Rivista "IBC" XII, 2004, 1
musei e beni culturali / mostre e rassegne
A "I Beni della Salute" si intitola l'esposizione allestita a Forlì, nelle sale di Palazzo Albertini, fino al prossimo 7 marzo. La manifestazione, promossa dall'Azienda sanitaria, dal Comune e dalla Conferenza territoriale sociale e sanitaria di Forlì in occasione della recentissima inaugurazione del nuovo ospedale, si è avvalsa della collaborazione dell'Istituto regionale per i beni culturali e della Soprintendenza di Forlì-Cesena, con il patrocinio di Regione e Provincia. Di scena il patrimonio dell'Azienda sanitaria proveniente dai luoghi destinati alla beneficenza: dipinti, sculture, suppellettili, corredi liturgici, in molti casi inediti, accumulati per lasciti diversi. Ma sono anche arredi clinici e strumenti per la chirurgia, insieme a rare opere a stampa e fotografie d'epoca, le proposte della mostra.
Un evento che ha sollecitato la rilettura dell'intera vicenda assistenziale forlivese: centrale, rispetto alla vita artistica e culturale della città e del territorio, in quanto irradiata nel cuore storico di Forlì dal polo urbano della Nuova Casa di Dio per gli Infermi, divenuta in seguito la sede degli Istituti culturali. Per questo Ulisse Tramonti, curatore della sezione dedicata al complesso, ha scelto di aprirne il percorso con il modellino in legno della struttura monumentale, realizzata nel 1720 secondo la tipologia dell'ospedale della Valletta dall'architetto Giuseppe Merenda, cavaliere dell'ordine di Malta.
Una presenza rilevante per l'assistenza romagnola, quella degli ospedalieri gerosolimitani, confermata dall'esistenza documentata, nella chiesa dell'ospedale, di una cripta del Santo Sepolcro, tema caro alla cultura della pietà ma soprattutto agli ordini cavallereschi. Insieme al modellino, alcuni disegni, eseguiti dal bolognese Gaetano Stegani per lo scalone (1778) e da Giuseppe Pani per la facciata (1827), raccontano nel dettaglio la crescita della fabbrica. Fino agli ampliamenti del 1846 (ricostruibili grazie al recupero dei progetti di Giuseppe Cantoni nell'archivio dell'Azienda sanitaria), e alle trasformazioni novecentesche estese da Giovanni Tempioni all'arredo (1906) e ai progetti moderni per la cittadella ospedaliera.
Ma è soprattutto la sezione artistica a riservare le sorprese più gradite. Curata in mostra e nel catalogo da Maria Cristina Gori, questa parte del percorso ha il merito di proporre opere rilevantissime. Come nel caso dei due eleganti ritratti di donatori di Carlo Maratta, dalla Pinacoteca civica, dell'Appiano Buonafede del ritrattista Milione, dalla locale Azienda sanitaria, e di alcune pale, prima d'ora poco note, provenienti dal territorio. Spetta a Meldola la parte del leone. Merito dei committenti, che nel tempo ne accrebbero il patrimonio d'arte: soprattutto gli Aldobrandini, che dotarono gli oratori annessi alle locali strutture assistenziali, da dove provengono altri inediti. Di qualità straordinaria l'Immacolata Concezione della chiesa dell'Ospedale di Meldola, attualmente in Pinacoteca: un'opera di intonazione reniana, della quale varrebbe la pena tentare un'attribuzione, dipinta a Roma per l'aristocratica famiglia nel 1650. Non meno interessanti la grande pala dell'oratorio della Confraternita delle Santissime Stimmate, di Francesco Caccianiga (1754), ora proprietà dell'Azienda sanitaria, due ovali del Marchetti e altre testimonianze di scultura presentate al pubblico per la prima volta.
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