Rivista "IBC" XII, 2004, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / interventi, progetti e realizzazioni, leggi e politiche, pubblicazioni

In occasione del trentennale dell'IBC la responsabile del Servizio per i beni architettonici e ambientali propone una ricostruzione storica dell'esperienza realizzata in questo ambito dall'Istituto.
Trenta anni dalla parte del territorio / 2 Dagli anni Novanta a oggi

Marina Foschi
[IBC]

La prima puntata di questo articolo può essere letta nel numero precedente. Un intervento dell'autrice sullo stesso tema è stato pubblicato nel volume Repertorio di idee e di esperienze per un approccio storico-ambientale integrato nella pianificazione urbana e nella informazione ai cittadini (Franco Angeli editore, curatore scientifico Vanni Bulgarelli). Il volume è curato dal Comune di Modena, nell'ambito del progetto "Le città sostenibili. Storia, natura, ambiente. Un percorso di ricerca", ideato e promosso dall'Ufficio ricerche e documentazione sulla storia urbana dell'Assessorato alla cultura. Al progetto (per maggiori dettagli: www.cittasostenibile.it) partecipa anche l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, che garantisce l'apporto scientifico delle ricerche e dei progetti curati dal suo Servizio per i beni architettonici e ambientali.

Per la realizzazione di questa seconda e ultima puntata l'autrice si è avvalsa della collaborazione di Alessandro Alessandrini (progetto "ECOnet"), Maria Pia Guermandi (progetto "CART"), Stefano Pezzoli (uso delle fonti cartografiche storiche), Sergio Venturi.


Divulgazione e uso delle fonti cartografiche storiche

Il supporto quotidiano all'attività dell'Istituto per i beni culturali (IBC) della Regione Emilia-Romagna nell'azione di consulenza alla pianificazione territoriale, ai piani di recupero, al restauro architettonico è fornito dalle oltre centomila immagini raccolte a documentazione del territorio regionale e, per quanto concerne soprattutto la cartografia, inserite nei criteri metodologici per lo studio dell'evoluzione dei centri storici e del paesaggio e, prima ancora, come già visto nella prima parte di questo articolo, per sperimentare e mettere a punto tali elaborazioni. Il riordino, l'informatizzazione e la pubblicazione per molti di questi materiali hanno costituito negli ultimi anni l'impegno primario dell'Istituto per la loro divulgazione, con un triplice obiettivo: quello didattico e di promozione culturale; quello tecnico e operativo; quello scientifico, di approfondimento delle possibili letture e di connessione fra le finalità originarie delle fonti cartografiche e quelle attuali.

Alcune di queste carte pubblicate, il cui uso era raccomandato dal piano paesistico, sono considerate fonti preziose per la pianificazione territoriale. Fra queste la Topografia del ducato di Modena in scala 1:28.800, realizzata fra il 1821 e il 1828 dal Genio militare estense sotto la guida di Giuseppe Carandini e la serie relativa a questa regione delle Carte topografiche del Genio militare austriaco, derivate dalla medesima matrice francese, redatte fra il 1821 e il 1851 in scala 1:86.400 per gli Stati preunitari del Centro e Nord d'Italia. La riduzione a stampa e informatica di queste ultime carte, frutto della collaborazione fra IBC e Servizio cartografico e geologico della Regione, è stata definita "Carta storica regionale", realizzata in analogia e resa confrontabile meccanicamente con la cartografia dell'Istituto geografico militare (IGM) e con la Carta tecnica regionale.

