Rivista "IBC" XII, 2004, 3

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / linguaggi, progetti e realizzazioni

La legge regionale che tutela e valorizza i dialetti dell'Emilia-Romagna dal 1994 è stata finalmente rifinanziata. Intanto le amministrazioni e le associazioni culturali romagnole più sensibili hanno continuato a seminare il terreno.
Per la lingua di casa

Giuseppe Bellosi
[poeta e studioso del dialetto romagnolo]

Il 21 maggio 2004 il Museo della città di Rimini ha ospitato il convegno "Lingua e dialetti: beni culturali?", promosso dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) e dalla Biblioteca civica "Gambalunga" per riflettere sulla natura, gli usi e lo stato di salute dei dialetti, e sulle strategie politico-amministrative messe in atto nella nostra regione per salvaguardarli: dalla legge regionale 45/1994, recentemente rifinanziata, ai protocolli di intesa firmati dalle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Abbiamo chiesto un contributo a due dei partecipanti al convegno, Giuseppe Bellosi e Giovanni Nadiani, entrambi esperti conoscitori del dialetto romagnolo, entrambi raffinati poeti.


La legge regionale del 7 novembre 1994, n. 45, "Tutela e valorizzazione dei dialetti dell'Emilia-Romagna", gestita dall'IBC, fu finanziata nel '94 e nel '95 con fondi quasi simbolici. Il dialettologo Fabio Foresti fu incaricato di redigerne il progetto di gestione.1 Allora l'IBC realizzò ricerche sulla situazione linguistica e su alcuni lessici settoriali e la Bibliografia dialettale dell'Emilia-Romagna e della Repubblica di San Marino, curata dallo stesso Foresti. Purtroppo l'Amministrazione regionale non aveva evidentemente ancora maturato la convinzione che i dialetti fossero beni culturali da tutelare, tant'è che dal 1996 il finanziamento fu sospeso. Solo di recente, nel 2003, la legge è stata rifinanziata. Tuttavia, indipendentemente dagli interventi regionali, nell'ultimo decennio le amministrazioni comunali e provinciali romagnole e alcune associazioni culturali, più sensibili e in grado di cogliere meglio le esigenze delle comunità locali, hanno continuato a promuovere la valorizzazione dei dialetti.

Nella provincia di Ravenna, ad esempio, la Cooperativa culturale "Una paese vuole conoscersi" di Sant'Alberto ha commissionato a Pietro Sassu e Isa Melli una ricerca sul campo relativa ai canti e alla narrativa popolare (che ha portato alla pubblicazione nel 1991 del volume Romagna: le voci e di due omonime audiocassette),2 e ha affidato a Renzo Cremante la cura dell'edizione critica e commentata dei Sonetti romagnoli di Olindo Guerrini (in preparazione). Il Centro etnografico della civiltà palustre di Villanova di Bagnacavallo ha abbinato alla ricerca sulla lavorazione delle erbe palustri la documentazione del lessico relativo. A Russi l'Associazione "La Grâma" ha compiuto importanti ricerche sui cicli del grano, della canapa, della seta, del formaggio, del maiale, con la produzione di pubblicazioni e audiovisivi.

Dalla metà degli anni Novanta opera inoltre in tutta la Romagna l'Associazione "Friedrich Schürr", che, con i suoi oltre settecento soci, è impegnata nella valorizzazione dei dialetti in particolare in ambito scolastico, con un repertorio di iniziative didattiche ampio e vario: corsi per insegnanti finalizzati alla formazione linguistica, antropologica e musicale, attraverso il recupero dei vari aspetti della cultura folklorica; attività aventi per oggetto il patrimonio culturale romagnolo (fiabe, canti popolari, giochi tradizionali); visite guidate ai musei etnografici ed eventuali approfondimenti in classe; approccio al teatro dialettale; avviamento alla grafia romagnola e confronto di strutture linguistiche italiane e romagnole, ecc. L'associazione tiene corsi presso diverse università per la formazione permanente degli adulti (Ravenna, Cervia, Lugo) e pubblica un proprio periodico, "La Ludla (La Favilla)", con 8-10 numeri all'anno, consultabile anche online nel sito Internet www.racine.ra.it/argaza (tra i collaboratori figura anche il dialettologo Manlio Cortelazzo con la rubrica etimologica Parole romagnole). La "Schürr", attualmente presieduta da Gianfranco Camerani, ha curato inoltre la ristampa di opere di interesse folklorico e dialettologico: nel 2000 Romagna di Icilio Missiroli (I edizione: 1924), nel 2001 Studi sulle tradizioni popolari della Romagna contenente tre saggi di Carlo Piancastelli (pubblicati nel 1903, 1931 e 1933), nel 2002 Usi, e pregiudizj de' contadini della Romagna di Michele Placucci (1818), nel 2003 Romagna popolare. Scritti folklorici 1923-1960 di Luciano De Nardis.3

