Rivista "IBC" XVII, 2009, 2
biblioteche e archivi / convegni e seminari, mostre e rassegne, storie e personaggi
Nello scorso autunno, alcune iniziative culturali hanno ricordato la figura dell'umanista romagnolo Faustino Perisauli, originario di Tredozio, in provincia di Forlì. Teatro degli eventi culturali, un convegno e una mostra bibliografica, è stato il centro visite del parco di Tredozio, la cui felice collocazione di confine, nel cuore dell'Appennino tosco-romagnolo, in fondo alla vallata del Tramazzo che mette in collegamento Faenza con Forlì e con Firenze, è stata probabilmente all'origine di un fortunato ricorrere di scambi, forieri di una inconsueta vivacità culturale.
Faustino Perisauli nacque intorno al 1450 da padre carpentiere. Recenti studi (si veda il bel convegno tenutosi nel 1998: "Faustino Perisauli (Pier Paolo Fantino) e la cultura del Rinascimento") hanno evidenziato come la sua formazione risentisse dell'influsso di importanti figure dell'umanesimo emiliano e in particolare di Codro, operoso fra Forlì e Bologna. Precettore, Perisauli assunse poi lo stato ecclesiastico. Visse a Rimini, dove frequentò letterati e intellettuali quali Gian Bruno, dell'antica famiglia riminese dei Parcitadi, mecenate e letterato egli stesso, e l'umanista maceratese e maestro di retorica Lorenzo Astemio. Fu anche a Palestrina, dove ebbe modo di frequentare Francesco Colonna, a Roma e a Urbino. A Rimini, dove rimase sino alla morte, avvenuta nel 1523, assunse il titolo di arciprete.
Le pur esigue notizie biografiche consentono di delineare una figura culturalmente non isolata, ma è l'esame delle opere a lui tradizionalmente attribuite a renderne complessa e intrigante l'immagine. Va detto che una controversa oscillazione onomastica ha accompagnato la figura del Perisauli, che di volta in volta è stato chiamato Pier Saulo Fantini, Fantino, Faustino da Tredozio o Tradocius. E ciò lascia spazio all'ipotesi di qualche opera ancora occultata sotto una variante del nome in qualche collezione libraria; magari, perché no? anche manoscritta. Letterato, le sue opere sopravvivono grazie a un'abbastanza ricca produzione editoriale, prevalentemente cinquecentesca.
Oltre ai rilevantissimi apporti dati dall'informatizzazione alla conoscenza dell'editoria del XVI secolo - in particolare, in Italia, va citato il Censimento delle edizioni del XVI secolo, particolarmente accurato in Emilia-Romagna, dove si è censito anche il patrimonio librario edito all'estero - ai fini della individuazione della produzione del Perisauli dobbiamo molto, ancora oggi, all'operatività e alle conoscenze della grande erudizione settecentesca. Al di là dei repertori del Quadrio e del Tiraboschi, è dagli studi del cardinale riminese Giuseppe Garampi, grande raccoglitore, e del canonico anch'egli riminese Angelo Battaglini, che si ricava la lista dei suoi lavori, comprensiva anche di testi minori editi in opere di altri autori, come accade per esempio di alcuni brevi componimenti poetici dedicati ad amici e sodali di ambiente riminese, un exasticone un tetrasticon per Lorenzo Astemio e Gian Bruno de' Parcitadi.
Perisauli compose opere in volgare in versi, barzellette, sonetti, canzoni morali, capitoli e componimenti in ottave a tema agiografico. I titoli: Barzeleta in laude de l'oro e de l'argento ovvero Barzeleta in laude de la pecunia, Trastullo delle donne da far ridere la brigata, Sonetto de la sterilità poetica, de la miseria umana, Canzone morale di patientia, la Conversione di Santa Maria Maddalena e la vita di Lazaro e Marta, quest'ultima assieme al filosofo e poeta folignate Marco Rosiglia. La produzione in volgare, varia e diversificata, addirittura vicina alle esigenze della performance cantata o musicata, è di incerta cronologia, in assenza totale di manoscritti conosciuti, ed è basata esclusivamente su testi a stampa a volte non datati, o postumi. La produzione in latino, che ha in comune con la volgare il gusto per un verso popolareggiante, spesso satirico, o didascalico, in cui non sono infrequenti i riecheggiamenti classici, vede le sue opere principali nel De honesto appetitu e soprattutto nel De triumpho stultitiae, che, a cominciare da Giovanni Papini, hanno risvegliato l'interesse di diversi studiosi dalla metà del Novecento in poi.
