Rivista "IBC" XVI, 2008, 4

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Turnere l'Italia, a cura di J. Hamilton, Ferrara, Ferrara Arte Editore, 2008.
L'Italia di Turner

Enzo Vignoli
[collaboratore della rivista "OLFA. Osservatorio letterario Ferrara e l'Altrove"]

Ferrara stava lavorando a una mostra su William Turner da dieci anni. Questo lasso fa riflettere sulla specifica complessità dell'impegno e sulla spinta che ha animato gli organizzatori a coronare un'attività che, dal 1998 a oggi, li aveva visti impegnati ad allestire altre esposizioni dedicate a grandi artisti britannici. Fino al 22 febbraio 2009 sarà finalmente possibile visitare al Palazzo dei Diamanti "Turner e l'Italia" (www.palazzodiamanti.it). Massimo paesaggista inglese e forse il più alto rappresentante del romanticismo pittorico, Turner, come già altri artisti nei campi della musica e della letteratura, era attratto dal mito culturale dell'Italia. L'immagine della penisola era filtrata nel suo spirito dai quadri di Veronese, Tiziano e Poussin. Sopra ogni altra, però, stava la figura particolarmente amata di Lorrain, presente in mostra con il grandioso olio su tela Paesaggio con Apollo e le Muse, che pare influisse in modo specifico nel fissare in Turner l'immagine mitica del paesaggio italiano.

Se si esclude un rapido passaggio delle Alpi nel 1802, Turner dovette però arrivare all'età di 44 anni per poter attuare una sorta di vagabondaggio spirituale in Italia, lungo itinerari solo in parte già percorsi da altri viaggiatori prima di lui. Coesistono in Turner il sognante e pionieristico lato romantico e un altro più attento a ricavare sempre dalle sue esperienze una linfa creativa utile a diffondere la sua arte fra i cultori. Fu probabilmente questa doppia visuale a suggerirgli di non ascoltare chi gli raccomandava di evitare la "pessima strada di Ferrara" lungo il suo tragitto per Venezia, nel 1819. Eppure, anche alla luce delle trasfigurazioni veneziane di Turner, che negli anni della maturità dipinse la trasparenza della città lagunare, affascinato dalla sua bruma nebbiosa, si rimpiange che non abbia lasciato traccia del suo passaggio nel territorio ferrarese.

Il poderoso saggio d'apertura del catalogo, opera del curatore James Hamilton, presta il nome all'intera manifestazione. Nei vari capitoli che compongono un mosaico critico-biografico in avvincente stile narrativo, il curatore si sofferma più volte a descrivere l'indomabile fuoco del viaggiatore Turner, avido di riscoprire i segreti della classicità. E nota come Turner non si lasci andare a uno sguardo estatico che prescinda dal mondo contemporaneo ma, soprattutto a Roma, colga la vitalità di un universo composito in cui l'antico e il moderno sanno convivere in modo straordinario (Roma vista dall'Aventino, olio su tela esposto nel 1836, Roma moderna. Campo Vaccino, olio su tela esposto nel 1839).

Nicola Moorby analizza finemente l'importanza dei taccuini del pittore, "per lui degli strumenti essenziali non solo per preparare e documentare le proprie esperienze italiane, ma anche per metabolizzarle e interpretarle in seguito". Di grande interesse anche il saggio su I Turner della collezione Rosebery, in cui Jacqueline Ridge mostra le tecniche pittoriche e i materiali adoperati dal pittore e ci rende partecipi della sua abilità nell'escogitare stratagemmi e nel ricorrere a raffinate astuzie per valorizzare i suoi quadri a scapito di quelli dei pittori concorrenti. Non riusciamo a evitare il parallelo con i maneggi a cui a volte ricorrevano i musicisti in ambito teatrale, ma notiamo come, in entrambi i campi, questo pragmatismo che ai nostri occhi potrebbe sembrare troppo disinvolto, abbia quasi sempre servito a dovere l'Arte.

Tornando al saggio del curatore, nel capitolo in cui si esamina L'ultima, radicale maniera di Turner, la "fisicità", che si denota anche dall'uso di stracci e delle dita per dipingere e che Hamilton fa risaltare in contrapposizione "con l'età avanzata dell'autore e con il declino della sua salute", appare quasi un pretesto. Gli elementi figurativi tendono a dissolversi in un magma nebuloso e indecifrabile. Soprattutto nell'ultimo degli oli presenti in mostra, Scena di montagna. Valle d'Aosta (1845) si avverte come Turner sia andato al di là del suo tempo, abbia scavalcato il molto che restava dell'Ottocento, mosso ormai dal bisogno di trasfigurare una realtà fisica senza più segreti per sostituirvi la propria interpretazione visionaria. Nato nel 1775 e morto nel 1851, Turner sembra aver vissuto molto più a lungo di quanto non stiano a indicare le date. In un periodo storico di miliare importanza, che abbracciò gli ultimi decenni del classicismo e pressoché interamente il romanticismo, seppe prefigurare e oltrepassare il movimento impressionistico fino a presagire l'informalismo.


Turnere l'Italia, a cura di J. Hamilton, Ferrara, Ferrara Arte Editore, 2008, 256 pagine, 47,00 euro.

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