Nel Riminese un punto di riferimento insostituibile è il Museo degli usi e costumi della gente di Romagna (Santarcangelo), non solo per l'attività espositiva e di studio, ma anche per la realizzazione di laboratori didattici. Il Museo ha inoltre recuperato qualche anno fa presso l'Università di Berna le fotografie e i materiali dialettali relativi alla Romagna raccolti da Paul Scheuermeier negli anni Venti e Trenta nel corso delle ricerche eseguite, sotto la direzione di Karl Jaberg e Jakob Jud, per l'Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera meridionale.4

A metà degli anni Novanta Walter Fabbri, assessore alla cultura del Comune di Ravenna, propose di realizzare, in collaborazione con la Biblioteca Classense, un Centro di documentazione per la parlate locali. Nell'ambito di questo progetto, nel 2000, è stata allestita a Ravenna la mostra bibliografica "Tera bianca, sment negra" con gli innumerevoli testi dialettali e folklorici contenuti in quel monumento alla cultura e alla storia della Romagna che è la Biblioteca di Carlo Piancastelli conservata a Forlì. Inoltre è stata avviata una prima ricerca per la costituzione di un archivio lessicale romagnolo.5

Nell'estate del 2002 l'assessore ai beni e attività culturali della Provincia di Ravenna, Massimo Ricci Maccarini, rilevando il progetto del Comune di Ravenna, vi ha dato una dimensione interprovinciale, coinvolgendo gli assessorati alla cultura delle Province di Forlì-Cesena e di Rimini. Le tre Province romagnole hanno sottoscritto nel gennaio 2004 un protocollo d'intesa per la tutela e valorizzazione del dialetto romagnolo (basato sul progetto preparato da Fabio Foresti per la legge 45 del '94), impegnandosi a coinvolgere nelle iniziative i comuni del proprio territorio.

Tale protocollo prevede la costituzione di un Centro di documentazione e studio dei beni linguistici e demologici romagnoli, con sede a Ravenna, che comprenderà: un Osservatorio linguistico (per monitorare la situazione linguistica attuale), un Archivio dialettale (relativo al lessico, alla fonetica, alla morfologia, alla sintassi), un Archivio toponomastico (per censire sia la toponomastica maggiore sia quella minore), un Archivio delle tradizioni popolari (usanze e credenze del ciclo dell'anno e della vita, canti, favole, proverbi, indovinelli), Archivio della memoria contadina, artigiana e industriale (cicli del lavoro rurale, domestico, artigiano).

I materiali acquisiti saranno conservati in due specifici fondi documentari: un Fondo bibliografico (contenente i contributi a stampa e manoscritti riguardanti i beni linguistici e demologici romagnoli), un Fondo audiovisivo (pubblicazioni discografiche e audiovisive, registrazioni esistenti in raccolte pubbliche e private, registrazioni originali eseguite durante ricerche sul campo promosse dal Centro, materiali fotografici e videoregistrazioni). Sarà inoltre costituita una Biblioteca specialistica con testi di riferimento di carattere generale relativi alla linguistica (e in particolare alla dialettologia), all'antropologia culturale, alla storia della cultura materiale e delle tradizioni popolari, all'etnomusicologia ecc.