Le fonti topografiche militari ottocentesche e della prima metà del Novecento sono state utilizzate per studiare le trasformazioni territoriali come contributo al progetto modenese delle città sostenibili, in quanto costituiscono il mezzo più evidente e oggettivo per conoscere le condizioni reali del territorio e la loro evoluzione. I segni più evidenti sono quelli della rete idrografica e viaria, dell'edificato e di alcune classi significative di uso del suolo. L'utilizzazione della carta "Carandini" per un approfondimento delle unità di paesaggio attraverso la comparazione con la cartografia attuale era stata in precedenza sperimentata dall'IBC per il bacino della Bonifica Parmigiana Moglia, nella bassa pianura fra il torrente Crostolo e il fiume Secchia.1

Da quell'esperienza di una decina d'anni precedente sono derivati i criteri per la trasposizione cartografica adottata ora per il territorio comunale di Modena, mentre, per l'elaborazione dei parametri finalizzati a indirizzi di tutela e fruizione delle risorse si è fatto riferimento, come si è detto nella puntata precedente, alla metodologia di Borgo Panigale, mettendo in risalto punti, linee e aree di più o meno lunga persistenza nel sistema del paesaggio agrario e del relativo insediamento rispetto a quello attuale. Inoltre, per un'interpretazione mirata dell'uso del suolo finalizzata alla conservazione della biodiversità sono state riprese le metodiche applicate al progetto europeo LIFE "ECOnet".


L'invenzione delle acque per "Bologna 2000"

Diverso approccio metodologico, ma utile a focalizzare sotto più punti di vista uno dei caratteri fondanti dei centri padani, ha avuto la ricerca su "Bologna e l'invenzione delle acque. Saperi, arti e produzioni tra '500 e '800" sfociata nell'omonima mostra, una delle esposizioni celebrative di Bologna come città europea della cultura nel 2000. L'impostazione del lavoro si connette a un filone proficuo di ricerche condotte dall'Istituto fin dalla sua origine: quello della storia materiale, dell'archeologia industriale e rurale, lette nel contesto culturale, sociale, economico e territoriale. Il progetto, curato dall'Istituto e dall'Università, con la collaborazione del Comune e del Ministero per i beni e le attività culturali, ha infatti stimolato punti d'incontro fra storia della scienza, storia economica e del paesaggio, interpretando l'acqua come strumento di comunicazione.

Questa logica "idraulica", come ha affermato Franco Farinelli, fluisce nelle idee, come nei trasporti e nei commerci, nei rapporti economici fra città e territorio, soprattutto fra il XVI e il XIX secolo, quando per Bologna, dalla crisi del notariato e dell'Università che a quello preparava (mediazione fra potere politico e religioso), si sviluppa un nuovo modello economico e culturale. È l'acqua a mettere in relazione la cultura tecnico-scientifica e i saperi pratici che plasmano la città e la campagna.2

Fra i temi studiati e messi in relazione figurano documenti manoscritti e a stampa, opere grafiche e cartografiche, conservati dall'Università di Bologna nel fondo dedicato a Luigi Ferdinando Marsili. Di grande rilievo i manoscritti e i disegni marsiliani relativi alle zone umide, dai quali si evince la rilevanza in termini economici della palude, da sempre considerata come luogo da bonificare, sede in realtà di una complessa serie di attività (la risaia, la pesca, l'artigianato delle erbe palustri). Il senso delle acque che scorrono nella città storica è stato poi il motivo conduttore di un percorso urbano supportato da rappresentazioni iconografiche e da testimonianze della tradizione orale e scritta per recuperare la memoria di lavori e mestieri, di modi di vita e luoghi di aggregazione, che hanno fortemente permeato la vita cittadina per molti secoli. I temi del lavoro, della navigazione, del territorio, con le ville e i poderi, cellule garanti dell'equilibrio del sistema idraulico territoriale, nell'esemplificazione bolognese rappresentano un percorso di analisi e di riqualificazione da ricercare in ogni città.


Cartografia archeologica e pianificazione territoriale: il progetto "CART"

La "Carta archeologica del rischio territoriale - CART" è un sistema informativo territoriale realizzato dall'IBC e dalla Soprintendenza archeologica per l'Emilia-Romagna in accordo con l'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, in collaborazione con gli enti locali della regione e con il contributo finanziario del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) - Piano finalizzato "Beni culturali". Sul piano istituzionale il progetto "CART" si pone due obiettivi prioritari: quello di divenire uno strumento di supporto alla programmazione degli interventi sul territorio e quello di agevolare il sistema di gestione del patrimonio archeologico.

