Rivista "IBC" XVI, 2008, 4
musei e beni culturali / corrispondenze, didattica
"L'insegnamento della storia delle arti è un insegnamento di cultura artistica condivisa. Riguarda tutti gli studenti. È sostenuto da tutti gli insegnanti. Convoca tutte le arti. Il suo obiettivo è quello di dotare tutti di una coscienza comune: quella di appartenere alla storia delle culture e delle civiltà, alla storia del mondo. Questa storia del mondo si incide in tracce indiscutibili: le opere d'arte dell'umanità. L'insegnamento della storia delle arti ne fornirà le chiavi d'accesso, ne svelerà il senso, la bellezza, la diversità e l'universalità". Con questo Preambolo si apre il documento del Ministero dell'educazione nazionale francese Organisation de l'enseignement de l'histoire des arts, pubblicato nel "Bollettino ufficiale" numero 32 del 28 agosto 2008.
La "storia delle arti", in Francia, si presenta quindi come un insegnamento di cultura artistica che riguarda tutti i livelli di istruzione e tutti gli studenti, comprende tutte le arti, coinvolge tutti gli insegnanti. Qualcosa di molto diverso, pertanto, dalla nostra "storia dell'arte", che comunque assume forme e denominazioni differenti nella variegata scuola secondaria di secondo grado (ambito a cui qui ci limiteremo). Ma il dibattito che sta accompagnando questa iniziativa d'oltralpe ci riporta a quello che si è sviluppato in Italia al tempo delle prime sperimentazioni nelle scuole superiori, prima dell'ingresso ufficiale della materia - con professori, orari e programmi specifici - nel liceo classico e in quello femminile con la Riforma "Gentile" del 1923.1
È dalla fine dell'Ottocento che la Francia sta cercando di inserire la storia dell'arte nelle scuole superiori. Se il nostro insegnamento inizia con la sperimentazione di Mario Martinozzi nel Liceo pareggiato "San Carlo" di Modena nel 1898, Georges Perrot, archeologo ed ellenista francese, era riuscito a introdurre la materia nell'insegnamento secondario moderno già nel 1891, con tre ore a settimana divise fra "Histoire de la civilisation" e "Histoire de l'art". Per la prima volta, gli allievi del Lycée Moderne (senza greco e latino) si sentivano dire che la storia dell'arte di un popolo è alla pari con la sua letteratura, libera traduzione dei suoi sentimenti più profondi e dei suoi più alti pensieri. Perrot reclamava per la storia dell'arte ore autonome, maestri qualificati, materiale adatto a formare l'"educazione degli occhi" e dotare lo spirito dei giovani di senso estetico.2
Ma nel giro di pochi anni l'insegnamento era stato portato a un'ora a settimana, gli insegnanti non erano preparati, mancava il materiale. E, soprattutto, Perrot non era riuscito a fare breccia nel Liceo classico. La storia dell'arte era entrata "dalla porta secondaria", ma in qualche ambito aveva trovato una buona accoglienza: in un liceo di Reims, l'archeologo Hippolyte Bazin aveva organizzato un piccolo museo didattico, mentre in un liceo di Parigi si interessava alla materia il professore di retorica... Émile Mâle. Un altro ellenista, Alfred Croiset, avrebbe accolto l'insegnamento nelle scuole purché il maestro fosse stato un artista o un uomo di grande sensibilità e gusto fine, un vero storico e un profondo educatore, capace di adattare il suo insegnamento allo spirito e alle cognizioni degli allievi.3
Nel 1968 la situazione è immutata. Louis Hautecoeur si lamentava del fatto che gli studenti arrivassero all'università senza alcuna conoscenza di storia dell'arte e chiedeva che l'insegnamento venisse esteso alle scuole superiori.4 In anni più recenti non possiamo dimenticare le battaglie di André Chastel, che indicava il sistema italiano come modello per l'Europa, e gli appelli di Pierre Rosenberg, già direttore del Louvre, che all'indomani dell'elezione del presidente Sarkozy gli ricordava dalle pagine di "Libération" la sua promessa di far entrare la storia dell'arte nelle scuole, dove gli allievi imparano a "leggere", ma non a "vedere". E Sarkozy, nella sua Lettre de mission dell'1 agosto 2007 al ministro della cultura Christine Albanel, propone la creazione di un insegnamento obbligatorio di "storia dell'arte" (quello facoltativo è già presente): una disciplina base di quell'educazione culturale così carente negli studenti. Sarkozy auspica inoltre una stretta collaborazione fra mondo educativo e mondo della cultura, allontanati istituzionalmente dalla separazione dei due ministeri (avvenuta anche in Italia con la nascita del Ministero dei beni culturali nel 1975).