In occasione del recente convegno tredoziese su "La Follia nell'Umanesimo: Faustino Perisauli e Firenze", studiosi come Claudio Leonardi, Michele Ciliberto, Lorenzo Amato, Gian Mario Anselmi ed Enrico Pasini hanno egregiamente affrontato il tema del concetto di follia nel periodo umanistico, da Giordano Bruno al più modesto ma arguto Faustino, nella cui opera si scorge, ed evidenze testuali lo confermano, un legame con l'Encomium Moriae o Elogio della follia del grande Erasmo da Rotterdam, legame ancora non determinato nelle sue derivazioni. All'arduo tema la città di Tredozio ha voluto dedicare anche una scultura in bronzo, raffigurante Erasmo e Faustino, opera dello scultore Leonardo Poggiolini.
Se una questione di tale portata può forse trarre luce da una riflessione generale sulla considerazione della follia che circola fra Quattro e Cinquecento attraverso opere di grande popolarità, dalla Stultifera navis di Sebastian Brant al più tardo Ospidale dei pazzi incurabili coi tre capitoli sulla Pazzia di Tommaso Garzoni da Bagnacavallo, la mostra bibliografica allestita a cura di chi scrive ha tentato di affrontare questa e le altre complesse tematiche riguardanti la produzione del Perisauli da una nuova prospettiva. Ovvero, attraverso lo studio delle concrete testimonianze dell'attività del letterato tredoziese rappresentate dalle sue edizioni, esposte attraverso esemplari provenienti da biblioteche della Romagna (dove sopravvivono numerose), dalla Biblioteca Riccardiana di Firenze, dalla Biblioteca Augusta di Perugia e dalla Biblioteca del Seminario di Padova.
Va detto, per inciso, che le opere del Perisauli, oggi certo ignoto ai più, hanno circolato per l'Europa e sono rintracciabili in alcune importanti raccolte librarie, come quelle della Biblioteca Colombina di Siviglia, e della British Library, a volte in esemplari ormai unici: rarità, questa, interpretabile come il risultato di una vasta diffusione di opere popolari e non colte, divenute col tempo appetite dal gusto bibliofilico.
Ma quali furono i tipografi che diedero alle stampe le opere del Perisauli? Gershom o Girolamo Soncino, ebreo, attivo fra il 1502 e il 1534, stampatore ambulante lungo la costa adriatica, ma anche conoscitore ed editore di testi latini, greci, volgari, fra cui proprio il De honesto appetitu unitamente al De triumpho Stultitiae, che stampò da solo e assieme ai fratelli Giovanni Francesco e Giovanni Antonio Rusconi, attivi a Venezia. Dell'opera si conoscono due edizioni, che si qualificano come "seconde" lasciando misteriosamente sconosciuta la princeps, di cui mai è stato possibile reperire esemplari, tanto da farla ritenere in realtà inesistente. Le due edizioni, mostrate attraverso gli esemplari posseduti dal Fondo "Piancastelli" della Biblioteca "Saffi" di Forlì e dalla Biblioteca storica "Lelio Pasolini" di Longiano (Forlì-Cesena), veicolano un testo e una mise en page assolutamente identici, non fosse che per elementi paratestuali quali i frontespizi (in cui varia la bicromia rosso/nero dell'inchiostro tipografico), e il colophon (in un caso del Soncino, nell'altro dei fratelli Rusconi), corredato quest'ultimo di marca tipografica.
È questa, pare, stando agli annali, l'ultima edizione dei fratelli Rusconi, figli del più famoso Giorgio, di cui sono oggi note sedici edizioni uscite fra il 1500 e il 1524. Nulla sappiamo dei rapporti intercorsi fra Soncino e i Rusconi nella pubblicazione di quest'opera, che peraltro uscì postuma, a un anno dalla morte del Perisauli, di cui riporta l'epitaffio e che fu certo voluta, fra gli altri, dall'amico Francesco Rufo da Montiano, ignoto ai più.