Il progetto della creazione di una carta archeologica del rischio nasce ufficialmente nel 1995: fu l'allora soprintendente Pietro Giovanni Guzzo che, sull'esempio dell'esperienza del Museo civico archeologico etnologico di Modena, sentì l'esigenza di estendere alla regione una "politica del dialogo" con le amministrazioni locali e i privati; politica che prevedeva, tra l'altro, la stesura di una carta interattiva dove fosse segnalata la presenza di aree o zone soggette al rischio di intercettazione di giacimenti archeologici. Il progetto - caldamente sostenuto anche dal soprintendente successivo, Mirella Marini Calvani - è nato quindi con la volontà di rendere pubblico il "rischio archeologico" e con la speranza che chi dovesse operare sul territorio fosse, in un certo senso, consapevole delle complicazioni legate a eventuali interventi nel sottosuolo.

"CART" nasce con l'intento di essere uno strumento gestionale immediatamente spendibile a livello di pianificazione urbanistica, e rappresenta di fatto un'apertura da parte dell'ente ministeriale verso le realtà amministrative periferiche al fine di instaurare proficui incontri di collaborazione reciproca. Indispensabile chiarire le potenzialità e i limiti, l'utilità di una informazione estesa e, al tempo stesso, la casualità e la limitatezza dei dati disponibili, che rendono questa carta archeologica "potenziale" affidabile per alcuni strati o periodi, ma non sufficiente per escludere la possibilità di rinvenimenti in condizioni differenti. Le aree geografiche finora coinvolte nel progetto "CART" sono il centro urbano di Modena, l'intero territorio della provincia modenese, il centro storico di Faenza, il centro urbano di Forlì, il territorio della provincia di Forlì-Cesena e il territorio comunale di Bologna. In tutte queste aree la costruzione della Carta del rischio è stata possibile grazie alla fattiva collaborazione degli enti locali (quali le amministrazioni comunali e provinciali) che hanno fornito la cartografia di base su cui è stata costruita la mappatura archeologica.3

È pertanto con lo spirito di collaborazione che è alla base del progetto che possono essere preventivamente valutate le condizioni di rischio. Fino a ora questo si è concretizzato nella stesura di convenzioni tra la Soprintendenza per i beni archeologici, l'IBC e gli enti locali (province e comuni). La decisione di "istituzionalizzare" il progetto risulta essere segno evidente della volontà di operare assieme per lo sviluppo del territorio nel pieno rispetto della salvaguardia del nostro patrimonio storico archeologico, facendo della Carta archeologica del rischio territoriale uno strumento attivo entro un reale processo di tutela preventiva.


Conoscere e realizzare le reti ecologiche: il progetto LIFE "ECOnet"

Il progetto internazionale "LIFE ECOnet", coordinato per la Regione Emilia-Romagna dall'IBC, in collaborazione con la Contea inglese del Cheshire, la Provincia olandese del Gelderland, le Province di Modena e di Bologna, la Regione Abruzzo, si è concluso nel 2003. L'obiettivo è stato costruire uno scenario di riferimento per realizzare e consolidare reti ecologiche nel territorio oggetto dell'analisi: la pianura emiliana nelle province di Modena e Bologna caratterizzata da forte impoverimento e frammentazione ecologica, con habitat naturali o seminaturali ormai scomparsi e specie minacciate o in situazione critica.

L'analogia con il progetto modenese delle "città sostenibili", pur con diversi obiettivi specifici, ha fatto sì che venissero applicati riscontri cartografici e criteri analoghi di evidenziazione nelle trasformazioni dell'uso del suolo. È stata infatti messa a punto, con l'utilizzo di tecnologie GIS, una metodologia per misurare le modificazioni ecologiche del territorio nel corso del tempo. Grazie alla cartografia e alle foto aeree storiche raccolte all'IBC sono stati creati strati digitalizzati di oggetti ecologicamente significativi. Il confronto diacronico ha permesso di quantificare e qualificare le modificazioni rispetto a criteri come la frammentazione e l'impoverimento ecologico. Sono stati in particolare esaminati i territori della bassa pianura bolognese (Selva Malvezzi) e della pianura alta modenese (tra Modena e la pedemontana). Inoltre in questo territorio sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione interventi di restauro e ricostituzione ambientale proprio per favorire la diversificazione ecologica. Il progetto ha formato lo schema di riferimento per sviluppare queste iniziative e per costruire una rete ecologica efficiente e coerente.

