Rivista "IBC" XVIII, 2010, 1
biblioteche e archivi / convegni e seminari, pubblicazioni, storie e personaggi
Nella collana "ERBA - Emilia Romagna Biblioteche Archivi" dell'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna sono stati pubblicati gli atti del convegno internazionale di studi, tenutosi a Forlì tra l'11 e il 13 ottobre 2007, sulla vita, l'opera e il catalogo dell'editore cinquecentesco Francesco Marcolini. Il corposo volume (più di 500 pagine), riccamente illustrato, è stato curato con grande acribia da Paolo Procaccioli, Paolo Temeroli e Vanni Tesei, che oltre ad aver presentato personali interventi al convegno, lo hanno anche progettato e organizzato.1
Il convegno non costituisce un evento isolato, ma si pone come punto di riflessione all'interno di un progetto più ampio, che coinvolge numerose istituzioni, unite nel nome della ricerca sulla figura di Marcolini: dalla Biblioteca comunale "Aurelio Saffi" di Forlì al gruppo di ricerca interuniversitario "Cinquecento plurale", dalla Fondazione "Benetton" studi e ricerche al Comune di Forlì, dalla Fondazione Cassa di risparmio di Forlì alla Soprintendenza per i librari e documentari della Regione Emilia-Romagna, dalla Fondazione "Livio e Maria Garzanti" alla Provincia di Forlì-Cesena.
I primi risultati del progetto si erano già avuti nel 2006 e 2007, con la pubblicazione (in coedizione Fondazione "Benetton" studi e ricerche - Viella libreria editrice) di tre volumi dedicati a Le Sorti, l'opera di cui Marcolini fu ideatore, editore e tipografo. Il primo volume presenta i Terzetti per Le Sorti, scritti da Lodovico Dolce, in edizione critica e con commento di Paolo Procaccioli. Il secondo volume contiene la ristampa anastatica della prima edizione de Le Sorti intitolate giardino d'i pensieri di Francesco Marcolini, con una nota sempre di Procaccioli. Il terzo, infine, raccoglie gli Studi per le "Sorti", saggi di ricerca su questa famosissima edizione.
Gli studi marcoliniani vantano una lunga tradizione. Nel 1850 Raffaele De Minicis pubblica le Memorie biografiche intorno al tipografo Francesco Marcolini da Forlì con catalogo ragionato di opere stampate dal medesimo. Il catalogo è curato da don Gaetano Zaccaria, che risulta quindi essere il primo ad aver pubblicato gli annali tipografici del nostro editore, con l'aggiunta di un'Appendice e correzioni nel 1853. Tuttavia Scipione Casali, tipografo forlivese figlio di tipografo, aveva fin dal 1826 iniziato a lavorare alla ricostruzione del catalogo dell'editore, ma i suoi Annali della tipografia veneziana di Francesco Marcolini furono pubblicati solo negli anni 1861-1865. La ripresa degli studi in anni più recenti si deve ad Amedeo Quondam, con un articolo apparso nel 1980 sul "Giornale storico della letteratura italiana", in cui vengono discussi i rapporti tra il forlivese, Aretino e Doni.
Le integrazioni più notevoli agli Annali di Casali sono state apportate una decina d'anni fa da Dennis Rhodes, che in Silent Printers ha individuato ben 32 edizioni datate tra il 1550 e il 1557 in cui Marcolini risulta collaborare, come stampatore, con altri editori, soprattutto con Plinio Pietrasanta. Il numero complessivo delle edizioni presenti in EDIT16 - Censimento nazionale delle edizioni italiane del XVI secolo ammonta a 126 (edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/imain.htm; ultima consultazione: 8 novembre 2009), un catalogo tutto sommato limitato se confrontato per esempio a quello, vastissimo, di Gabriele Giolito. Il paragone non è del tutto casuale: entrambi arrivano a Venezia da altre città (Forlì e Trino), iniziano a stampare negli stessi anni, si affidano agli stessi autori. Eppure intraprendono strade diverse. Quello marcoliniano, come afferma Procaccioli, "è un catalogo che, senza essere l'unico, è tra i non moltissimi che nel primo secolo della stampa si possano definire d'autore".2 La scelta delle opere rispecchia quindi i gusti e le preferenze di Marcolini.