Nel contesto della rinnovata attenzione da parte della drammaturgia italiana nei confronti delle "lingue altre" rispetto all'italiano standard, e nell'ambito di un teatro in dialetto di alto livello artistico che ha avuto negli ultimi anni un prepotente sviluppo, trovano spazio "nuove" parlate finora ai margini della tradizione teatrale come, ad esempio, il romagnolo, grazie ai lavori drammaturgici di grandi poeti come Raffaello Baldini e Nevio Spadoni, messi in scena da Ivano Marescotti, da Ermanna Montanari e Marco Martinelli. Il progetto intende favorire in Romagna lo sviluppo del teatro dialettale di ricerca, avvalendosi in particolare della consulenza di Marescotti e di Silvio Castiglioni.6

La valorizzazione della poesia e della letteratura dialettale è affidata all'Archivio di documentazione della poesia dialettale romagnola, istituito dalla Provincia di Rimini e dal Comune di Santarcangelo, con sede nel paese di Tonino Guerra, Nino Pedretti, Raffaello Baldini e Gianni Fucci, poeti che costituiscono un caso singolarissimo all'interno di quel fenomeno unico che la poesia in dialetto romagnolo è nel panorama letterario nazionale. L'Archivio non solo provvederà a conservare testi manoscritti e a stampa dei diversi generi che costituiscono la variegata dialettalità romagnola, ma realizzerà anche iniziative di studio e di promozione. È già stata avviata a una campagna di registrazione degli autori che recitano le proprie poesie, al fine di produrre CD e video.

Nell'ambito del rapporto tra dialetto e musica, alla cui promozione si dedicherà la Provincia di Forlì-Cesena, vanno citate le esperienze innovative di alcuni gruppi musicali giovanili (ad esempio I Musici, Quinzân, L'Uva grisa, I Blëch de sabat, Pneumatica emiliano romagnola), e specialmente il connubio poesia-musica realizzato da Daniela Piccari con Andrea Alessi e Simone Zanchini, e da Giovanni Nadiani con il Faxtet.

L'intento di tutte queste iniziative è di allontanare i dialetti da un uso di basso profilo, "folkloristico" e nostalgico, e da strumentalizzazioni populistiche che porterebbero all'isolamento linguistico e all'impoverimento culturale. Ma ad affermare l'appartenenza a pieno titolo dei dialetti romagnoli al complesso dei beni culturali e a dare continuità alle attività di ricerca e valorizzazione avviate potrebbe contribuire in maniera determinante la creazione di un insegnamento di Dialettologia presso la Facoltà di Conservazione dei beni culturali esistente a Ravenna. L'assenza attuale è sintomatica: ci fa capire come la concezione di bene culturale sia purtroppo ancora per lo più limitata, come osserva Tullio De Mauro, "a beni inventariabili, a produzioni, cioè, i cui risultati abbiano una massa, un volume, siano palpabili e soppesabili": una concezione che "lascia fuori o ai margini ciò che si affida a memorie, suoni, gesti, parole".


Note

(1) Si veda in proposito: F. Foresti, Le proposte dell'IBC, "IBC", IV, 1996, 4, pp. 51-55 (l'articolo fa parte del dossier Intorno ai dialetti, a cura di R. Campioni, F. Niccoli, M. Tozzi Fontana).

(2) Romagna: le voci. Ricerca sul folklore di Sant'Alberto di Ravenna, a cura di P. Sassu, Ravenna, Longo Editore, 1991.

(3) A parte Romagna, di I. Missiroli, edito direttamente dalla Associazione Istituto Friedrich Schürr (ristampa anastatica dell'edizione Bemporad del 1924), tutti gli altri volumi citati sono stati editi dall'Editrice La Mandragora di Imola (www.editricelamandragora.it).

(4) Si veda in proposito: A. M. Baratelli, Romagna inedita. Il fondo Scheuermeier del Museo etnografico di Santarcangelo, "IBC", VII, 1999, 4, pp. 19-21 (il fascicolo era interamente illustrato dalle fotografie del fondo Scheuermeier).

(5) Si veda in proposito: G. Bellosi, Seminare la lingua... Un centro di documentazione sul dialetto e la cultura romagnoli, "IBC", IX, 2001, 1, pp. 11-13.

(6) A proposito del progetto che coinvolge Raffaello Baldini e Ivano Marescotti si veda su questo stesso numero di "IBC": V. Ferorelli, Tutto il rumore del mondo.

 

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