratteristiche nel rapporto con lo spazio e con la luce, in un gioco di interno-esterno in cui ogni elemento interagisce con gli altri. L'intervento architettonico tende alla "pulizia" dello spazio e alla sua semplificazione, tanto che è proprio l'essenzialità delle strutture a valorizzare per contrasto la vitalità cromatica e la forza plastica delle opere.

Non è stata impresa da poco né ristrutturare l'intero complesso - fondamentale per questo è stato l'intervento della Fondazione Cassa di risparmio che si è accollata l'intera spesa, proponendosi a tutti gli effetti come partner e copromotore dell'impresa a fianco della Fondazione "Lercaro" -, né tantomeno far partire l'attività di un nuovo museo cittadino, perché tale oggi è la Raccolta "Lercaro" nella sua veste completamente mutata. A tale avviamento hanno dato il loro contributo tutte le istituzioni locali, Regione Provincia e Comune, che a vario titolo e secondo i diversi ambiti di competenza sono intervenute per rendere possibile tramite contributi e convenzioni il "nuovo corso" della Raccolta.

Da tempo infatti appariva superata la precedente collocazione a Villa San Giacomo, ai piedi della collina della Croara, sia per l'insufficienza degli spazi disponibili che per la carenza di quei presupposti museografici da cui oggi non si può prescindere nell'allestimento e nella presentazione di un museo. Pienamente consapevoli della necessità (e persino dell'urgenza) di una separata e più consona sede per la collezione, da tempo ormai e attraverso l'esame di soluzioni anche molto diverse l'una dall'altra si era affrontato il non facile problema della sua definitiva sistemazione. La soluzione migliore è stata individuata quando, nel 1999-2000, ha iniziato a prender corpo il progetto di via Riva di Reno, una soluzione che, oltre a fornire spazi finalmente degni all'importanza delle opere, ha il merito di portare nel cuore della città una collezione fino a ieri difficilmente visitabile.

Come si presenta quindi, oggi, la Raccolta "Lercaro" e quali sono le sue principali caratteristiche? In primo luogo va sottolineato ancora una volta come già il cardinal Lercaro non abbia mai imposto alla sua collezione il vincolo del soggetto religioso. Non è cosa da poco, e non solo a livello metodologico, perché non è affatto detto che il nodo, vero e sentito, dell'arte sacra si risolva tout court con la commissione di opere legate alla tematica religiosa, ma anche sul piano pratico per l'acquisizione di opere belle e valide, poiché è ormai chiaro a tutti che sono certamente molto più ricchi di spiritualità e di pensiero una natura morta di Morandi o un nudo di Marino Marini piuttosto che un crocefisso o una natività di un modesto mestierante che pur frequenti monumenti funebri, parrocchie e catechismi.

Secondo carattere dominante della Raccolta è la sua propensione per la scultura, in bronzo soprattutto, in un arco di tempo che va dagli ultimi decenni del XIX secolo agli anni Sessanta e Settanta del Novecento, con una recente ripresa sulla scultura contemporanea (valgano, in proposito, le nuove donazioni di Jean-Michel Folon, Pablo Atchugarry, Mirta Carroli e Simon Benetton). La scultura, si sa, non compare davvero spesso nei musei e nelle mostre, un po' per i maggiori problemi pratici che comporta a livello di costi e di allestimento, un po' perché è comunque meno conosciuta e meno praticata. È quindi piuttosto raro poter vedere uno accanto all'altro circa trecento pezzi dei migliori artisti italiani che si sono cimentati con il bronzo, e la pietra, e il marmo, e la ceramica, da Giacomo Manzù a Arturo Martini, da Marino Marini a Francesco Messina, per citare solo i quattro "grandi" della Raccolta, a cui andrebbero accostati almeno altri venti o trenta nomi di ottimi scultori italiani. E non basta ancora, perché nel grande salone a doppio volume che nella parte alta ospita i maestri italiani del Novecento, figurano anche alcuni protagonisti dell'arte e della scultura europea quali Ernst Barlach, Max Ernst, Sebastian Matta, Alberto Giacometti e i più giovani Arman, Jean-Michel Folon, Louis Cane, Pablo Atchugarry e Joachim Schmettau.

