Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
Da cinque anni a questa parte, i Musei San Domenico di Forlì organizzano mostre che, prendendo spunto da una presenza autoctona, vanno a intrecciarsi con la realtà nazionale per poi, innervatesi di nuovi elementi, aprirsi a una dimensione internazionale, secondo un modello e una filosofia riconoscibili e collaudati. Il punto d'avvio dell'esposizione del 2010 (24 gennaio - 20 giugno) non è stata una personalità ben identificata, ma un'immagine che assume un valore simbolico: una fiasca, oggetto popolare, povero, di per sé privo delle attrattive che lo possano innalzare a soggetto protagonista di un quadro, a meno di non voler infrangere regole scritte e resistenze psicologiche ancora forti nel Seicento. Alla prima parte del secolo del Barocco, infatti, fra il 1625 e il 1630, si fa risalire la Fiasca impagliata con fiori o Fiasca fiorita, che sorprendeva i visitatori al termine della scalinata che porta al piano superiore dei Musei.
Ciò che può colpire a un primo sguardo, in questa natura morta anonima, è l'uso improprio, quasi promiscuo, del recipiente. La fiasca, comunemente usata per il trasporto di liquidi o anche di polvere da sparo, diventa qui (per usare la terminologia contemporanea) un oggetto riciclato. Ma se le implicazioni odierne di questa pratica sono di natura ambientale ed economica, nella Fiasca fiorita hanno il sopravvento considerazioni simboliche. Che si tratti di un oggetto di recupero sembrano dimostrarlo sia l'impagliatura sfilacciata e consunta, sia l'imboccatura rotta, che rimanda alle mescite di allegre combriccole. Siamo, allora, di fronte a una sfida alle convenzioni dell'epoca, quando "la pittura doveva educare e raccontare storie edificanti e così dipingere soggetti inanimati non competeva ai grandi maestri". Così leggiamo, all'inizio del catalogo edito da Silvana Editoriale, nel saggio Un percorso tra i fiori in pittura, al di fuori dei generi, scritto in collaborazione dai curatori: Daniele Benati, Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti.
Questo vizio italico dell'altisonanza, probabile eredità dell'Umanesimo, è sbeffeggiato dall'autore della Fiasca fiorita, che dovette scandalizzare ancor di più i benpensanti seicenteschi, per il contrasto inaudito tra la sfrontata bruttezza del contenitore e lo splendore di fiori probabilmente ritratti dal vero. Forse fu proprio quest'affronto alla sensibilità dell'epoca a suggerire all'autore della Fiasca di restare nell'anonimato, anche se alcuni decenni prima gli era venuto in aiuto la dichiarazione del Caravaggio: "Tanta manifattura richiede fare un buon quadro di fiori, come di figure". Parole che contribuiranno a formare la mentalità moderna, affrancandola dall'equazione per cui a un quadro ben dipinto deve corrispondere un bel soggetto. Nel saggio Il corpo e l'anima dei fiori, Marco Antonio Bazzocchi indaga finemente le suggestioni indotte dalla pittura floreale sulle creazioni poetiche, letterarie e cinematografiche, attraverso i pensieri e le immagini di Goethe, Rousseau, Baudelaire, Proust e Chaplin: la storia dei fiori "mostra come l'uomo, non solo attraverso la pittura, ha cercato di superare i limiti imposti dai sensi. Dai tulipani fiamminghi alle ninfee di Proust (e di Monet) i fiori scritti e dipinti sono anche sguardi aperti su un'altra dimensione".
Fiori. Natura e Simbolo dal Seicento a Van Gogh, a cura di D. Benati, F. Mazzocca, A. Morandotti, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2010, 384 pagine, 35,00 euro.
Azioni sul documento