I saggi pubblicati nel volume sono divisi in sei sezioni, che vanno a delineare un panorama che dal contesto si sposta prima all'analisi del catalogo, poi al testo con cui si identifica Marcolini in quanto autore (Le Sorti), per delineare poi la componente storico-artistica del catalogo e infine la fortuna critica di Marcolini.
I contesti, per Marcolini come per moltissimi tipografi che operano a Venezia, sono due, perché si devono sempre tenere presenti i paesi d'origine di coloro che si riversano nella città lagunare per cercare fortuna nel mercato editoriale più grande d'Europa, portando un bagaglio di esperienze e conoscenze accumulate in altre realtà. Si parte dunque dalla Romagna, di cui Angelo Turchini traccia un breve panorama relativo alla Politica, società e cultura a Forlì nel primo Cinquecento. I contatti della regione con Venezia sono frequenti e Anna Colombi Ferretti li individua anche nella storia dell'arte. La strada che da Forlì porta a Venezia viene percorsa, prima che da Marcolini, da due fratelli tipografi, i De Gregori, attivi nella Serenissima dal 1483 al 1528. Secondo Fabio Massimo Bertolo, sia nei volumi dei De Gregori sia in quelli di Marcolini è presente una grande cura editoriale e i loro cataloghi rivelano alcuni punti in comune. Curiosamente, dopo la morte di Giovanni nel 1505, Gregorio interrompe l'attività solo nell'anno successivo all'arrivo a Venezia di Marcolini, probabilmente a causa dell'incendio che nel 1529 devasta i magazzini del convento di Santo Stefano, affittati per la gran parte a tipografi.
Il secondo contesto delineato è quello veneziano. Piero Lucchi recupera, attraverso indagini d'archivio, Nuove tessere veneziane per la vita perduta di Francesco Marcolini. Senza queste informazioni "il 'Marcolino' può apparire come un personaggio di Italo Calvino che vive solo sugli alberi di uno spazio bibliografico, balzando da un ramo all'altro come una citazione";3 invece è possibile ricostruire i suoi spostamenti di domicilio in città, i suoi rapporti con alcune famiglie patrizie, la sua conoscenza di Tintoretto documentata dalla sottoscrizione di entrambi come testimoni in un testamento del 1544. L'immagine dell'editore, come appare dal suo catalogo, va quindi a saldarsi con dati documentali che le donano concretezza.
Paolo Temeroli, che ha avviato una revisione degli annali di Casali, si sofferma su La stampa tra Forlì e Venezia da Paolo Guarini a Francesco Marcolini, delineando la difficile affermazione dell'arte impressoria a Forlì e l'emigrazione veneziana dei De Gregori e di Marcolini, che tuttavia continuano a mantenere rapporti con la città d'origine. La situazione della tipografia in laguna all'arrivo di Marcolini è ben ricostruita da Lorenzo Baldacchini in Libri in volgare e strategie editoriali a Venezia tra gli anni Venti e Trenta del Cinquecento. L'affermarsi del volgare come lingua per la stampa è strabiliante: si passa dal 17% di testi in volgare sul totale dei volumi pubblicati nel 1501, al 33% nel 1507, fino ad arrivare al 50%. L'emergere di nuovi lettori porta gli editori a individuare nuove strategie, e da qui nasce la scelta di incrementare la produzione in volgare. Alcuni fanno del volgare la propria bandiera, come Nicolò Zoppino, i da Sabbio, Rusconi.
