Rivista "IBC" XIV, 2006, 4

musei e beni culturali / storie e personaggi

Ci ha lasciati Mariacristina Gori, storica dell'arte nota per le sue attente ricerche e il suo impegno appassionato nella divulgazione.
Un sorriso sotto l'affresco

Gabriella Poma
[docente di Antichità greche e romane all'Università di Bologna]

Un tragico destino ha spezzato l'intensa, ancor giovane, vita di Mariacristina Gori, nel pieno della sua attività di storica dell'arte e di docente di Storia dell'arte al Liceo classico di Cesena. Forte di una solida preparazione universitaria (laurea in Estetica con Anceschi e Scuola di perfezionamento in Storia dell'arte con tesi discussa con Anna Maria Matteucci e Renato Roli), era passata dagli iniziali studi sull'architettura del Settecento in Emilia-Romagna, interessi mai del resto abbandonati, alle ricerche condotte in campo pittorico, spaziando dal Rinascimento al Barocco, all'Ottocento e al Novecento.

Ricerche culminate nell'ampia monografia dedicata a Pompeo Randi (2002), il pittore forlivese dell'Ottocento da lei tanto amato, che con grande determinazione aveva voluto riportare alla centralità degli studi. Nelle sue pagine si incontrano architetti (Missirini, Mirri, Lodi, Zanoni, Barbiani e, da ultimo, Guidi), decoratori, scultori, mosaicisti e ceramisti (importante è lo studio su Tito Chini). Storie di palazzi, ville, chiese, parchi e dimore di campagna si intrecciano con le vicende del collezionismo privato, delle committenze, delle maestranze, e su questi temi tanto materiale aveva raccolto nel suo ordinatissimo schedario e tanto progettava ancora di dire.

Grande scavatrice di archivi, pubblici e privati (la radiosità del suo sorriso le apriva ogni palazzo), amava il lavoro solitario, le lunghe ricerche, la scrittura nel silenzio della notte, ma non teneva per sé le sue scoperte o riscoperte. Anzi, era divulgatrice appassionata e con quella generosa, luminosa disponibilità che era suo tratto caratteristico, era pronta ad accogliere ogni invito, ogni sollecitazione a collaborare a riviste, a intervenire a convegni, a organizzare mostre, a progettare piani di valorizzazione del patrimonio artistico romagnolo. Senza di lei, che l'aveva promosso e realizzato, si è appena inaugurato un itinerario espositivo del patrimonio artistico dell'azienda sanitaria locale di Forlì, realizzato all'interno del nuovo ospedale "Morgagni-Pierantoni" [si veda in proposito, su questo numero di "IBC", l'articolo di Maria Elena Barbieri, ndr].

Più di duecento fra conferenze e relazioni, altrettante pubblicazioni tra monografie e articoli testimoniano quella profonda conoscenza di tutte le espressioni artistiche presenti in terra di Romagna che l'aveva fatta divenire, nonostante la giovane età, una sorta di genius loci per i territori forlivesi e cesenati, il cui patrimonio artistico pubblico e privato aveva contribuito a riscoprire, illustrare, tutelare, divulgare.

E i riconoscimenti non le erano mancati: le si erano aperte le Accademie dei Filopatridi, dei Benigni, dei Filergiti, era socia corrispondente della Deputazione di storia patria per le Province di Romagna, ispettore onorario della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Ravenna, Ferrara, Forlì e Cesena, membro della Commissione diocesana di arte sacra di Forlì e Bertinoro. Ma il riconoscimento più bello glielo hanno dato le generazioni di studenti che erano stati condotti per mano ad apprezzare il bello, e le centinaia di cittadini della Romagna che con lei erano andati alla scoperta dei patrimoni d'arte delle loro città e delle loro vallate. Gli stessi che in folla, nel Duomo forlivese, si sono ritrovati sotto il grande affresco del Randi per l'ultimo, riconoscente incontro.

 

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