Rivista "IBC" XVIII, 2010, 3
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"Siamo qua con canti e suoni", il titolo scelto per la mostra fotografica di Giovanni Zaffagnini allestita presso la sala mostre della Biblioteca di storia contemporanea "Alfredo Oriani" di Ravenna dal 5 al 20 giugno 2010, è un verso tratto dalla strofa iniziale di un testo della "pasquella" raccolto da Giuseppe Bellosi e dallo stesso Zaffagnini a Sant'Egidio di Cesena nel 1980. Esso fa riferimento all'oggetto delle fotografie esposte, espresso più dettagliatamente dal sottotitolo della mostra e del relativo catalogo: "I canti rituali dell'Epifania e di Calendimaggio in Romagna".1
La mostra si inserisce nelle iniziative del Centro per il dialetto romagnolo, istituito nel 2008 dalla Fondazione Casa di Oriani, insieme alla Provincia di Ravenna, presso la casa di Umberto Foschi a Castiglione di Cervia, donata all'istituzione ravennate dalla moglie Alda.2 L'allestimento è a cura di Wladimiro Bendandi (D+), mentre in collaborazione con Giuliano Ciabatta (Audio Enjoy) è stato realizzato uno slide show che presenta fotografie di Zaffagnini accompagnate da registrazioni dei canti della "pasquella" e del "maggio" effettuate da Bellosi, tratte dall'archivio del Centro per il dialetto romagnolo, e frammenti di un'intervista allo stesso Bellosi realizzata da chi scrive. La mostra è stata allestita con il contributo della Federazione delle cooperative della provincia di Ravenna.
Oggetto della mostra, si diceva, sono i canti rituali che si svolgono in periodi particolarmente significativi dell'anno, la vigilia dell'Epifania e del primo maggio, momenti nei quali sono documentati eventi rituali in gran parte d'Europa. I canti eseguiti in queste circostanze costituiscono in Romagna i repertori vocali che si sono più facilmente adattati alle trasformazioni culturali e sociali avvenute dal secondo dopoguerra, al punto da essere ancora in uso in buona parte delle aree che la ricerca di Bellosi e Zaffagnini aveva messo in luce.
La vigilia dell'Epifania e del primo maggio hanno luogo rispettivamente la "pasquella" e il "maggio delle anime purganti": si tratta di questue che si svolgono preferibilmente nelle ore notturne e che comprendono l'esecuzione di canti (in italiano), intonati dagli stessi partecipanti alla questua, in genere con accompagnamento di strumenti musicali. Le ricerche di Bellosi e Zaffagnini su questi repertori sono cominciate nella seconda metà degli anni Settanta, nell'ambito dell'indagine etnografica che stavano conducendo su folklore, dialetto e cultura materiale, indagine che li portò a setacciare tutto il territorio compreso entro i confini linguistici della Romagna fino ai primi anni Novanta. Proprio la loro ricerca ha contribuito a definire la portata di questi fenomeni, a individuare le diverse modalità di svolgimento dei riti e a registrare su audiocassetta i repertori cantati (compito che si assumeva Bellosi; a Zaffagnini spettava la documentazione fotografica).
La pasquella, secondo quanto raccolto dai due ricercatori, ha luogo in un'area compresa, approssimativamente, tra i fiumi Montone e Conca, e interessa le aree costiere del Cesenate, del Cervese e del Riminese. Le prime notizie di cui potevano disporre sull'esistenza della pasquella erano di carattere bibliografico e provenivano dall'opera di Michele Placucci Usi, e pregiudizi de' contadini della Romagna (1818) e dalla monografia su Galeata di Domenico Mambrini (Galeata nella storia e nell'arte, 1935). Poi, però, fu il confronto con altri ricercatori attivi in Emilia-Romagna a stimolare l'indagine sul campo: in particolare, una sollecitazione di Stefano Cammelli, noto soprattutto per le ricerche sulla musica da ballo nella valle del Savena. Intorno al 1977, Cammelli aveva comunicato a Bellosi e Zaffagnini di essere stato a registrare la pasquella nella zona di Premilcuore. Da quel momento partì la ricerca sistematica, i cui primi appunti nei ricchissimi diari di Bellosi risalgono al 1978, quando, dopo una prima indagine telefonica, i due ricercatori scelsero di cominciare le registrazioni da Camposonaldo di Santa Sofia.