Le opere conservate nella Raccolta sono quasi 1.600 e non è stato ovviamente possibile esporle tutte per evidenti ragioni di spazio, ma anche perché è consigliabile presentarne poche per volta in modo da valorizzarle al meglio. Per il periodo inaugurale sono stati proposti circa 540 pezzi - e non è davvero poco! - in un percorso espositivo volutamente a doppio registro, fondato cioè sulle presenze principali e insieme articolato secondo una sequenza storico-temporale. Il criterio monografico e quello cronologico si arricchiscono così a vicenda, consentendo confronti inediti e persino scoperte, mentre la presentazione delle opere e degli artisti oggi non in mostra sarà affidata non tanto all'ormai vieto e mai rispettato principio della "rotazione", quanto a singoli approfondimenti su quell'artista, su quel nucleo di dipinti o di sculture, che verranno proposti nella sala dedicata appunto alle esposizioni temporanee, quello stesso spazio posto all'ingresso del museo e in questi primi mesi dedicato a una sorta di "Omaggio agli artisti fondatori".

Vi è infine un terzo elemento caratterizzante la Raccolta "Lercaro", forse quello più importante, che perfeziona e completa la sua identità. Si tratta a tutti gli effetti di una collezione privata, nata e cresciuta secondo i ritmi e i gusti di un collezionista (principalmente monsignor Fraccaroli, che dell'istituto è l'anima, il cuore e la mente). Vi si riconoscono perciò preferenze, amori, dimenticanze e rifiuti, secondo quel criterio di scelta del tutto personale che sta alla base di ogni raccolta privata e che la rende unica fra le altre. Per un insieme di questo genere non valgono gli obblighi di un museo pubblico, che deve documentare con qualche obiettività il farsi dell'arte nei suoi aspetti salienti e attraverso i suoi interpreti principali; qui è lecito dichiarare apertamente predilezioni anche non scontate, accantonare valori riconosciuti dal sistema dell'arte, proporre personalità anche meno note, non ricercare artisti e linguaggi per altri "imperdibili". L'unico principio-guida è quello del piacere estetico individuale, certamente affinato e sensibile, ma non necessariamente rispettoso delle parole d'ordine che di volta in volta prevalgono.

Il risultato d'insieme è quello di un corpus di opere straordinario, ove qualche pezzo può certamente non piacere, non apparire all'altezza, ma ove è possibile passo dopo passo gustare le singole opere, guardarle finalmente una per una e giungere in tal modo anche a scoperte sorprendenti su impensati raffronti e analogie come su personalità artistiche ormai dimenticate e che invece andrebbero ristudiate e rivalutate. Accanto ai vari Eugenio Pellini, Alfredo Pina, Franco Lombardi, Lello Scorzelli, Emilio Ambron, Mauro Broggini - e cito qui solo alcuni fra gli autori oggi quasi dimenticati a cui la Raccolta dedica invece particolare spazio e attenzione- stanno i maestri da tutti riconosciuti con la potenza del loro nome e della loro opera, creando una miscela inedita di forte interesse e un quadro d'insieme che si rivela di ampiezza e ricchezza davvero inusitate.

Ci sono voluti poco più di trent'anni - l'inizio della raccolta è del 1971 - per giungere a questo risultato. Il merito principale va alla costanza e alla tenacia di monsignor Fraccaroli che ha saputo dar forma a una convinzione profonda del cardinale Lercaro (la bellezza dell'opera d'arte come veicolo di crescita spirituale), rendendone tangibile l'insegnamento rivolto soprattutto ai giovani. Ma in questa impresa oggi coronata dal successo c'è anche un aspetto "laico", di metodo, che va sottolineato con chiarezza: la Raccolta "Lercaro" è infatti anche la dimostrazione concreta che è possibile - se si hanno la passione, la serietà e la determinazione necessarie - acquisire pezzi importanti e creare per loro e grazie a loro un museo vero, cioè un luogo in cui ci si confronta innanzitutto con l'opera, dato imprescindibile, e da questa si muove per approfondimenti ulteriori, per ulteriori avventure del pensiero.

Quanti sono i musei d'arte moderna nati in Italia nello stesso arco di tempo, gli ultimi trent'anni, che possono vantare di aver individuato e seguito un percorso di questo tipo? Purtroppo pochissimi, bisogna riconoscerlo (penso, come altro esempio positivo se pur completamente diverso, al Centro studi e archivio della comunicazione, fondato e diretto all'Università di Parma da Arturo Carlo Quintavalle). E non è necessario andare troppo lontano per rendersi conto di come, troppo spesso, si siano privilegiate le iniziative temporanee a scapito di una seria e coerente politica delle acquisizioni. Ma si sa, anche se nel tempo le mostre mangiano ben più risorse umane e finanziarie, il risultato che garantiscono in termini di visibilità è immediato. Tanto che, alla fine, paga molto più a livello personale comportarsi da curatore piuttosto che da direttore, giocando su progetti a breve termine senza imbarcarsi in quelle attività di ricerca, di studio e di relazione che - "noiose" e "impegnative", perché quotidiane e responsabili - sole possono garantire l'esistenza di un museo.

 

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