La "storia dell'arte" di Sarkozy, però, era già diventata "storia delle arti" nella missione affidata dal Ministero della cultura e da quello dell'educazione nazionale (ministro Xavier Darcos) a Eric Gross il 27 luglio 2007, missione volta a incrementare l'educazione artistica e culturale dei giovani tramite una maggiore presenza della storia delle arti e delle tecniche artistiche negli insegnamenti, interventi di artisti nelle scuole e possibilità per gli studenti di praticare un'arte in appositi ateliers al di fuori dell'orario scolastico. Nella relazione conclusiva (14 dicembre 2007), Gross giunge alla conclusione che, "nelle condizioni attuali", non è realizzabile un insegnamento obbligatorio di storia dell'arte con insegnanti e orari propri, sia perché i programmi sono già molto pesanti, sia per l'attuale mancanza di docenti preparati. Due, secondo Gross, le strade percorribili: valorizzare la dimensione artistica e culturale delle discipline già esistenti e creare un insegnamento di storia delle arti coinvolgendo i docenti di varie materie.
Parole che ci riportano al dibattito italiano degli inizi del Novecento. "Di luce artistica può rivestirsi ogni insegnamento: la botanica, la zoologia, la geologia, la fisica, la matematica quasi al pari che la storia, la filosofia e le lettere italiane, greche e latine possono concorrere efficacemente allo scopo", sosteneva Giovanni Crocioni, autore di una sperimentazione di storia dell'arte ad Arpino.5 E ricordiamo i lavori della Commissione "Reale" per l'ordinamento degli studi secondari in Italia, che nel 1906 suggeriva a tutti gli insegnanti di discorrere agli alunni di arte e di artisti, suscitando le vivaci reazioni di alcuni appassionati protagonisti del dibattito: "Né è meno assurdo il credere alla utilità di 'notizie' date alla rinfusa da tutti gli insegnanti, in modo che nello stesso giorno si potrebbe dare questo allegro caso: che un professore accennasse a Policleto, un altro a Giotto, un terzo al Canova, e così via";6 o ancora: "L'attuazione di tale idea equivale ad abolire ogni traccia dell'insegnamento: quando di una cosa si devono occupare tutti, di necessità non se ne occupa nessuno".7
Non siamo lontani dalle attuali critiche francesi alla proposta: "In due parole, tutti insegnerebbero storia dell'arte, metodo perfetto perché nessuno la insegni".8 Anche il problema del sovraccarico degli studenti non è nuovo. Ermenegildo Pistelli, per opporsi all'inserimento della materia nelle scuole, si appoggia, nel 1903, all'autorità del già citato Alfred Croiset: "Ultimo pericolo, non meno grave, sarebbe quello di sovraccaricare i programmi, che tutti, all'unanimità, trovano già troppo carichi".9 Il 30 gennaio 2008 Christine Albanel e Xavier Darcos comunicano al Consiglio dei ministri l'introduzione di un insegnamento di storia delle arti nell'ambito di discipline già esistenti, dal 2008-2009 per le primarie e dal 2009-2010 per Collège e Lycée, aggiornando il concorso di reclutamento dei docenti. Insegnamento interdisciplinare, la storia delle arti coinvolge letteratura, beaux-arts, musica, cinema, audiovisivi, teatro, danza.