LIFE "ECOnet" è stato diviso in diversi tasks, in modo da attuare un insieme di azioni omogeneo e riconducibile a uno schema di "Agenda 21", coinvolgendo tutti i soggetti significativi: amministrazioni locali, consorzi di bonifica, volontariato, studiosi, tecnici, organizzazioni agricole, ecc. Gli stakeholders sono stati contattati e intervistati, in modo da attivare un rapporto di conoscenza condivisa e da valutare le risorse e la disponibilità a collaborare per creare e gestire la rete ecologica. Lo scenario è stato costruito grazie al lavoro svolto dall'Istituto olandese "Alterra", riconosciuto come massima autorità a livello europeo. Partendo dalla conoscenza di habitat presenti nel territorio, sono state individuate 6 specie animali per le quali ideare la rete, il cui sistema è stato disegnato grazie all'applicazione della metodologia che si basa sulla conoscenza delle caratteristiche ecologiche ed etologiche delle specie scelte.

La maglia idrografica, sia naturale che artificiale, è nei fatti anche una rete ecologica connessa e continua. Sono stati quindi messi a punto schemi di gestione delle pertinenze idrauliche affidate ai consorzi di bonifica, in modo che le necessità primarie di sicurezza, irrigazione e scolo tengano conto anche delle necessità di miglioramento ecologico del territorio. Questi schemi sono stati sviluppati in stretta collaborazione con i tecnici dei consorzi, in modo che una volta terminato il progetto possano essere applicati concretamente. Anche la disseminazione delle conoscenze è stata assicurata con lo svolgimento di numerose iniziative pubbliche, sia generali che specifiche, per tecnici o per amministratori. È stato prodotto materiale illustrativo, ideato per un pubblico generale o per target specialistici.4

Nel corso dei lavori le due Province coinvolte hanno inserito il progetto di rete nei loro strumenti pianificatori, in modo da assicurare i necessari sviluppi futuri, mentre le amministrazioni comunali sono coinvolte sia per la realizzazione che per la gestione della rete ecologica. Le prospettive sono quelle di costituire e di rafforzare tale rete attraverso la realizzazione di siepi, piccole zone umide, praterie, arbusteti; la gestione degli ambiti fluviali e delle altre pertinenze pubbliche giocherà in questo un ruolo essenziale.

Il 21 maggio 2004 il progetto LIFE "ECOnet" è stato premiato con il "Panda d'Oro", il riconoscimento assegnato ogni anno a enti e istituzioni dal WWF Italia come "diploma per la conservazione della biodiversità".


L'attuale quadro normativo e il Servizio per i beni architettonici e ambientali dell'IBC

Dal 2000 una serie di provvedimenti a cascata fra Unione europea, Stato e Regioni sta rinnovando radicalmente il quadro normativo dei beni culturali, dell'ambiente, del paesaggio e della pianificazione territoriale. Fra numerose contraddizioni e aspri dibattiti si scorgono tuttavia i segni di un percorso di sensibilizzazione per far convergere queste discipline e la volontà dei cittadini nel governo del territorio. Più che rileggere questo percorso come vittoria o sconfitta di questa o quell'amministrazione (o competenza), appare utile entrare nel merito di singoli provvedimenti per cercarne i caratteri innovativi e condivisi. La stessa costruzione dei percorsi di "Agenda 21" si può considerare filo conduttore. In Emilia-Romagna il processo avviato con la legge urbanistica 20/2000 segna alcune tappe significative.

