Rivista "IBC" XII, 2004, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / leggi e politiche

A quattro anni dalla firma della Convenzione europea del paesaggio il confronto legislativo tra i paesi del Mediterraneo e quelli del Nord è ancora aperto. Sul fondo rimane una dicotomia antica...
Le parole per dirlo

Francesca Ulisse
[borsista del Consiglio nazionale delle ricerche - "Beni culturali" 2003]

In occasione di una recente ricerca tra cartografia e legislazione sui beni culturali (e di quelli archeologici in particolare) in uso nei paesi della Comunità Europea a scopo di tutela,1 è stato interessante osservare la presenza di alcune sensibili differenze, innanzitutto di carattere "terminologico", nell'indicare e trattare l'oggetto stesso della tutela nell'ambito delle produzioni legislative dei vari paesi. È emerso, infatti, in maniera piuttosto evidente che fra i paesi mediterranei (Italia, Spagna e Portogallo, Grecia e Francia) e quelli nordeuropei (Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia) sembra sussistere una sostanziale duplicità nel modo di sentire il patrimonio culturale.

Nella legislazione italiana, così come in quella spagnola, alla separazione tra i due tipi di "beni" tutelati - i beni "culturali" e quelli "ambientali" - ha corrisposto per tradizione un trattamento separato; la legge portoghese distingue tra bens materiais e bens imateriais, comprendendo fra i primi bens mòveis e imòveis (tra i quali solamente i primi sono detti bens culturais), e così la Grecia, che nella sua precoce legislazione non sembra discostarsi molto dai partner mediterranei: annovera forse solo qualche ritardo, considerando che è solo dal 1975 che la sua Costituzione prevede l'obbligo della tutela dei beni culturali e la protezione dell'ambiente (articolo 24 comma 1 e comma 6) e dal 1992 che, dopo la ratifica dei trattati europei sulla tutela del patrimonio architettonico (1985) e archeologico (1992), ha incluso nel concetto di patrimonio "culturale" monumenti e insiemi architettonici, e siti di particolare importanza storica e archeologica.

Alla stregua di un paese di confine, in Francia la legislazione ricorda molto quelle dei paesi mediterranei con le primitive disposizioni sur la protection des monuments historiques e (separatamente) sur la protection desmonuments naturels et des sites de caractère artistique, historique, scientifiques, légendaire e pittoresque, sebbene sia dal 1962 che concepisce la protezione e la salvaguardia dei bienes culturales et naturels parimenti e indissolubilmente inseriti negli ambiti urbani e territoriali; a conferma di tale tendenza si possono considerare le recentissime produzioni legislative in materia di archeologia preventiva, attualmente un unicum nel panorama europeo. Queste leggi, insieme con la contemporanea programmazione in ambito urbanistico dei Piani d'occupazione dei suoli (POS), hanno condotto sempre più la Francia verso una concezione "globalizzante" del paesaggio, avvicinandola piuttosto ai paesi nordeuropei che non a quelli mediterranei.

Nel NordEuropa, infatti, fatte le dovute eccezioni - ad esempio l'Austria, che con una legge specifica tutela i beni archeologici, i dipinti, i mosaici, gli archivi, ecc. - in gran parte dei paesi la legislazione sul patrimonio culturale si presenta in stretto collegamento con quella sulla protezione dell'ambiente. Nell'articolata situazione politica tedesca la gestione dei beni culturali è di competenza dei singoli Länder fin dall'Ottocento. Si tratta di leggi in cui, sull'impronta di quella del 1902 del granducato di Hessen-Darmstadt, la definizione di "monumento" è piuttosto ampia, intendendo per esso tutto il patrimonio architettonico d'interesse pubblico regionale identificativo anche (o solamente) del "luogo" o dell'"insieme dei luoghi". Dal 1980 esiste una legge federale "sul rispetto della tutela dei monumenti nel diritto federale", che però introduce solamente alcune clausole di salvaguardia della tutela dei monumenti nella legge federale sul governo del territorio (legge quadro sulla protezione della natura del 1976: Bundesnaturschutzgesetz); cosicché la salvaguardia di quello che viene definito "paesaggio culturale" (kulturlandshaft) è in sostanza oggetto di quest'ultima legge.

In maniera molto simile, nella non meno articolata situazione politica e territoriale del Belgio la legislazione in materia è dovunque fortemente legata al luogo "naturalmente" inteso. Nella prima legge della regione fiamminga si sottolinea che in caso di pubblica utilità si procede all'esproprio del monument e del terreno su cui insiste (Capo I, articolo 5) mentre nella successiva e più completa legge sur la protection des monuments et sites urbain et rurauxil termine monument è identificato come "ogni opera dell'uomo, della natura o di entrambe", mentre la locuzione sites urbain et ruraux come "gruppo di più monumenti e/o beni immobiliari e il loro contorno" (Capo I, articolo 2). Per quanto riguarda la regione vallona la sua legge più importante - "sulla conservazione e protezione del patrimonio" - è piuttosto recente e ha come obiettivo la "conservazione integrata del patrimonio", mentre la cosiddetta "regione" di Bruxelles-capitale ha diverse leggi ove si parla sempre e indistintamente di patrimonio, siti e monumenti.

La primitiva legge lussemburghese sulla gestione generale del territorio comprendeva anche la conservation e le développement du patrimoine cultural national' (articolo 2) e non diversamente l'Olanda - paese fortemente legato al concetto di tutela o conservazione come inserite nell'ambito di un processo più ampio di trasformazione e miglioramento, conservazione di natura e cultura e ricreazione per gli abitanti - in materia di beni culturali non ha altro che strumenti legislativi prodotti per la pianificazione e la progettazione territoriale.