Nei quasi quindici anni in cui si è svolta l'inchiesta sul campo, è stato possibile definire due modalità di svolgimento della pasquella, che comportano differenze tutt'altro che trascurabili nel repertorio di canti proposti. Nelle aree collinari delle valli del Montone, del Rabbi, del Bidente e del Borello, il gruppo dei "pasqualotti" canta, fuori dalla porta di ogni casa, il canto della pasquella, che evoca il Natale e l'arrivo dei re magi, in genere con accompagnamento di fisarmonica. Segue immediatamente il canto dei "rispetti" (coppie di endecasillabi improvvisati o creati sulla base di un repertorio tradizionale), eseguito da uno o due cantori a turno, con accompagnamento di fisarmonica: si tratta di versi di saluto e di augurio alla famiglia ospitante. Terminati i rispetti, i pasqualotti entrano insieme a "befana" e "befanotto" (due uomini mascherati): viene offerto loro da bere e da mangiare, e si balla all'interno della casa. Prima di uscire, uno o due pasqualotti salutano e porgono auguri al padrone di casa e alle donne presenti, sotto forma di ottave di endecasillabi cantate a voce sola.
Nelle aree del Cervese, del Cesenate e del Riminese, invece, il rito è più semplice e breve: i pasqualotti, con la befana (anche in questo caso, un uomo mascherato), cantano solo il testo della pasquella (che contiene la richiesta del permesso di entrare, e talvolta pure di cibo, e un ringraziamento) e lo fanno in parte all'esterno della casa, in parte all'interno. Se nei territori fin qui menzionati il canto della pasquella è tendenzialmente tradizionale (anche se sono attestati pure testi scritti recentemente), nell'area di Bagno di Romagna è documentata la presenza di testi d'autore, composti anno per anno e di carattere sacro o profano.
Le fotografie relative alla pasquella presentate in mostra si riferiscono in particolare alle valli del Bidente e del Rabbi e alle aree del Cervese e del Cesenate. Le immagini illustrano i momenti del rituale sopra descritti, con particolare attenzione alla gestualità di cantori e suonatori e degli altri partecipanti al rito. Pur nella evidente autorialità del fotografo, un occhio attento può desumere dati ancora oggi meritevoli di attenzione etnografica: l'adozione di un "costume" da parte dei pasqualotti, la presenza di soli uomini tra i cantori e tra coloro che impersonano befana e befanotto (in realtà, già all'epoca delle prime ricerche di Bellosi e Zaffagnini, tra i pasqualotti cominciavano a essere ammesse le donne), l'introduzione di nuovi personaggi come i re magi, le "spettacolarizzazioni" del rito che, in alcune località, si verificavano a partire dai primi anni Ottanta.
Per quanto riguarda il maggio delle anime purganti, il rito prevede anche in questo caso un gruppo di cantori che si muove di casa in casa e che viene accolto con un rinfresco preparato dalla famiglia ospitante, tuttavia avviene anche un dono in denaro, dato che la questua è volta a raccogliere offerte per far celebrare messe in onore delle anime del purgatorio e per le esigenze della parrocchia. Il maggio delle anime ha luogo nella valle del Senio e nell'alta valle del Santerno, in un'area (San Pellegrino di Firenzuola e Casetta di Tiara), che dal punto di vista amministrativo fa parte della Toscana, ma nella quale si parla ancora un dialetto romagnolo. Nell'area di Casola Valsenio, quando vi si recarono Bellosi e Zaffagnini nei primi anni Ottanta, il maggio era stato ripreso da poco, dopo anni di interruzione.