L'Accordo del 9 ottobre 2003 fra la Regione Emilia-Romagna, il Ministero per i beni e le attività culturali e le associazioni delle autonomie locali per l'esercizio della tutela del paesaggio è finalizzato (come recita l'articolo 2) "a realizzare una forma di collaborazione istituzionale che impegni le parti a garantire la corretta gestione della tutela del territorio, la valutazione consapevole delle trasformazioni e la salvaguardia dei valori storici, culturali, naturalistici e paesaggistici, attraverso il riconoscimento di un quadro strumentale e normativo che sia univoco e condiviso". Il quadro strumentale e normativo è quello che consapevolmente gli enti locali hanno applicato in coerenza con le leggi urbanistiche e il Piano paesistico e la condivisione con gli organi dello Stato si basa sulla chiarezza e l'elaborazione di obiettivi comuni.

L'accordo del 2003 era preceduto da quello ministeriale del 2001, che ha avuto il merito di estendere definitivamente a tutto il territorio il riconoscimento giuridico di valenza paesistica. Inoltre esso promuove azioni di valorizzazione e obiettivi di qualità paesistica fra pubbliche amministrazioni a scala locale e progetti di recupero, valorizzazione e gestione finalizzati al mantenimento dei paesaggi e alla riqualificazione delle parti degradate. L'Accordo con l'Emilia-Romagna, che discende da questo, è reso possibile e operativo dagli impegni assunti con la Legge regionale 31/2001 "Disciplina generale dell'Edilizia". In particolare esso era esplicitamente previsto dall'articolo 46, allo scopo di definire criteri e modalità per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, per l'apposizione e la modifica dei vincoli, per la cooperazione nella vigilanza sulla gestione dei vincoli e per la formazione dei tecnici.5

Nel contesto più generale del coordinamento fra le Regioni che ha ottenuto riconoscimento, anche se non piena soddisfazione, nell'elaborazione del nuovo Codice dei beni culturali e paesaggistici questo accordo è parso ad alcuni una fuga in avanti, ad altri un passo indietro rispetto a competenze acquisite per le Regioni. Si tratta in realtà della conclusione logica di un processo maturato a lungo, attento agli obiettivi di tutela e valorizzazione del patrimonio e non limitato alle sole competenze, entrato nel merito dei risultati da ottenere, dei metodi e delle procedure per realizzarli. Un accordo che certamente apre all'IBC prospettive di approfondimenti ed elaborazioni finalizzate e, da subito, una circuitazione virtuosa dei materiali documentali e delle banche dati raccolti.

Del resto lo stesso Codice, riconoscendo nel settore ambientale le competenze connesse alla gestione del territorio, non può non fare riferimento all'esigenza di organismi regionali in grado di organizzare le conoscenze e riversarle in livelli diversi di programmazione e valorizzazione.

Significativi in proposito gli articoli 132 e 135 del titolo III: il primo richiama la cooperazione tra amministrazioni pubbliche e l'istituzione di osservatori a livello nazionale e regionale con il compito di elaborare studi, analisi e proposte per la qualità del paesaggio; il secondo, ribadendo la competenza regionale in materia, afferma il carattere urbanistico-territoriale dei piani paesistici, che debbono definire le trasformazioni compatibili, le azioni di recupero e riqualificazione e gli interventi di valorizzazione in relazione con le prospettive di sviluppo sostenibile. Nei successivi articoli viene ripresa l'interrelazione fra piano paesistico e pianificazione territoriale e vengono previsti convenzioni e accordi fra Ministero e Regioni per stabilire "le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi" (articolo 156). Nonostante il tono accattivante delle enunciazioni, un'associazione ambientalista come "Italia Nostra" lamenta un'attenzione insufficiente per i temi ambientali ed esorta le Regioni a valorizzare l'attività di censimento in questo campo.6

Fra il 2002 e il 2003 ulteriori provvedimenti confermano e definiscono sotto aspetti diversi la volontà regionale di puntare a una migliore qualità dell'architettura e del paesaggio, regolando i processi di progettazione connessi al rispetto delle normative urbanistiche. Il filo logico che partiva dal piano paesistico - ma che solo dal 2000, con il concetto di "carta unica del territorio", ricuciva strumenti e procedure - ha consentito di elaborare processi operativi fra sviluppo e tutela. Questo sforzo evidente non può nascondere lacune e difficoltà di realizzazione, ma ha il pregio di indicare obiettivi condivisi.

