Rivista "IBC" XIV, 2006, 1
biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni, storie e personaggi
Nell'autunno di cinque anni fa la Romagna ha perduto uno dei suoi studiosi più amati e prolifici, sicuramente da collocare nella cerchia ristretta di coloro che alla Romagna hanno dedicato una vita di studi, di raccolta di fonti, di produzione di repertori, particolarmente sul versante della cultura e delle tradizioni popolari. Il professor Umberto Foschi, nato nel 1916 a Castiglione di Cervia, laureatosi in Lettere a Urbino e vissuto tra il paese natale e Ravenna, potrebbe essere definito fondamentalmente un demologo, se la qualifica non rischiasse di essere riduttiva per questo indagatore della storia e della cultura della nostra terra, assistito da una passione per le tradizioni folkloriche, letterarie, artistiche, religiose, linguistiche che non è venuta meno neppure negli ultimi mesi di vita. Passione e competenza, occorre aggiungere, affiancate da una capacità di lavoro che aveva del prodigioso, come dimostrano le 360 notizie bibliografiche collegate col suo nome nella Rete bibliotecaria di Romagna (Servizio bibliotecario nazionale - SBN). Del tutto privo della presunzione e della spocchia che talvolta costituiscono il lato meno gradevole della personalità dei dotti, Foschi era rimasto l'uomo umile, gentile, generoso cui ognuno di noi si rivolgeva per notizie di non facile reperimento, e lui interrogava il suo archivio, le schede, i quaderni di appunti - mare magnum nel quale sapeva navigare con sicurezza, pur servendosi di una strumentazione poco più sofisticata di quella di Ulisse - e metteva a disposizione l'informazione che gli era costata pazienza e fatica.
Questa premessa sull'uomo e sullo studioso, schizzata alla buona a uso dei non romagnoli, non presume di costituire qualcosa di più di quel che in effetti è: la testimonianza di un amico e di uno che gli è stato collega per qualche anno nell'insegnamento, nella quale però l'affetto e l'amicizia non influenzano minimamente quel poco che qui si scrive su Umberto Foschi e sulle sue ricerche, come breve, doverosa introduzione al tema principale di questa nota, costituito dalla donazione alla Fondazione "Casa di Oriani" della casa, della biblioteca, dell'archivio da parte della vedova di Foschi, la signora Alda, per decenni docente nel Liceo classico di Ravenna. Ovviamente, la notizia di questo importante evento va integrata coi progetti culturali a cui già si sta lavorando.
Penso che sia opportuno aggiungere qualcosa di meno generico sulla produzione scientifica di Foschi, non allo scopo di anticipare un abbozzo di quella che sarà una bibliografia completa e sistematica - e che rientra nei compiti che ci competono -, ma per delineare il percorso intellettuale di uno studioso che si è formato, dopo la laurea, al di fuori delle sedi accademiche, senza "tutori", senza l'assillo dell'acquisizione di titoli per eventuali carriere universitarie o di altra natura. Il filo rosso che è riconoscibile nell'intero cinquantennio di lavoro di Foschi, e che ne rende coerenti i risultati, è la passione per la sua terra e per la sua gente, l'interesse per i documenti letterari qui prodotti, soprattutto per le falde più profonde, "basse", della cultura, dell'immaginario, del linguaggio, della devozione, della sensibilità popolari. Con la stessa passione - e guidato dal convincimento, così ben radicato in lui, figlio di un artigiano, che i manufatti dell'uomo hanno la stessa dignità e la stessa importanza dei beni "immateriali" (chissà se si era mai imbattuto nell'Ėloge de la main di Focillon? Si direbbe comunque che un incontro del genere, a parte il piacere della lettura, nulla avrebbe potuto aggiungere a ciò che Foschi già ben sapeva) - con la stessa passione, si diceva, egli ha indagato quella che chiamiamo la cultura materiale dei romagnoli, inscritta nei luoghi e negli oggetti del culto, negli attrezzi del lavoro, nelle abitazioni, nella morfologia dei campi, nelle barche dei pescatori, negli ex voto dei naïfs, nelle stampe popolari.
Foschi demologo, dunque (ma temo che la qualifica lo avrebbe fatto sorridere). Come non ricordare la sua lunga collaborazione a "La Piê" di Aldo Spallicci, di cui fu anche condirettore? E gli innumerevoli contributi disseminati in altri periodici, numeri unici, volumi collettanei, per non dire delle curatele, delle prefazioni? Ma su questo terreno, che fu forse quello che egli predilesse, restano di lui alcuni lavori dai quali pare proprio difficile prescindere (e non soltanto in ambito romagnolo, visto che romagnolo non era Giovanni Pozzi e romagnolo non è Gian Luigi Beccaria, per fare un paio di nomi di studiosi che si sono avvalsi di testi di Foschi). Mi riferisco particolarmente a La poesia popolare religiosa in Romagna (Rimini, Maggioli, 1969), anticipato in qualche modo dalle Preghiere in dialetto romagnolo recitate durante la messa e la giornata, presentate al secondo convegno di studi sul folklore padano (Modena, 1965), e al non meno importante La poesia popolare romagnola (1970). Un repertorio che gli deve essere costato anni di lavoro e che si trova nei ripiani riservati agli strumenti di consultazione nelle biblioteche dei romagnoli è I Canti popolari della vecchia Romagna (Maggioli, 1974, in due grossi volumi), raccolta di ninne nanne, dirindine, canti infantili, "Pasquèli", serenate, maggiolate, stornelli e altro. Sul versante più propriamente dialettologico Foschi, che pure non aveva alle spalle una formazione glottologica, va ricordato almeno per i Modi di dire romagnoli (Ravenna, Longo Editore, 1972), per Par mod d'un dî. Modi di dire romagnoli (1975) e per Proverbi romagnoli: cinquemila proverbi rimati della civiltà contadina romagnola (Maggioli, 1980).
