Rivista "IBC" XVI, 2008, 4
territorio e beni architettonici-ambientali / corrispondenze, leggi e politiche
Questo articolo propone una sintesi della ricerca pubblicata in Spagna dall'autrice, che dirige il Laboratorio del paesaggio culturale presso l'Istituto andaluso del patrimonio storico (www.juntadeandalucia.es/cultura/iaph). Per approfondire il tema si veda il volume di SilviaFernández Cacho, Patrimonio Arqueológico y Planificación Territorial. Estrategias de Gestión para Andalucía (Sevilla, Junta de Andalucía y Universidad de Sevilla, 2008). Ringraziamo Margherita Spinazzola (IBC) per la traduzione dallo spagnolo.
Il patrimonio archeologico come oggetto di pianificazione territoriale
La fisionomia del territorio spagnolo, e più specificatamente andaluso, è stata segnata negli ultimi decenni da alcuni processi di cambiamento paesistico associati allo sviluppo dell'urbanizzazione, alla costruzione di grandi infrastrutture energetiche e di trasporti e alla pratica dell'agricoltura intensiva. La stampa spagnola si è fatta eco di questa situazione, in molti casi accompagnata da episodi di corruzione municipale che favorivano la riqualificazione di terreni non urbanizzabili in cambio di forti benefici economici. In alcuni casi questi processi si sono associati alla perdita di valori ambientali a seguito della sostituzione delle attività agricole tradizionali, di paesaggi distinti e di valore ambientale, con un mare di calcestruzzo e plastica, dove la mancanza di pianificazione ha dato luogo a spazi disequilibrati e aggressivi. Ciononostante, si fa appena menzione del fatto che, contemporaneamente, si è compromessa in maniera grave (e a volte irreversibile) la preservazione delle risorse culturali: fra queste, c'è il patrimonio archeologico.
Il patrimonio archeologico è un bene pubblico insostituibile, finito e non rinnovabile, di cui l'azione di tutela delle amministrazioni pubbliche deve garantire la preservazione con tutti gli strumenti normativi disponibili. La sua integrazione nei piani regolatori generali (ambito municipale) è ormai prassi abbastanza normale per la politica dei beni culturali in Andalusia. Tuttavia non sono stati ancora posti in essere procedimenti adatti alle esigenze della pianificazione territoriale su scala sovraurbana, nella quale si include la pianificazione degli spazi naturali protetti. L'importanza di stabilire norme per l'integrazione del patrimonio archeologico nella programmazione territoriale trae origine dai suoi fini preventivi, tanto più significativi quando si tratta di salvaguardare un patrimonio, naturale e/o culturale, che appartiene all'insieme della società. L'idea del patrimonio archeologico come oggetto di pianificazione territoriale deriva, in breve, dal suo essere un bene comune localizzato nello spazio e considerato dalla società come una risorsa da proteggere per conoscere il proprio passato. Le entità immobili che fanno parte del patrimonio archeologico non sono solo l'impronta dell'antropizzazione nel medio e lungo periodo (che ne fa oggetto di indagine storica), ma sono anche parte del sistema territoriale attuale e, pertanto, devono essere oggetto delle politiche che governano il territorio.
Secondo la Legge 16 del 25 giugno 1985 relativa al patrimonio storico spagnolo, il patrimonio archeologico è formato da "i beni mobili e immobili di interesse storico, suscettibili di essere studiati con metodologie archeologiche, siano stati o meno scavati, tanto si incontrino in superficie o nel sottosuolo, in acque territoriali o nella piattaforma continentale. Fanno parte altresì di questo patrimonio gli elementi geologici e paleontologici relativi alla storia dell'uomo, delle sue origini e dei suoi predecessori" (articolo 40). Quando questi beni, che si considerano parte del patrimonio storico spagnolo, non sono stati estratti e trasportati in altro luogo per la custodia, bisogna gestirli sul territorio seguendo strategie di attuazione su due versanti: quello delle realizzazioni dell'amministrazione culturale, per la ricerca, la diffusione, la protezione, la conservazione, eccetera; quello delle politiche territoriali di altre amministrazioni, relative a lavori pubblici, agricoltura, ambiente, turismo, eccetera.