Sempre in tema di paesaggio va ricordato il bando uscito nel 2003 in applicazione dell'articolo 49 della citata Legge regionale 20/2000, che ne promuove la valorizzazione come "rielaborazione di identità culturali e di qualità dei paesaggi prioritariamente nei territori in cui le dinamiche di sviluppo e i processi di trasformazione risultano maggiormente problematici in termini di sostenibilità e riequilibrio ambientale, ampliando il coinvolgimento di diversi attori pubblici e privati e della popolazione interessata alla definizione di nuovi modelli di sviluppo territoriale". Il bando assume quindi il paesaggio come motore della ricerca progettuale "per connettere obiettivi di qualità paesaggistica e di identità culturale a nuove opportunità di sviluppo". La limitatezza delle risorse economiche messe in campo non ha dissuaso dalla partecipazione i numerosi operatori che condividono gli obiettivi: rafforzare i valori identitari, riconoscere nel paesaggio una parte essenziale dell'ambiente di vita delle comunità locali, espressione delle diversità culturali e naturali che caratterizzano il territorio. In analogia con le azioni promosse da Agenda 21, questa parte dall'assunto che "l'integrazione delle politiche territoriali e l'identificazione degli elementi di riconoscibilità dei luoghi siano riferimento per orientare i processi di trasformazione verso obiettivi di sostenibilità ambientale e socioeconomica".

Nel dicembre 2003 è stata approvata la Legge nazionale n. 378 per la "tutela e valorizzazione dell'architettura rurale" realizzata tra il XIII e il XIX secolo, un provvedimento in controtendenza dopo decenni di rinuncia a gestire l'abbandono agricolo delle campagne, ma in grado di rafforzare i provvedimenti regionali, fornendo un quadro generale e un supporto finanziario per la programmazione degli interventi. Nell'esigenza di una programmazione triennale degli interventi affidata alle Regioni, l'IBC può fornire il supporto conoscitivo e i criteri di classificazione e valutazione affinati negli anni.

Il maggior riscontro e impatto nell'opinione pubblica per un rilancio della progettualità come dibattito aperto sulla cultura del territorio è stato dato dalla Legge regionale n. 16 del 2002. Partita dal recupero edilizio, con alle spalle le rielaborazioni della legge per i centri storici e una seria esperienza sugli studi di fattibilità legati ai piani di recupero, questa legge ha teso a ricucire il filo conduttore fra paesaggio e costruito storico, demolizione di opere incongrue e rilancio dell'architettura contemporanea. In fondo il denominatore comune è la qualità di un progetto che non può prescindere da un confronto approfondito con il contesto ambientale. Questo paradigma complesso va al di là della proposta di legge per la qualità architettonica presentata dal Ministero per i beni e le attività culturali, che pure ha il merito di cercare strumenti per alzare il livello della produzione nazionale; esso punta alla ricerca costante di un equilibrio fra un tessuto da ricucire e l'interpretazione di esigenze maturate.

Sarebbe contraddittorio vedere in questi provvedimenti la rivalsa degli architetti contemporanei sui veti a intervenire nei centri storici. La constatazione oggettiva di perdita della "bellezza" in Italia non può essere risolta solo da sporadiche demolizioni di "mostri", né da sostituzioni frettolose. A partire dalle periferie urbane e dai paesaggi compromessi, il rilancio del progetto di qualità, l'apertura di concorsi, il sostegno ai giovani professionisti vanno praticati per risarcire le ferite ambientali, così come per rendere possibili le nuove realizzazioni. Ma perché la qualità non si esaurisca nella ricerca estetica deve appoggiarsi alla conoscenza approfondita dei contenuti storici e delle strutture del paesaggio, trovare momenti pubblici per mettere in discussione criteri e priorità. L'IBC è chiamato a un ruolo importante da questa legge: non solo nella partecipazione a una valutazione dei progetti intesi come sperimentazione metodologica, ma anche nel mettere a disposizione materiali e metodiche acquisite, e infine nella ricerca sulle opere dell'architettura contemporanea.