A Ravenna tutti sanno che Foschi - come studioso, non come frequentatore di salotti - aveva libero accesso alle dimore patrizie, al punto che solo lui aveva le chiavi di palazzo Rasponi-Murat, anche per le sale non più abitate. Aveva un debole per le contesse, dice scherzosamente la signora Alda. La verità è che lì, e non altrove, poteva vedere e studiare opere d'arte, mobili, oggetti, libri, archivi soprattutto. Ne ha scritto in centinaia di occasioni, in qualche caso in sedi di non facile reperimento. Per questo si provvederà a raccogliere in volume i suoi scritti sulle ville romagnole, mentre si ricorda che dal 2001 è disponibile la terza edizione di Case e famiglie della vecchia Ravenna (Longo), pubblicato nel lontano 1970. Soltanto nelle biblioteche pubbliche e private, invece, sono consultabili il volume sulle rocche e castelli di Romagna e le raccolte di immagini della Ravenna di un tempo. Di altro, di tanto altro, si dovrebbe dire, se ci fosse spazio in questa sede e se io ne avessi la competenza necessaria. Sarebbe però imperdonabile scorrettezza non ricordare che Foschi ha dedicato alla sua città natale, Cervia, numerosi e fondamentali studi, recentemente raccolti in un cofanetto in segno di riconoscenza (Tipografia Artestampa).
Quanto fin qui s'è detto non basta a presentare, sulle pagine di "IBC", un autore e la sua opera. Sarebbe già molto se, dalle informazioni sommariamente fornite, ci si potesse fare un'idea di che natura e consistenza sia la donazione che il 29 giugno la signora Alda Foschi ha fatto alla Fondazione "Casa di Oriani". Che consiste, intanto, in una bella villetta con parco a Castiglione di Cervia, separato da Castiglione di Ravenna dal fiume Savio (entrambi i paesi distano una ventina di chilometri da Ravenna). La casa ci è stata consegnata così come Umberto l'aveva lasciata, arredata con una suppellettile che costituisce di per sé un documento di quella che è stata l'evoluzione del gusto nei paesi e nelle campagne della Romagna negli ultimi tre secoli. A questo proposito, come non ricordare che da venticinque anni la Fondazione "Casa di Oriani" (già Ente) possiede a Càsola Valsenio il Cardello, dimora di Alfredo Oriani, ne cura la conservazione e l'ha inserito nel sistema museale della Provincia di Ravenna ( www.fondazionecasadioriani.it)?
Si tratta di dimore diverse per storia e tipologia, appunto per questo complementari e suscettibili di un uso culturale pubblico articolato e differenziato. Ma il punto di forza della donazione è costituito dalla biblioteca, frutto di una vita di acquisizioni accuratamente selezionate, in qualche modo autoritratto di uno studioso dagli interessi molteplici ma ruotanti attorno a un nucleo ben preciso, che è quello di cui s'è detto ricordando i lavori più significativi di Umberto Foschi. Questi circa diecimila volumi, già inventariati, diverranno, una volta messi nella rete romagnola del SBN, uno strumento di ricerca che si affiancherà a quelli già esistenti, alimentando gli studi sulla cultura romagnola, particolarmente per gli estesi settori di cui Foschi si è occupato con passione e competenza. Se alla biblioteca si aggiungono l'archivio personale dello studioso e le parti di archivi privati che egli è riuscito a salvare dalla dispersione e dalla distruzione, se ne conclude agevolmente che la donazione Foschi costituisce un evento culturale di elevata potenzialità.
Progetti per i prossimi anni, a partire dal 2006? Intanto, si è già provveduto d'urgenza a dotare la casa di un adeguato impianto di sicurezza e a sfoltire la vegetazione arborea che stava invadendo parti dell'edificio, minacciandone il tetto. È pronto il progetto di messa a norma dell'impianto elettrico, che sarà realizzato nelle prossime settimane. Per questi primi interventi si può contare su un contributo della Provincia, integrato da uno analogo dell'Istituto regionale per i beni culturali. Nel frattempo la Fondazione ha aderito, su invito dell'Assessorato alla cultura della Provincia, al "Centro di documentazione e studio dei beni linguistici e demologici romagnoli",1 che avrà la sua sede proprio nella casa Foschi (la convenzione tra Provincia e Fondazione sarà firmata entro l'anno).
Obiettivo principale del Centro è la creazione di un archivio dialettale, di un archivio delle tradizioni popolari e della memoria contadina, di un archivio della letteratura dialettale. Del comitato scientifico, presieduto da Giuseppe Bellosi, fanno parte gli studiosi ravennati più qualificati (la Fondazione vi ha designato il direttore Dante Bolognesi). Intorno a questo nucleo ruoteranno altre attività culturali, promosse dal Centro o dalla Fondazione, quali seminari di studio, concorsi, spettacoli, pubblicazioni di saggi dello studioso scomparso e su di lui, borse di studio finalizzate a ricerche sulla cultura popolare romagnola, e altro. In tutta questa attività la Fondazione e il Centro intendono coinvolgere i Comuni della provincia nonché le associazioni che si occupano dello studio e della valorizzazione del dialetto e delle tradizioni popolari. Insomma, quello che sta nascendo non si propone di essere soltanto un laboratorio di ricerca, ma un centro culturale vivo, promotore di manifestazioni e valorizzatore di energie.
Nota
(1) Si veda in proposito: G. Bellosi, Seminare la lingua..., "IBC", IX, 2001, 1, pp. 11-13.
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