Nella penisola scandinava, mentre la Danimarca con una legge ad hoc tutela solamente i "beni culturali", la sezione 14a della Costituzione finlandese stabilisce che "la responsabilità della natura e della sua biodiversità, dell'ambiente e del patrimonio culturale è condivisa da tutti", e nello svedese Heritage Conservation Act si specifica che "la cura e la preservazione dell'ambiente culturale è materia di interesse nazionale" (capitolo 1, sezione 1); il testo legislativo prosegue quindi prevedendo disposizioni di tutela sui nomi dei luoghi (che non possono essere cambiati se non per validi motivi) i monumenti antichi, i resti e i beni mobili, gli edifici e le proprietà ecclesiastiche appartenenti al patrimonio culturale, la circolazione dei beni culturali e gli scavi archeologici (capitolo 1, sezione 2). È interessante notare che nella definizione di monumento antico sono incluse le "formazioni naturali legate ad antiche consuetudini, leggende o importanti eventi storici, come anche tracce di antichi culti popolari" (capitolo 2, sezione 1).

L'isola britannica meriterebbe un discorso a parte data la sua lunga tradizione in materia di gestione del patrimonio culturale. Il National Heritage Act, alla sezione 33 parte II, stabilisce in modo chiaro e definito la "designazione e individuazione dei siti archeologici e il controllo delle operazioni realizzabili all'interno di questi e delle aree d'importanza archeologica"; in Irlanda, invece, il patrimonio archeologico e quello architettonico sono pienamente considerati nel processo di pianificazione contemplando il "rischio" archeologico fin nei primi stadi del processo: è importante sottolineare che fin dal 1963 la consultazione di questo strumento legislativo è obbligatoria per ottenere permessi a intervenire in qualsiasi maniera sul territorio. Solo recentemente la legislazione è stata arricchita nella direzione della protezione del patrimonio e con particolare riferimento a quello archeologico.

Il sommario confronto legislativo fin qui realizzato evidenzia chiaramente la differente percezione che i paesi mediterranei e quelli nordeuropei hanno avuto, e hanno, nei confronti del patrimonio culturale. Dando per assodato che la motivazione è senz'altro da ricercarsi nella storia che la cultura ha avuto in ognuno di questi paesi, sembrano comunque delinearsi dei fattori che hanno avuto un ruolo determinante nel processo formativo delle specifiche produzioni legislative.

Se fra i paesi di area mediterranea, infatti, è riconoscibile la costante presenza di una sorta di culto dell'oggetto, causata dal tradizionale legame con gli "oggetti" culturali e determinata sicuramente dalla notevole quantità di prodotti di cultura materiale rinvenuti (come forse anche dal fascino del "tesoro" che si è andato formando, e che in parte ancora persiste, intorno a essi), nei paesi nordeuropei, invece, la presenza di notevoli e complessi ambienti "naturali", antropizzati e non, ha fatto sì che il patrimonio culturale, in termini legislativi, si sia assimilato pressoché ovunque e fin da subito con il rispettivo "territorio" e abbia assunto quindi fin dall'inizio i connotati di paesaggio culturale.

Non a caso è stato detto che la matrice terminologica delle parole stesse utilizzate nelle varie lingue indica con chiarezza la loro origine: da un lato il luogo costruito e in cui l'uomo è il "soggetto" principale (paesaggio, paysage, paisaje, paisagem, ecc.) dall'altro il luogo in cui l'uomo s'inserisce traendo le proprie risorse (landscape, landschaft, landschap, ecc.).2 Alla base di questa non solo apparente dicotomia europea c'é probabilmente il diverso carattere che l'oggetto della tutela ha assunto nelle diverse realtà quotidiane: nei paesi nordeuropei il patrimonio culturale non è sentito come astratto, super partes e in un certo senso "dogmatico", come piuttosto il bene culturale (sua diretta emanazione) è sentito nei paesi mediterranei; questo patrimonio è altresì calato direttamente nella sua "gestione", fondata su regole di esperienza e funzionalità concretamente connesse con la risoluzione di problemi reali. In un simile contesto europeo, dalla natura culturale profondamente diversificata e ancora in fase assolutamente preliminare di confronto e conoscenza, acquista valore e importanza ancora maggiori la Convenzione europea del paesaggio firmata a Firenze nel 2000:3 tra i paesi di una Unione in piena crescita ed espansione c'è davvero bisogno di un collante.


Note

(1) La ricerca, intitolata Analisi comparata tra strumenti cartografici e legislazione sui beni culturali nei paesi della Comunità europea, è stata condotta dalla scrivente sotto la direzione del professore Paolo Sommella (Università "La Sapienza" di Roma), con il finanziamento della borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche ("Beni culturali", 2003).

(2) L. Scazzosi, Paesaggio, paysage, paisaje, landscape, landschaft, landschap, krajobraz... Politiche e culture del paesaggio in Europa e negli Stati Uniti: una lettura trasversale, in Politiche e culture del paesaggio. Esperienze internazionali a confronto, a cura di L. Scazzosi, Roma, Guerini Editore, 1999, p. 18. Si veda anche Politiche e culture del paesaggio. Nuovi confronti, a cura di L. Scazzosi, Roma, Gangemi Editore, 2001.

(3) Per il testo della Convenzione e per maggiori dettagli: www.bap.beniculturali.it/attivita/tutela_paes/convenzione.html.

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