Anche le nuove norme che la Regione sta elaborando sull'abusivismo edilizio in risposta al condono, a corollario delle "Misure urgenti" uscite con la prima legge del 2004, sono un'occasione eccezionale per ribadire le finalità della salvaguardia del territorio e dell'ambiente come interesse preminente della comunità regionale, affiancando così il principio della conservazione preventiva a quello della vigilanza e delle sanzioni contro l'abusivismo. Ciò comporta, insieme con la condivisione delle procedure, la messa in rete dei dati informativi necessari alla gestione dello "sportello unico per l'edilizia" e prima ancora a comporre la "carta unica del territorio".

Come recitano le "Misure urgenti", le "nuove norme in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia" promuovono "l'aggiornamento della strumentazione pianificatoria, potenziando gli apparati organizzativi e incentivando i sistemi tecnologici di controllo del territorio". La tempestività nel reprimere gli abusi si raccorda con l'organizzazione preordinata e finalizzata delle conoscenze, a partire da una chiara individuazione delle aree più sensibili e a rischio. In tal senso, senza nulla togliere a una strumentazione tecnologica di supporto alla vigilanza in tempo reale (telerilevamento, controlli speditivi), il contributo istituzionale di organismi preposti alla conoscenza delle stratificazioni naturali e storiche del territorio risulta determinante nella costruzione di una carta del rischio regionale.

La nascita nel 2002 del Servizio per i beni architettonici e ambientali all'interno dell'IBC, promossa da un assessore alla cultura che era anche vicepresidente della Giunta, ripristina la centralità di un tema che raccorda e sostanzia sul territorio gli obiettivi e gli strumenti della conoscenza. Si tratta di un servizio regionale che sostituisce due uffici della compagine iniziale dell'Istituto, quello per i beni architettonici e quello per i beni naturali, che avevano in origine una dotazione adeguata di personale appositamente scelto per le funzioni di conoscenza, elaborazione, didattica e promozione del patrimonio del territorio.

Ereditando le esperienze citate, le competenze del nuovo Servizio - ora ampliate nel campo dei beni naturali e ambientali, della carta archeologica e dell'archeologia industriale - vanno dai supporti tecnici e conoscitivi per la pianificazione territoriale, per il recupero del costruito storico e del paesaggio, alla tutela degli alberi monumentali; dalla raccolta, archiviazione e divulgazione della cartografia e iconografia storica del territorio regionale, alla elaborazione di metodologie di riqualificazione e riuso per centri storici e patrimonio rurale; dal censimento, catalogazione e georeferenziazione del patrimonio architettonico, storico e contemporaneo, a quelli del patrimonio naturale in relazione con la biodiversità.

Le conferenze di pianificazione a livello comunale e provinciale innescate dalla Legge regionale 20/2000 vedono una partecipazione attiva e istituzionale di notevole impegno con risposte diversificate: urbanistiche e architettoniche, ambientali, archeologiche. Una consulenza supportata da documenti inediti, che vanno oltre le valutazioni richieste, un canale diretto e privilegiato per rispondere tempestivamente alle esigenze degli enti immettendo conoscenze specialistiche. Analogo contributo è previsto in relazione con la nuova legge regionale per prevenire l'abusivismo edilizio. Alcuni approfondimenti derivano poi da progetti speciali: quelli del CNR, come "CART"; quelli connessi a finanziamenti della Regione e degli enti locali: come quello sui ponti della Provincia di Bologna che ha prodotto una mostra e un manuale per rispondere alle esigenze di adeguamento e di tutela, quello sui castelli in collaborazione con l'Università, o la ricerca sull'archeologia industriale. Notevole è il contributo dei progetti europei, come nei "LIFE Natura" (e in particolare "ECOnet"), o come negli affondi specialistici per categorie particolari di beni architettonici nel loro contesto ambientale: dal patrimonio ospedaliero ai castelli, dagli insediamenti storici in zona sismica alle ville e al patrimonio rurale ("CASTRUM", "VILLAS", "SISMA", "PAPHE").