L'attenzione che merita il patrimonio archeologico nella pianificazione territoriale è anche strettamente legata al rischio di distruzione a cui è esposto in relazione agli usi del suolo. Questo rischio, che si estende anche ad altri elementi che fanno parte del patrimonio culturale, interessa in maniera particolare i siti archeologici per diversi motivi:
· la loro distribuzione spaziale non è circoscritta all'ambito urbano, ma anche e soprattutto a quello rurale;
· in molti casi non sono facilmente riconoscibili, e vengono spesso scoperti nel corso dell'esecuzione di lavori che implicano movimenti di terra: la descrizione archeologica può quindi essere vanificata in modo totale o parziale prima di qualunque esecuzione di qualsivoglia tipo di intervento archeologico;
· non tutto il patrimonio archeologico conosciuto è registrato nelle banche dati dell'amministrazione culturale, pertanto è difficile attuarne la salvaguardia attraverso l'auspicabile anticipazione dei processi che ne possono minare l'integrità fisica.
D'altra parte, molti dei beni culturali che sono stati protetti in Andalusia sembrano avulsi dal loro contesto territoriale, in una sorta di extraspazialità, esterna al complesso sistema di relazioni che modellano il territorio nel quale si svolgono le attività umane. La conseguenza logica è che la pianificazione territoriale integrale o settoriale li considera alla stessa maniera, ossia come elementi dispersi sul territorio, elementi che bisogna evitare.
La pianificazione territoriale in Andalusia
Una analisi dettagliata dei piani regolatori del territorio su scala regionale e subregionale in Andalusia mette in evidenza che, anche se si sono fatti molti passi in avanti nella definizione degli strumenti per la gestione del patrimonio archeologico, esso non è ancora pienamente integrato nella pianificazione territoriale. La presa in considerazione del patrimonio archeologico come risorsa territoriale da proteggere e valorizzare è tuttora carente, tanto nei piani regolatori territoriali subregionali realizzati dall'Assessorato alle opere pubbliche e ai trasporti, quanto in quelli relativi alle risorse naturali conservate negli spazi protetti, che sono di competenza dell'Assessorato all'ambiente.
La diversa considerazione di cui gode il patrimonio archeologico in entrambi i piani regolatori, e la mancanza di alcuni criteri comuni, si devono a un insieme di fattori, fra i quali si segnalano lo scarso coinvolgimento disciplinare dell'archeologia come disciplina scientifica nei processi di regolazione del territorio (malgrado l'ampio uso dell'analisi spaziale-paesistica nello studio delle società del passato) e l'assenza di criteri di gestione territoriale del patrimonio archeologico. A questi fattori si aggiungono le priorità assegnate dagli obiettivi dei piani territoriali, che danno la precedenza alle attività produttive di reddito immediato e alle soluzioni dei problemi più acuti di ciascun territorio (trasporti, casa, industria...), lasciando in secondo piano le opportunità di sfruttamento che ciascun territorio offre.
La protezione giuridica del patrimonio archeologico, considerato come bene pubblico nella sua totalità, presuppone una grande responsabilità da parte delle amministrazioni che devono dare forma agli strumenti necessari per evitarne la distruzione. Per affrontare questa sfida è necessario prevedere e valutare i danni potenziali delle realizzazioni territoriali che possono minacciare l'integrità fisica del patrimonio, e questa attività preventiva sarà tanto più efficace quanto più tempestivamente si ricorra alla valutazione del personale tecnico specializzato. La partecipazione di professionisti dell'archeologia al processo di redazione dei piani territoriali sin dalla fase iniziale è un obiettivo e una garanzia di riduzione dei rischi, giacché permette di valutare con sufficiente anticipo il possibile impatto sul patrimonio archeologico delle nuove infrastrutture territoriali e degli usi del suolo.
