Rivista "IBC" XXII, 2014, 3
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / immagini, mostre e rassegne, pubblicazioni
Tra l'8 febbraio e il 18 maggio 2014, presso il Museo Correr di Venezia, è stata aperta un'esposizione intitolata "L'immagine della città europea. Dal Rinascimento al Secolo dei Lumi", curata da Cesare De Seta, con il sostegno della Fondazione Musei Civici di Venezia. Una cinquantina di opere fra mappe, piante prospettiche e vedute aprivano squarci sulla realtà urbana fra Cinque e Settecento, lasciando pochi esempi alla tecnica icnografica e all'arida visione geometrica perpendicolare al piano, ma optando invece per una scelta di immagini con forte richiamo al vero, alla raffigurazione veritiera dei luoghi.
L' incipit naturale per la mostra non poteva che essere la straordinaria prospettiva di Venezia di Jacopo de Barbari del 1500, dove il disegno coglie magistralmente l'intrico di canali, calli, palazzi, case e chiese, barche e navi, vele e sartie, ma al contempo la lagunarità della situazione territoriale e pure la corona di montagne che fa da sfondo, in un colpo d'occhio su di una città distesa sull'acqua dove la personificazione del dio del mare e dei venti soffianti paiono naturali elementi di una vicenda che sta in massima parte nella dimensione marinara. E dietro quest'opera non c'è la committenza di Stato, come rileva De Seta nell'introduzione al catalogo, ma un editore privato tedesco, "testimonianza della rilevanza artistica, editoriale e commerciale di quei fogli, segno del protocapitalismo europeo più colto e audace".
Scorrendo tra le città colpiva per originalità una mappa di Treviso, dove l'elemento urbano, fra color ocra e avorio, si stagliava con gli appiattiti prospetti dei fronti stradali mostrati "al vero", emergenti dal colorato scuro degli orti e dei canali, e dell'esterna campagna, con effetto di nitida tarsia: visione impossibile, ma pur sempre riconoscibile specchio di una peculiarissima realtà urbana. Ancora: una pianta prospettica di Udine, giustamente scelta come immagine di copertina del catalogo, coglieva tutti gli aspetti urbani entro il sinuoso percorso delle mura, consentendo allo sguardo una percorrenza tuttora praticabile nella città.
Di grande spettacolarità la veduta di Napoli dal mare di Didier Barra del 1647, dove si leggono chiaramente l'ortogonalità del centro antico di matrice greca e quella dei "quartieri spagnoli", e le pennellate di biacca che illuminano, fra tetti, campanili, cupole e facciate di chiese, la fitta rete dei vicoli, trovano immediata corrispondenza nelle increspature delle onde, su acque plumbee e solcate da vistose imbarcazioni da parata. Ancora Napoli emergeva prepotentemente in un rilievo topografico gigantesco, di ben undici metri quadrati, opera di Giovanni Carafa duca di Noya, dove il dettaglio del terreno agricolo, ortivo e boschivo, e lo stato del litorale superano di forza la rappresentazione tecnica, diventando quasi visione reale.
Pregevolissime le vedute di Napoli, Firenze e Roma realizzate da Gaspar Van Wittel, e quelle di Bernardo Bellotto per Varsavia, dove una più o meno intensa presenza umana popola e arricchisce la città, e fa partecipare all'epoca. Così l'inchiostro di Filippo Juvarra restituisce il semivuoto di un foro romano interrato, in un'uniformità cromatica che pare sottolineare silenzio e antiche rovine. Surreale la veduta del Prato della Valle a Padova, dove la vista dall'alto mostra il grande vuoto circolare della piazza, punteggiato da carrozze e cavalieri e, qua e là, qualche appiedato: la corsa dei fantini, soggetto del quadro, quasi scompare lungo la pista circondaria al prato, ma emerge la corona delle case e dei palazzi, cornice del tutto, segno forte della città. Fra gli esempi provenienti da fuori una prospettiva di Granada, una grande pianta prospettica di Madrid, due vedute in distanza di Londra, un'intensa visione di Costantinopoli attorniante il Corno d'Oro, e un paio di vedute di Siviglia, dove lo sguardo cade obbligato sul corpo verticale della Giralda.
L'introduzione di De Seta ci rammenta la fiorentina invenzione della prospettiva, "magica scoperta" che portò alla raffigurazione della città, proponendo anche vedute dall'alto che nell'Ottocento la mongolfiera consolidò in realtà; poi la fondamentale svolta con la creazione della stampa e il conseguente proliferare di un modello di raccolta, il Theatrum, ove divenne possibile visionare la città: prima fu desiderio del principe per rilevare potenza e prosperità, poi più diffusa curiosità di un pubblico sempre più vasto. Saggi di Jean Boutier, Wouter Bracke, Bernd Roeck e Fernando Marias colgono le peculiari produzioni della Francia, dei Paesi Bassi, e degli ambiti germanici e iberici. La popolarità e la diffusione dell'immagine di città è il titolo del contributo di Lucia Nuti, che spazia fra scelta, localizzazione e tipologia di supporto fra XV e XVII secolo. Daniela Stroffolino indaga sulla trattatistica e la strumentazione, mentre i libri che contengono raccolte di piante urbane fra Cinque e Seicento sono analizzati da Maria Iaccarino. Matteo Palumbo sonda la prospettiva letteraria dello spazio geografico e Massimo Cacciari, infine, ci ricorda come con l'avvento della metropoli si esca dall'univoca possibilità di un ritratto urbano.
L'immagine della città europea. Dal Rinascimento al Secolo dei Lumi, a cura di C. De Seta, Ginevra-Milano, Skira, 2014, 208 pagine, 39,00 euro.
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