Rinnovare questo compito con gli strumenti e gli obiettivi attuali è la sfida connessa a una struttura nata senza portafoglio. Proprio per questo è forte la tensione per cogliere le sfumature innovative e le collaborazioni istituzionali di chi apprezza l'esperienza acquisita trovandovi spunti di nuova attualità. La capacità concomitante di interpretare con norme recenti le tensioni della società è la migliore risorsa per indirizzare l'attività intrapresa.


Note

(1) Il lavoro, curato da Emma Francia e Zelmira Corradini, ha accompagnato le elaborazioni cartografiche con una banca dati che ha registrato le variazioni dell'uso del suolo e degli insediamenti, della viabilità e dell'idrografia, con un significativo apporto dato dall'analisi toponomastica. Si veda anche: S. Pezzoli, Idrografia in azzurro, "IBC, VII, 1999, 2.

(2) La mostra "Bologna e l'invenzione delle acque. Saperi, arti e produzioni tra '500 e '800" è accompagnata dal catalogo curato da Massimo Tozzi Fontana (Bologna, Editrice Compositori, 2000), da un filmato realizzato da Riccardo Vlahov e da un CD prodotto dall'IBC in collaborazione con il CINECA a cura di Stefano Pezzoli e Cecilia Ugolini. Si veda anche: S. Pezzoli, Bologna e l'invenzione delle acque, "IBC", VIII, 2000, 4.

(3) Per quanto attiene all'operatività del progetto, Soprintendenza e IBC hanno mantenuto un ruolo di direzione scientifica congiunto e, mentre alla prima spettò la direzione archeologica del lavoro, all'ente regionale venne demandata la messa a punto di un software che rispondesse a tali esigenze. Non da ultimo, il programma doveva tenere in considerazione la possibilità di essere costantemente aggiornato e liberamente consultato dagli enti o utenti singoli accreditati. Si veda anche: CART. Carta archeologica del rischio territoriale, a cura di M. P. Guermandi, "IBC", VI, 1998, 3.

(4) Nell'ambito del progetto "ECOnet", oltre alla cartella con le schede del progetto, sono stati pubblicati i seguenti materiali: E. Ottolini, P. Rossi, Conoscere e realizzare le reti ecologiche, Bologna, IBC, 2002; A. Alessandrini, E. Ottolini, P. Rossi, Di fiume in fiume, di siepe in siepe, "IBC", X, 2002, 3; A. Alessandrini, P. Rossi, I risultati del progetto LIFE "ECOnet". Bilanci e prospettive, "ACER", 2003, 6.

(5) L'Accordo per il paesaggio del 2003 (su cui si veda anche: A. Mele, G. Poli, D'accordo sul paesaggio, "IBC", XII, 2004, 1) nasce da precedenti europei e nazionali: la Convenzione europea del paesaggio siglata a Firenze il 20 ottobre 2000; l'Accordo fra il Ministero per i beni e le attività culturali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 19 aprile 2001; la Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 del 2001 recante "Modifiche al Titolo V della Costituzione".

(6) Il Decreto legislativo recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio" dedica in realtà meno rilievo alla seconda parte che alla prima, nella quale prevale la competenza statale. Nel dibattito promosso a Milano da "Italia Nostra", riportato nel Bollettino della stessa associazione (2003, n. 396), Alberto Ferruzzi denuncia i "contenuti ben lontani dal dibattito culturale che la legge Galasso ha generato nel Paese" ed esorta le Regioni a "valorizzare l'attività di censimento e catalogazione dei propri indicatori paesistici, geologici, vegetazionali, faunistici, agricoli, storico-culturali, estetico-visuali".


Alla fine di giugno Marina Foschi ha lasciato l'IBC: la redazione della rivista coglie l'occasione per salutarla e ringraziarla della collaborazione così generosamente offerta in questi anni.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it