Editoriali
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A Forlì, con la riapertura del complesso di San Domenico, si è felicemente sperimentata quella che Giorgio Bassani definiva "la compresenza della vita e dell'arte". Sta a noi verificare come i beni culturali insegnino, anche conservando, a innovare il nostro paesaggio quotidiano.
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Il rapporto tra il mondo dei beni culturali e l'universo dei più giovani è un capitolo di straordinario interesse: un discorso che passa di generazione in generazione e aiuta a fondare un sentimento di identità nazionale. Non per nulla i beni culturali sono anche la nostra vera storia.
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I dati dell'economia della cultura disegnano un quadro con luci e ombre: da una parte, nonostante le difficoltà finanziarie, si conferma l'impegno degli enti locali, dall'altra lo sviluppo del settore rimane fortemente disarmonico.
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Una lingua grigia, piattamente amministrativa, non può convenire all'universo luminoso della cultura e delle sue creazioni: ecco perché continuiamo a dare voce ai poeti e agli scrittori. Nella loro officina la lingua, anche quando resta fedele alle proprie radici, continua a vivere e a crescere.
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Il bene culturale può contribuire allo sviluppo del territorio, ma non può essere ridotto a una semplice misura quantitativa: il criterio economico va sempre integrato con un'interpretazione analitica di ciò che rappresenta per una comunità il suo patrimonio artistico e naturale.
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