Nella sezione successiva l'attenzione viene portata su L'editore e il suo catalogo. Amedeo Quondam evidenzia come l'editore non sia solo nei testi ma anche nei paratesti, nelle scelte tipografiche, che vanno quindi approfonditamente analizzati. Quondam sottolinea alcuni aspetti di estrema importanza. Innanzitutto, contrariamente alla consuetudine secondo cui un'edizione ha una "multiformità geografica" (cioè l'autore crea il testo in un luogo e l'editore lo stampa altrove), il catalogo di Marcolini contiene testi di autori contemporanei scritti a Venezia; questo nella prima parte della sua produzione, ma per Quondam la produzione dopo il 1550, al rientro da Cipro, è trascurabile. Si tratta quindi di un progetto d'avanguardia, che propone volontariamente testi in volgare. Altro punto su cui viene attirata l'attenzione è il fatto che sia Marcolini sia Giolito pubblicano due edizioni di Petrarca discutibili: quella di Malipiero e quella di Franco. Sono edizioni non canoniche, scandalose, che servono per attirare l'attenzione del pubblico. Con queste strategie i due editori riescono a togliere fette di mercato a Zoppino, che è l'editore della vecchia letteratura.
Federico Dalla Corte tenta di individuare, Nell'officina di Marcolini, i collaboratori editoriali. Le prime edizioni vedono l'intervento di Agostino Ricchi, lucchese, cui fa seguito Niccolò Franco, correttore della prima edizione delle Lettere di Aretino nel 1538. Il malcontento di Aretino per questa curatela porta alla sostituzione di Franco con Lodovico Dolce, che consolida il suo sodalizio con Marcolini scrivendo i testi in rima per l'edizione delle Sorti del 1540. Altri due interventi analizzano invece la collaborazione con Doni. Giorgio Masi ne sottolinea l'atteggiamento ambivalente e ne ripercorre la biografia tra Piacenza, Venezia e Firenze, dove impianta una propria tipografia. In molte sue opere Firenze e Venezia vengono poste a confronto; per esempio, nel primo libro della Zucca, intitolato Cicalamenti, Baie e Chiacchiere, i Cicalamenti hanno luogo a Firenze, le Baie si svolgono a Venezia. In realtà, Doni e Marcolini si fanno portavoce di Cosimo de' Medici e del suo tentativo di gettare un ponte verso i toscani fuoriusciti. L'irrequietezza di Doni è testimoniata anche dalla suo abuso del sistema delle dediche, segnalato da Marco Paoli.
I due saggi seguenti danno invece rilievo a due settori particolari del catalogo marcoliniano: Mario Armellini studia le edizioni musicali, segnalandone l'alta qualità pur nella scelta di una tecnica, quella di Ottaviano Petrucci, che doveva essere presto sconfitta da altre più moderne ed efficaci; Pier Nicola Pagliara evidenzia, invece, non solo la bellezza delle edizioni di architettura, ma anche la loro costruzione sapiente, ricca di tavole su due pagine, di fogli ribaltabili e di altre accortezze volte a facilitare la consultazione dei volumi.
La quarta sezione è dedicata a Le Sorti, che uscì in due edizioni, nel 1540 e nel 1550. Enrico Parlato fornisce un Abecedario iconografico marcoliniano, rilevando come la stretta associazione testo-immagine, che caratterizza l'opera, trovi un antecedente nell'Hypnerotomachia Poliphili manuziana. Tuttavia il sogno del Poliphilo prevede una lettura consequenziale, mentre le Sorti vanno lette in un ordine stabilito dal caso. Si tratta infatti di un libro di divinazione, che prevede l'estrazione di un'immagine associata a un testo, in questo caso le terzine composte da Lodovico Dolce, con lo scopo di ricavare predizioni sul futuro. Tra il 1546 e il 1550, 42 delle 50 xilografie delle Sorti vengono copiate in controparte al bulino da Enea Vico, con l'aggiunta di un testo latino che tende a fissare univocamente l'interpretazione.
