Rivista "IBC" XVI, 2008, 4
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni
Ci siamo mai chiesti come hanno fatto a sopravvivere ai rigori della Seconda guerra mondiale i palazzi e i monumenti del nostro Bel Paese? È stata solo fortuna? Non fu certo per la passione dei generali angloamericani verso le italiche bellezze artistiche o per l'improvvisa compassione di chi sorvolava le nostre città coi B-52 carichi di morte. Piuttosto il merito fu di una serie di azioni e di progetti che, a partire dagli anni Trenta, ebbe come obiettivo di prepararsi al peggio.
Il volume di Elena Franchi Arte in assetto di guerra racconta come si cercò di tutelare il patrimonio architettonico e artistico di Pisa a partire dagli anni Trenta, di come le istituzioni (soprintendenze, ministeri, enti locali) affrontarono il problema del potenziale danno che una guerra avrebbe portato alle numerose e inestimabili bellezze di una città simbolo del patrimonio storico culturale e paesaggistico. Il tutto, nella migliore tradizione italiana, con penuria di fondi, altalenante attenzione per i beni culturali e lungaggini burocratiche da risolvere. Così apprendiamo che la Certosa di Calci, splendida nel suo isolamento collinare, divenne il deposito di molti capolavori che così sfuggirono a distruzione certa.
Ma non solo di Pisa si parla nel volume; grazie a un lavoro meticoloso di ricerca, si comprende come il tema della protezione delle opere d'arte e dei monumenti fosse stato posto all'indomani della distruzione della Cattedrale di Reims, durante la Prima guerra mondiale, e di come fosse naufragato un tentativo di dare vita, a livello internazionale, a un protocollo di tutela e salvaguardia delle opere d'arte e dei beni architettonici. Ci si arriverà solo negli anni Cinquanta, troppo tardi secondo molti: "Pisa fu una delle città italiane maggiormente danneggiate. La necessità militare gettò in ombra gli splendidi monumenti del suo passato, poiché la città costituiva il principale snodo ferroviario e stradale della Toscana occidentale ed era attraversata dall'Arno, ultima linea di resistenza tedesca prima degli Appennini. Pisa fu pesantemente bombardata e si trovò al centro di un aspro combattimento".
E così assistiamo, avvinti da una scrittura appassionata quanto rigorosa, allo stillicidio di palazzi che crollano e di opere che spariscono cancellate per sempre, fino all'epilogo tragico del '43, quando, con la caduta di Mussolini e la costituzione del governo Badoglio, il Nord-Italia fu sottoposto a pesanti bombardamenti: il 27 luglio del '44 un colpo di artiglieria devasta il Camposanto monumentale di Pisa. Dopo la guerra il ritorno alla vita, con lo sgombero delle macerie e l'inizio di una titanica quanto indispensabile opera di ricostruzione e restauro che impegnerà la città per parecchi anni. A dieci anni dal 2 settembre 1944, data della liberazione della città, così si scriveva: "La ricostruzione di Pisa non è ancora compiuta e forse occorrerà un altro decennio perché ogni traccia delle ferite inferte alla Città sia del tutto scomparsa".
E. Franchi, Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la seconda guerra mondiale, Pisa, Edizioni ETS, 2006, 124 pagine, 15,00 euro.
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