Nel caso del maggio, la ricerca fu sollecitata dai colloqui con Matteo Cavina ("Maciulì", 1897-1976) di Monte Mauro (Brisighella), depositario di orazioni, proverbi, indovinelli e stornelli, che Bellosi e Zaffagnini avevano a più riprese intervistato nel 1974 e nel 1976. Il maggio delle anime, infatti, doveva essere un tempo diffuso anche nella valle del Lamone, ma le uniche conoscenze disponibili all'epoca erano le informazioni fornite da "Maciulì" e alcuni frammenti del canto che egli stesso ricordava.
Anche in questo caso, la ricerca iniziò nel 1978, quando Bellosi e Zaffagnini cominciarono a risalire la valle del Senio paese per paese chiedendo informazioni, finché da Palazzuolo decisero di spostarsi nella valle parallela, quella del Santerno. A San Pellegrino di Firenzuola e a Casetta di Tiara, il testo cantato fa riferimento alle anime del purgatorio e alla necessità di far dire messe a loro favore; quello di Casola Valsenio, invece, contiene anche riferimenti alla rinascita della vegetazione e auguri alle ragazze da marito, elementi che tradiscono l'origine precristiana del rito.
In entrambi i casi, si tratta di rituali documentati non solo in Romagna, ma anche in altre parti della penisola italiana. Riti di inizio d'anno si svolgono anche nell'arco alpino (la "stella") e in Italia centrale (dove le questue dell'Epifania prendono il nome di "pasquelle", "pasquette" o "befanate"), mentre il maggio è celebrato in vari modi nella penisola italiana: sono documentate, infatti, numerose manifestazioni legate alla rinascita della vegetazione, tra cui canti di questua e raccolta di cibo, uova e vino, e in alcuni luoghi l'innalzamento dell'albero del maggio.3 Il maggio delle anime purganti, fuori dalla Romagna, si svolge soprattutto in Emilia, e più sporadicamente in Italia centrale. Non sappiamo esattamente quando le questue di calendimaggio siano state cristianizzate, tuttavia a San Pellegrino di Firenzuola questo era già avvenuto all'inizio del Novecento: Stefano Casini, infatti, nel suo Dizionario biografico geografico storico del Comune di Firenzuola del 1914, presenta già il "cantar maggio" come "maggio delle anime purganti".
Le registrazioni della pasquella e del maggio, le interviste sopra menzionate a informatori importantissimi per la ricerca di Bellosi e Zaffagnini, e gli stessi diari di ricerca di Bellosi sono attualmente conservati presso il Centro per il dialetto romagnolo. Scopo del Centro è la raccolta sistematica della documentazione relativa ai beni linguistici, ai patrimoni di conoscenze di tradizione orale e alla cultura materiale nella zona compresa entro i confini linguistici della Romagna. Il progetto prevede la creazione di un fondo bibliografico specialistico e la creazione di un archivio di fonti orali, tramite l'acquisizione di registrazioni già esistenti e l'avvio di nuove ricerche sul campo. Si sono intraprese di recente la digitalizzazione e la catalogazione di due importanti raccolte di registrazioni, effettuate partire dagli anni Settanta: quella di Bellosi e quella di Alessandro Sistri.
Le attività finora svolte si sono avvalse della preziosa collaborazione del Laboratorio musicale del Dipartimento di storie e metodi per la conservazione dei beni culturali dell'Università di Bologna (presso il quale avvengono le digitalizzazioni) e dell'Archivio di etnografia e storia sociale della Regione Lombardia, che ha consentito la realizzazione della banca dati attualmente consultabile sul web (www.casafoschi.it).
Note
(1) G. Zaffagnini, Siamo qua con canti e suoni. I canti rituali dell'Epifania e di Calendimaggio in Romagna, Ravenna, Angelo Longo Editore, 2010.
(2) Si veda in proposito: E. Dirani, Nel culto delle parole, "IBC", XIV, 2006, 1, pp. 24-25 [ndr].
(3) Se ne può vedere un esempio suggestivo nel film di Michelangelo Frammartino Le quattro volte (2010), in cui l'albero è il protagonista della festa della Pita, celebrata ogni anno, ai primi di maggio, ad Alessandria del Carretto, nel Cosentino [ndr].
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