I potenziali benefici sociali derivanti dal suo sfruttamento per il tempo libero, come risorsa turistica o culturale, fanno del patrimonio archeologico una risorsa territoriale e, in quanto tale, esso deve essere preso in considerazione nei piani regolatori generali. Questi, a loro volta, costituiscono un valido strumento per integrare il patrimonio archeologico con le altre politiche territoriali (per il turismo, le infrastrutture, le attrezzature destinate alla cultura, eccetera), favorendo il suo efficace inserimento nel sistema territoriale.
Le politiche territoriali dell'amministrazione culturale
L'Assessorato alla cultura della Giunta dell'Andalusia ha messo in moto vari programmi e iniziative che hanno prodotto progressi metodologici e concettuali nella gestione archeologica, assai apprezzati all'interno e all'esterno della Comunità autonoma. Fra questi programmi e iniziative, sviluppatisi nel corso degli ultimi 25 anni, se ne segnalano in particolare alcuni, per il loro significato nel contesto di questo articolo:
· la promulgazione di strumenti legislativi, quali la specifica Legge autonoma del patrimonio storico e il Regolamento delle attività archeologiche;
· l'elaborazione e parziale realizzazione dell'Inventario dei giacimenti archeologici dell'Andalusia;
· il finanziamento di progetti generali di indagine archeologica;
· il Programma di archeologia urbana e carte archeologiche municipali;
· il Programma contro la spoliazione archeologica;
· la configurazione della Rete degli spazi culturali dell'Andalusia;
· l'applicazione di nuove tecnologie alla gestione dell'informazione archeologica, in particolare l'elaborazione di cartografia digitale del patrimonio archeologico e la sua gestione con strumenti di georeferenziazione;
· il progressivo ampliamento dell'oggetto di protezione, dai singoli siti alle zone patrimoniali;
· l'elaborazione di cartografie del potenziale archeologico.
I risultati dell'esperienza accumulata in questi anni sono stati importanti e preziosi e possono considerarsi un punto di partenza solido per dare la scalata, negli anni a venire, al nuovo versante della gestione del patrimonio archeologico, stando al passo con i nuovi condizionamenti e le nuove sfide presenti su scala territoriale. Conviene infatti adeguare gli strumenti di gestione del patrimonio archeologico - e di tutto il patrimonio culturale - e adattarli alla nuova realtà territoriale e ai meccanismi messi a punto dalle altre amministrazioni per correggerla e orientarla. Una politica archeologica basata su concetti e realtà già superate non potrà, per quanti sforzi si facciano, dare prova di efficacia nel gestire una situazione diversa da quella da cui trae origine.
È anche possibile impostare proposte che pongano in relazione i requisiti normativi e gli strumenti di pianificazione territoriale elaborati nell'ambito della gestione amministrativa con i prodotti dell'ambito disciplinare della ricerca archeologica. Tuttavia, in primo luogo, è necessario elaborare un piano regolatore del proprio patrimonio archeologico così come si realizzano i piani regolatori delle risorse naturali o i piani delle infrastrutture: questo sforzo di pianificazione, nel nostro ambito, non è stato ancora realizzato. La mancanza di accordo nella gestione del patrimonio archeologico e della pianificazione territoriale, infatti, fa sì che, nel migliore di casi, si continui a integrare elementi isolati senza una chiara connessione con altri elementi territoriali.
È nella fase della pianificazione territoriale che si prendono le decisioni relative alle aree di protezione a uso turistico, allo sviluppo di infrastrutture e attrezzature, eccetera: è questo, pertanto, il momento giusto per incorporare gli obiettivi culturali. Per lo stesso motivo è necessario fare un salto nella scala dell'analisi, in modo da superare la localizzazione dei siti archeologici individuali e stabilire criteri di delimitazione legati a zone di rischio, di potenziale archeologico, di paesaggi ad alto valore di contenuti patrimoniali. La velocità dei cambiamenti che si verificano in ampie aree del nostro territorio nazionale, e in particolare in quello andaluso, rende ogni volta più urgente il disegno di misure di protezione preventiva del patrimonio archeologico e di quel contorno paesistico che gli conferisce gran parte del suo valore come bene culturale.
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