Rivista "IBC" XVI, 2008, 4
biblioteche e archivi / storie e personaggi
In vista del 2009, anno centenario della fondazione del Futurismo - forse il più importante movimento di avanguardia del Novecento europeo - numerose città italiane si stanno preparando all'evento, avendo contato tra le loro mura almeno un futurista. Chiunque conosca la storia del movimento sa che esso nacque il 20 febbraio 1909 col lancio di un Manifesto di fondazione in lingua francese, Le Futurisme, sul quotidiano "Le Figaro" di Parigi. Ma il manifesto uscì, in prima battuta, in lingua italiana: a gennaio, in forma di volantino e, nelle prime settimane di febbraio, su tutta una serie di giornali italiani, a cominciare da Bologna, città da cui il manifesto fu lanciato esattamente quindici giorni prima rispetto a Parigi: apparve infatti sulla "Gazzetta dell'Emilia" il 5 febbraio 1909 (la testata è conservata presso la Biblioteca dell'Archiginnasio: il lettore curioso può consultarvi il fatidico numero).
La notizia della prima edizione "nostrana" del Manifesto era nota da tempo, l'aveva data Giovanni Lista nella monografia Marinetti, uscita a Parigi da Seghers nel 1976, ma era caduta nel vuoto. Eppure le uscite italiane già note del Manifesto sono talmente tante da oscurare quella del "Figaro", che giunse dopo almeno una decina di edizioni precedenti. L'apparizione bolognese ebbe infatti un largo seguito: Napoli, Mantova, Verona, Trieste. I giornali di Milano e Roma, invece, tacquero, forse perché il Futurismo, fin dal suo nascere, fece presa soprattutto sulla provincia italiana, e questo caratterizzerà l'intero suo percorso multiforme.
Se Marinetti considerava il lancio sul "Figaro" come quello fondamentale, si può anche ipotizzare che non fosse a conoscenza della quantità di edizioni che il Manifesto aveva avuto sui giornali italiani prima di quella data. Nelle sue linee essenziali, il documento era già pronto nel dicembre 1908, ma il terremoto di Messina del 28 dicembre, con la sua enorme carica tragica, indusse Marinetti a posticiparne la pubblicazione. A metà del gennaio 1909 egli spedì il documento agli amici, ai collaboratori di "Poesia", a molti intellettuali e alle redazioni di molte riviste e quotidiani italiani. Ovvio dunque che, nella massa, alcune testate lo prendessero in considerazione.
Tornando alla "Gazzetta dell'Emilia", non è trascurabile il modo in cui il Manifesto fu pubblicato: su un'intera colonna di spalla in prima pagina e su mezza colonna in seconda, nella rubrica Cronache Letterarie e col titolo prudentemente virgolettato Il "futurismo". Una breve nota redazionale ne precedeva la pubblicazione. Trattandosi di un focoso documento di proclama - inteso a stravolgere il gusto e il comportamento della gente - e poiché vi si parlava di un ignoto movimento indicato da un neologismo (futurismo), la redazione ritenne opportuno e prudente spiegare di che cosa si trattava. La nota di premessa, subito sotto il titolo, suona così: "Lo ha inventato Marinetti, il più 'dinamico' dei poeti d'Italia. La rivista 'Poesia' ci manda il proclama focosissimo con cui il nuovo partito letterario scende a combattere. Vedremo se alle premesse e alle promesse seguiranno le idee, i libri e i fatti. Il manifesto porta la firma dello stesso Marinetti. Lo riproduciamo per intero, a titolo... di cronaca".
La lettura del testo apparso sul giornale bolognese permette di valutare in cosa si discosta rispetto alla successiva edizione sul "Figaro", considerata fondamentale. Se di essa osserviamo la struttura, notiamo che è formata da un appello narrativo che raffigura una sorta di iniziazione, dal vero e proprio manifesto programmatico scandito in undici punti e da una prosa finale che si conclude col famoso urlo: "Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!". La versione bolognese non contiene l'appello, attacca subito con il programma e prosegue con la prosa finale, chiudendosi con la sfida lanciata alle stelle. La ragione di quest'assenza è semplice: Marinetti scrisse l'appello narrativo appositamente per l'edizione francese. E, oltre a questa dilatazione, vale notare che il documento, uscito primariamente in lingua italiana e dunque concepito in italiano, fu soggetto alla traduzione francese: cadrebbe insomma parte del "valore francese" del Manifesto, e forse anche dello stesso Futurismo.
Ricapitolando: (finché qualcuno non scopra uscite precedenti) il Manifesto uscì per la prima volta a Bologna, in quella che possiamo considerare la editio princeps del documento. Bologna: la città che Marinetti considerò come una delle meno futuriste d'Italia, in quanto poco reattiva ai suoi proclami, eppure - beffa del destino - città che ebbe la ventura di essere la prima ad annunciare la nascita del movimento.
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