Rivista "IBC" XVI, 2008, 4

musei e beni culturali / pubblicazioni

F. Haskell, La nascita delle mostre. I dipinti degli antichi maestri e l'origine delle esposizioni d'arte, Milano, Skira, 2008; J. Clair, La crisi dei musei. La globalizzazione della cultura, Milano, Skira, 2008.
Mostre contro musei

Stefano Luppi
[storico dell'arte]

Si sta creando un pericoloso dualismo tra i musei e le mostre-evento d'arte e sarebbe un serio problema perché l'istituzione preposta alla conservazione, allo studio e alla valorizzazione del patrimonio storico non solo ha in genere - dal punto di vista dei numeri - un appeal minore per i visitatori, ma attira anche poco l'attenzione dei vari assessori alla cultura, spesso più interessati al successo immediato, spendibile politicamente, che le grandi rassegne possono fornire. Tutto ciò si traduce in un taglio sempre più profondo, dunque doloroso, per i budget dei musei, e in fiumi di denaro per le mostre "spaccabotteghini", che accanto a esempi di raffinate esposizioni artistiche non di rado propongono trite e ritrite sequele di "impressionismi" visti in tutte le salse possibili.

Se n'è accorto anche il Ministero per i beni culturali, tanto che il ministro Bondi ha convocato i suoi esperti per discutere il da farsi. Intanto sono arrivati i numeri: nel 2008 i musei statali italiani sono stati impegnati in attività legate al prestito di oltre dodicimila opere d'arte, con pluridestinazioni per il 15% di queste, distratte dalle rispettive collezioni per comporre l'offerta al pubblico di oltre settecento mostre, metà delle quali organizzate all'estero. Non più del 10% di tali eventi è stato curato da soprintendenze e musei (causa, appunto, la cronica mancanza di fondi). Nell'arco degli ultimi 15 anni è raddoppiato il numero di appuntamenti con le esposizioni d'arte antica in Italia e all'estero - con una progressione che va dalle 376 mostre autorizzate nel 1993, alle 585 del 1998, fino alle 666 del 2003.

Si capisce allora come la richiesta di Roberto Cecchi, direttore generale dei beni architettonici e storico-artistici del Ministero, vada tenuta in considerazione: "Non v'è antitesi fra musei e mostre; eppure oggi si segnalano rischi ed eccessi delle mostre-spettacolo, lontane da quelle esposizioni che erano la rappresentazione di un pensiero e rendevano il pubblico complice di un'avventura culturale. Approfondiamo il concetto di mostre: capiamone il valore in termini di ricaduta culturale e sociale, non accontentiamoci di valutarne l'appeal in termini di visitatori". Forse non sarà la panacea di ogni male, ma a questo proposito andrebbe consigliata a tutti - operatori culturali, assessori, studiosi, consulenti e uffici stampa sempre più potenti - la lettura di due volumi di limpida importanza, pubblicati nel 2008 da Skira. Francis Haskell - tra i maggiori studiosi europei, con cattedre a Oxford e alla Normale di Pisa, scomparso nel 2000 - propone una dettagliatissima riflessione sul tema della Nascita delle mostre (il volume, postumo, raccoglie appunti e lezioni dello storico dell'arte, con aggiunte e revisioni testuali di Nicholas Penny; il tema era già stato toccato nel volumetto Antichi maestri in tournée edito dalla Normale di Pisa nel 2001). Mentre Jean Clair - ex direttore del museo Picasso di Parigi e curatore di mostre di risalto internazionale, l'ultima "Mélancolie" al Grand Palais - ragiona intorno alla Crisi dei musei.

Già dai titoli si comprende dunque come in realtà, storicamente, mostre e musei vadano di pari passo. Haskell infatti fa una lunga disamina sulle maggiori rassegne europee a Roma, Firenze, Parigi, Londra, Amsterdam, New York, Manchester, e riflette su questa tradizione espositiva che oggi rischia di svilirsi. "Sin dal Seicento" - scrive nell'introduzione - "le esposizioni d'arte contemporanea erano divenute un'istituzione in svariate città d'Italia e a Parigi. La loro natura fu ambigua fin dall'inizio [...]. In ogni caso, a partire dalla fine del Settecento, esposizioni di questo genere dominarono - indipendentemente da benefici e ritorni - la vita degli artisti e svolsero un ruolo epocale nello sviluppo della vita moderna". Proprio quest'ultimo punto è fondamentale: siamo certi che oggi sia davvero epocale il ruolo svolto da tante mostre preparate da società private, con le motivazioni quasi esclusive di fare cassa o promozione?

Jean Clair - vero nome Gérard Régnier - affonda il coltello in questa piaga: "C'è una deriva mercantile che trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna park". Questo è il cuore del tema dell'ultimo saggio dello studioso-curatore, il quale, pensando soprattutto al Louvre che ha ceduto il suo "brand" al governo di Abu Dhabi in cambio di centinaia di milioni di euro, si batte contro "la trasformazione radicale in corso dappertutto in Europa in nome della redditività dell'arte" perché "pare ormai pienamente acquisita l'idea che una collezione pubblica non è più un patrimonio spirituale che testimonia la storia di un paese [...] bensì una semplice mercanzia, suscettibile di essere alienata, scambiata, data a nolo e un domani venduta". Già, perché la tecnica è piuttosto "scoperta": prima si affamano i musei tagliando di qua e riducendo di là, e poi li si costringe a fare ogni cosa, anche la più criticabile, in cambio di un (illusorio) aumento dei budget.


F. Haskell, La nascita delle mostre. I dipinti degli antichi maestri e l'origine delle esposizioni d'arte, Milano, Skira, 2008, 222 pagine, 25,00 euro; J. Clair, La crisi dei musei. La globalizzazione della cultura, Milano, Skira, 2008, 112 pagine, 16,00 euro.

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