Rivista "IBC" XVIII, 2010, 1
territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, pubblicazioni
Il 3 dicembre 2009, presso il Dipartimento di discipline storiche dell'Università di Bologna, è stato presentato il rapporto annuale 2009 della Società geografica italiana, intitolato I paesaggi italiani. Fra nostalgia e trasformazione. L'incontro (coordinato da Silvia Gaddoni, fiduciaria per l'Emilia-Romagna della Società) ha raccolto diverse testimonianze su di una pubblicazione che l'istituzione scientifica romana realizza annualmente dal 2003, chiamando a contribuire i maggiori specialisti dei temi geografici. In questa occasione si è trattato di Massimo Quaini, docente di Geografia umana all'Università di Genova, che ha lasciato la sua salda impronta in quasi tutti i capitoli del volume.
Nella presentazione, Quaini sottolinea la complessità di un tema che sul territorio è riferito a diverse competenze ed è trattato da diverse discipline, e come appunto il rapporto 2009 abbia rispecchiato questa aggrovigliata realtà: "Nietzsche diceva che il paesaggio fa venire il torcicollo". Da un lato, le politiche sul paesaggio sono affaticate da un labirinto di leggi e da difficili coesistenze (dimensione locale e nazionale, tutela e sviluppo...); dall'altro, gli apporti di studio non sono solo di geografi, ma anche, e necessariamente, di storici, naturalisti, economisti, giuristi.
Se il paesaggio è una "categoria scientifica insufficientemente analitica", è tuttavia un "contenitore di sentimenti, bisogni, attese che le istituzioni non possono più disattendere", qualcosa di "indispensabile come quadro di vita quotidiana". Nel titolo del rapporto, però, c'è quel termine, "nostalgia", che marca una componente individuale e soggettiva: nell'incipit del suo testo, Quaini asserisce che il libro non vuole essere nostalgico, se mai produce malinconia riflettendo molto "sulla maltrattata eredità paesaggistica" e su quanto non è stato fatto per salvaguardare la peculiarità del nostro paesaggio, che rimane tuttora una memoria storica per un futuro meno vuoto.
Quaini medita anche sulla "Convenzione europea del paesaggio", che riguarda anche i contesti degradati e gli ambienti soggetti a forte e indiscriminata pressione, dove lo sviluppo economico tende maggiormente a modificare, snaturare e cancellare le preesistenze: si tratta dei paesaggi rurali dei territori maggiormente insediati e percorsi da intensa viabilità, dove questa sostituzione produce modelli edilizi e usi funzionali omologhi in tutto il Paese, privi di un qualsiasi legame con la storia e la peculiarità del sito. "La maledizione attuale del territorio europeo", come ha detto nel suo intervento, con una felice espressione, Bruno Vecchio, docente di Geografia all'Università di Firenze.
Gli ha fatto eco Franca Canigiani, docente nello stesso ateneo, quando ha osservato come un paesaggio degradato non possa più produrre ricchezza (e che di questo, però, non ci sia sufficiente consapevolezza), come ci sia bisogno di produrre sistematiche inchieste sul territorio, come sia fondamentale il ruolo dell'educazione. Sia Quaini che Canigiani, infine, hanno insistito sulla necessità di poter contare su "osservatori del paesaggio", anche per specifici temi. Osservatori, soprattutto, vicini al contesto, posti a livello comunale, perché la contabilità del consumo del suolo e delle modificazioni in atto si deve realizzare a contatto con il luogo che si vive.
I paesaggi italiani. Fra nostalgia e trasformazione, Roma, Società Geografica Italiana, 2009, 204 pagine, 30,00 euro.
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