Senza soffermarci sulla circolare del 29 aprile 2008, arriviamo al documento citato in apertura, con cui si delinea il nuovo insegnamento. La storia delle arti spazierà dalla preistoria all'età contemporanea, coprendo aree geografiche che vanno dal proprio territorio a quello delle culture extraeuropee, coinvolgendo le arti dello spazio, del linguaggio, del quotidiano, del suono, dello spettacolo vivente e del visivo. Il Lycée avrà a disposizione una lista tematica. È un programma immenso in rapporto alle 24 ore annue previste. E soprattutto ci chiediamo come avverrà l'aggiornamento dei docenti, trattandosi di un approccio interdisciplinare. La storia delle arti inviterà ad apprezzare la diversità delle culture e delle religioni, ad aprirsi alla tolleranza: "È l'occasione, per tutti, di gustare il piacere e la felicità che procura l'incontro con l'arte". Ricordiamo le parole del 1907: "L'emozione estetica addolcisce i caratteri più aspri, combatte l'inclinazione all'ipocondria e all'odio, ci penetra d'una gioia segreta, e diffonde in tutte le nostre facoltà una specie di calma e di benessere".10
Mentre in Francia si introduce la storia delle arti nelle scuole anche per favorire il rispetto del patrimonio culturale, e mentre l'Haut Conseil de l'Education Artistique et Culturelle (i cui lavori sono da seguire con grande attenzione) organizza incontri con insegnanti e studiosi italiani e l'Europa mostra vivo interesse per la disciplina, in Italia c'è ancora chi sostiene provocatoriamente che sia una materia da abolire al più presto.11 A distanza di più di un secolo, ci chiediamo ancora a cosa serva la storia dell'arte nella scuola, senza riconoscerne il valore formativo e la specificità. Interessante trovare la domanda in uno dei siti frequentati dagli studenti per farsi svolgere compiti e ricevere spiegazioni: "Storia dell'arte? mi spiegate a cosa serve studiare storia dell'arte a scuola? senza skerzi [sic],12 x davvero, a ke serve? cioè matematica serve xkè sennò nn si potrebbe fare niente, italiano idem, storia ti fa conoscere il passato della nostra specie e le origini del nostro futuro, geografia idem xkè sennò poi diremmo ke il quebec è in francia solo xkè ha un nome francese, inglese oggi come oggi serve moltissimo anke sl per trovare lavoro... ma, storia dell'arte, a ke serve? se voglio sapere ciò ke sto visitando mi compro un opuscolo, sn fatti apposta...". Ci sarà comunque un futuro per gli insegnanti di storia dell'arte se la materia dovesse un giorno scomparire dalla scuola italiana. Potranno sempre scrivere opuscoli.
Note
(1) La storia dell'arte nella scuola italiana. Storia, strumenti, prospettive, a cura di M. Ferretti, "Ricerche di storia dell'arte", 2003, 79.
(2) G. Perrot, L'histoire de l'art dans l'enseignement secondaire, "Revue de Deux Mondes", CLIV, 1899, pp. 285-319.
(3) A. Croiset, L'Histoire de l'Art dans l'Education, "Minerva", 1 marzo 1902, cit. in E. Pistelli, L'Arte nella Scuola, "La Rassegna Nazionale", CXXXI, 16 giugno 1903, pp. 549-569.
(4) L. Hautecoeur, L'histoire de l'art en France, "Revue de l'art", 1968, 1-2, pp. 127-128.
(5) G. Crocioni, L'educazione estetica nelle scuole secondarie, "Rivista d'Italia", settembre 1903, pp. 436-455: 442.
(6) L. Serra, L'insegnamento della storia dell'arte nei licei, "Rivista Pedagogica", 1908, 7-8, pp. 696-698: 697.
(7) M. da Siena, Domande didattiche, "Il Marzocco", 1906, 19, p. 3.
(8) D. Rykner, Y aura-t-il de l'histoire de l'art à l'école?, "La Tribune de l'Art", 2 gennaio 2008, www.latribunedelart.com (in francese nel testo).
(9) A. Croiset, cit., p. 555 (in francese nel testo).
(10) G. M. Ferrari, Per la cultura estetica del popolo, "Fanfulla della Domenica", 24 marzo 1907, 12, p. 2.
(11) Problema ciclico della storia dell'arte: dopo Sgarbi (2002), ora è la volta di Philippe Daverio (settembre 2007; settembre 2008). Il dibattito - con le reazioni dell'Associazione nazionale insegnanti di storia dell'arte (ANISA): Teresa Calvano, Giovanna Ragionieri, Clara Rech - può essere rintracciato nella rassegna stampa pubblicata dal sito del Laboratorio delle arti visive della Scuola Normale Superiore di Pisa: www.artivisive.sns.it/didatticaSA/osservatorio. A sostegno, da sempre, dell'insegnamento, si veda: C. de Seta, Perché insegnare la storia dell'arte, Roma, Donzelli, 2008. Per la situazione europea si vedano anche gli interessanti studi di Lida Branchesi.
(12) Così nel testo originale, scritto nel gergo telefonico dello Short Message Service.
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