Il padre dei fratelli Rusconi, Giorgio, attivo a Venezia fra il 1500 e il 1522, a cui si deve una ricca produzione letteraria volgare, nel 1516 aveva stampato, in qualità di tipografo, su commissione editoriale di Niccolò Zoppino e Vincenzo Polo, l'Opera moralissima de diversi auctori homini degnissimi, contenente il Monitus ad mortales di Faustino, in cui si viene avanzando la tematica della follia degli uomini che si allontanano dalla vita spirituale per seguire le insanie del mondo, più ampiamente sviluppata nel De trumpho stultitiae. L'edizione sopravvive in unico esemplare, posseduto dalla Biblioteca Riccardiana, con una bella silografia in frontespizio, raffigurante musici in ambiente silvano, attribuibile a Giovanni Andrea Vavassore detto il Guadagnino. Quanto al Monitus o Capitolo ai mortali di Faustino, la forte valenza moraleggiante dovette procurargli discreta fortuna se venne ripubblicato nell'Ottocento, a Rimini, sia in opuscolo che in foglio volante, di cui si conoscono gli esemplari della Biblioteca Gambalunga.
Lo Zoppino, editore, tipografo e libraio in varie città dell'Italia centrale e a Venezia, aveva già pubblicato nel 1514, ad Ancona, con Bernardino Guerralda, il testo agiografico La conversione di Sancta Maria Maddalena, di Marco Rosiglia e Faustino Perisauli. Ne sono stati esposti un'edizione non datata posseduta dalla Biblioteca del Seminario di Padova, anch'essa con vignetta silografica del Vavassore, e un'edizione perugina di Petrucci del 1578, a testimonianza di una fortuna che resse al vaglio del Concilio di Trento, come documentato dall'esemplare in mostra, proveniente dalla Biblioteca Augusta di Perugia, arricchito peraltro delle correzioni censorie manoscritte. Agli annali di Zoppino si ascrive poi un'altra opera del tredoziese, la Barzeleta in laude della pecunia et la autoritade di Salomone in frotola de Bellizario da Cingoli, senza data. E al Vavassore, questa volte in veste di tipografo, forse in anni più tardi, si deve la Novella de dui preti & uno chierico innamorati duna donna, contenente una Canzone morale di patientia di Faustino, illustrata da belle silografie.
Gli intrecci potrebbero continuare, ma importa notare che gli stessi tipografi-editori che diedero alla luce le opere di Faustino mostrano interesse per Erasmo; Giorgio Rusconi con Zoppino pubblicarono nel 1520, fra varie opere del Roterodamus, anche l'Encomium Moriae. Erasmo parrebbe aver realizzato fra il 1508 e il 1509 l'Elogio della follia, che apparve a Parigi nel 1511. Difficile supporre un influsso di Faustino su un tale lavoro, anche retrodatando la composizione dell'opera del tredoziese, che uscì nel 1524 in quella che però si qualifica come seconda edizione. Ma nel clima fertile e vivace delle officine tipografiche, luogo di incontri intellettuali, si avvicendano Erasmo e Faustino, così come i protagonisti dei circoli umanistici locali, a delineare un contesto di scambi di idee e suggestioni di pensiero e umori letterari che va al di là di supposte derivazioni.
In conclusione, lo studio delle edizioni, e del paratesto editoriale nello specifico, vale anche e soprattutto a delineare l'altro polo della vicenda editoriale, cioè il mondo del lettore. Quasi sempre privi di dediche o marche tipografiche, i piccoli formati tascabili dei libri di Faustino - in ottavo, o raramente in quarto piccolo, e, a esclusione del De triumpho stultitiae, di consistenza assolutamente limitata fra le 4 e le 8 carte, con capilettera e illustrazioni silografiche a volte di qualità, a mo' di vignette sia in frontespizio che poste a illustrare il testo - compongono l'immagine di un libro facile, fruibile da un vasto pubblico. Un libro, insomma estremamente popolare, divenuto oggi prezioso per la limitata sopravvivenza di esemplari. Composto per un lettura dilettevole e veloce, si rivolgeva ai lettori nuovi, certo anche alle donne. Valga per tutti il divertente cantare Trastullo delle donne, le cui edizioni si propongono senza sottoscrizione, spesso rozze nella stampa e non scevre di errori, ma corredate di belle silografie, e certo destinate a un'esecuzione orale.
L'impegno e la sensibilità culturale della comunità di Tredozio nello studio dell'opera di Faustino Perisauli, che da anni viene proposto all'attenzione degli studiosi, finisce infine per coinvolgere più ampi interessi e per delineare più vasti scenari da sottoporre alla ricerca: quelli dell'umanesimo romagnolo. Un mondo che meriterebbe studi dedicati e analitici, e l'esame accurato dei libri che ne restano l'unica tangibile testimonianza.
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