Antonella Imolesi Pozzi si sofferma su L'attribuzione del frontespizio de Le Sorti, momento fondamentale per l'arrivo della Maniera a Venezia; per Rodolfo Pallucchini tale xilografia rappresenta il "manifesto grafico del manierismo".4 Il legno originale è conservato oggi alla Galleria Estense di Modena. Già nel 1872 Campori individua correttamente l'autore del disegno in Giuseppe Porta detto Salviati, da poco giunto a Venezia al seguito del suo maestro, Francesco Salviati. In tempi successivi l'attribuzione è stata messa in discussione a favore di Marco Dente, incisore e collaboratore di Raffaello, ma tale attribuzione è sicuramente erronea, come confermato da raffronti stilistici. Angelo Papi, nel saggio successivo, tenta invece di identificare i due personaggi centrali del frontespizio: una donna sorridente e un giovane dormiente. La tesi, sostenuta con prove convincenti, è che nel giovane vada riconosciuto Ercole II d'Este, dedicatario dell'opera, nelle vesti dell'eroe che dorme poiché confida nella Fortuna, che lo guarda con un benevolo sorriso.
Elide Casali individua la peculiarità delle Sorti, all'interno della tradizione divinatoria italiana, nel fatto di non presentare alcun riferimento ai giochi astrologici propriamente detti, né agli strumenti della divinazione (compasso, astrolabio...), né ai segni zodiacali. La spiegazione è data dalla volontà di Marcolini di riferirsi a un pubblico alto, quando invece l'astrologia tradizionale aveva pervaso la società in ogni ceto.
La quinta sezione, dopo un saggio di Augusto Gentili sul riutilizzo delle xilografie delle Sorti nella Zucca di Doni attraverso un procedimento di risemantizzazione, passa in rassegna da un punto di vista storico-artistico tre importanti edizioni marcoliniane. Mattia Biffis rilegge la xilografia di Giovanni Britto posta in apertura del Petrarca spirituale del 1536, passando da una lettura narrativa (Malipiero e l'anima di Petrarca si incontrano ad Arquà) a una allegorica (l'anima ascende al cielo attraverso un processo di purificazione). Massilimiano Rossi studia l'apparato iconografico della Nova esposizione di Vellutello alla Comedia di Dante, pubblicata da Marcolini nel 1544. Maria Goldoni individua elementi di tradizione e di novità nel complesso apparato xilografico dell'Officium Beatae Mariae Virginis impresso nel 1545.
L'ultima sezione è dedicata alla fortuna di Marcolini: attraverso la biografia di Scipione Casali ripercorsa da Vanni Tesei; attraverso l'elenco dei suoi collezionisti individuati da Maria Cristina Misiti; attraverso l'analisi di alcune legature, con cui Massimiliano Quadrara ha tentato di individuare diverse tipologie di lettori di edizioni marcoliniane.
Dall'insieme dei saggi emerge la figura di un tipografo colto, raffinato, che non lasciava nulla al caso nella progettazione delle proprie edizioni. Daniele Barbaro lo salutava come "l'ingenioso Francesco Marcolini", per la sua spiccata mentalità tecnico-scientifica, nota e apprezzata dai contemporanei, che nel 1545 gli consentì addirittura di vincere la gara per la costruzione di un ponte a Murano. Se il progetto del gruppo di ricerca porterà a termine tutti i propositi, il fiorire degli studi marcoliniani potrà avvalersi di un ulteriore utile strumento. È prevista infatti la realizzazione di un sito web dedicato all'ingenioso editore, attraverso cui dare accesso a una banca dati contenente la digitalizzazione di tutte le edizioni marcoliniane oggi note.
Note
(1) Un giardino per le arti: "Francesco Marcolino da Forlì". La vita, l'opera, il catalogo, a cura di P. Procaccioli, P. Temeroli e V. Tesei, Bologna, Editrice Compositori, 2009.
(2) P. Procaccioli, Frammenti di sinopia. Indizi, chiose, illazioni intorno a Francesco Marcolini, in Un giardino per le arti: "Francesco Marcolino da Forlì", cit., p. 13.
(3) P. Lucchi, Nuove tessere veneziane per la vita perduta di Francesco Marcolini, ibidem, p. 74.
(4) A. Imolesi Pozzi, L'attribuzione del frontespizio de Le Sorti: una questione aperta o un falso problema?, ibidem, p. 269 (la citazione di Pallucchini è tratta da: Tiziano e la xilografia veneziana del Cinquecento, a cura di M. Muraro e D. Rosand, Vicenza, Neri Pozza, 1976, p. XV).
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