Rivista "IBC" XI, 2003, 3
musei e beni culturali / pubblicazioni, storie e personaggi
Si deve alla cura attenta di Mariacristina Gori una monografia interamente dedicata a un protagonista della pittura forlivese dell'Ottocento: Pompeo Randi (Forlì, 13 giugno 1827 - 16 agosto 1880). Il volume delinea la biografia dell'artista, ne esamina criticamente le opere (ben 197, descritte con scheda e corredo iconografico), elenca quelle non rintracciate o distrutte, colloca in apparato un ricco regesto dei documenti d'archivio (122 lettere che vanno dal 1843 al 1879) e la bibliografia aggiornata. Ne fuoriesce il completo catalogo di un pittore attivissimo in molteplici luoghi religiosi (oratori, parrocchie, cattedrali, conventi, certose e cimiteri).
Formatosi a Forlì in un ambito di gusto neoclassico, allievo di Callimaco Missirini (1807-1889), figlio di Giuseppe e nipote di Melchiorre (segretario di Antonio Canova), e di Giuseppe Rambelli (1797-1849), professori nel ginnasio cittadino, a soli sedici anni già mostrava talento nel disegno e nella pittura; dovette molto alla conoscenza e al rapporto d'amicizia col marchese Raffaello Albicini, che in qualche modo lo accolse sotto la sua protezione favorendone commissioni e attività. Nel 1846 si trasferisce a Firenze per compiervi studi nell'Accademia di Belle Arti; nel 1850 frequenta l'Accademia di Venezia, per completare poi la formazione a Roma nell'Accademia di San Luca (1852-1858). Il soggiorno romano lo fa accostare alla classicità e lo conduce all'apprendimento dell'affresco, la tecnica più usata nella sua maturità artistico-espressiva. La sua vasta produzione si articola in cicli d'affresco, in pittura a carattere storico e in ritrattistica.
Le opere forlivesi più importanti sono il ciclo d'affreschi nella cattedrale, nel convento dei cappuccini e nel palazzo della Provincia; ma l'attività del Randi si svolse anche a Trieste (ove lavorò per i padri cappuccini e per altre chiese di quella città) e a Napoli (dove ebbe molte commissioni grazie al favore del cardinale arcivescovo Sisto Riario Sforza).
"La precoce morte del pittore" - scrive la Gori - "blocca inesorabilmente il suo instancabile percorso poetico. Attraverso le importanti commissioni, molte delle quali a carattere religioso, Randi seppe declinare un linguaggio libero e sicuro, attento al recupero della grande tradizione pittorica e alla fedeltà ai princìpi delle teorie artistiche. La sua pittura vuole ricreare, in primo luogo, le suggestioni dell'arte del Seicento. La sua produzione però spazia in ogni ambito, e l'artista si avvale di tutte le tecniche: dall'affresco eseguito con la sapienza antica alla tempera su muro, all'acquarello, al dipinto a olio". Ciò gli permise di cimentarsi in tutti i generi pittorici: dalla decorazione teatrale alla pittura di storia, dal ritratto alla pala d'altare.
M. Gori, Pompeo Randi, Milano, Motta - Cassa dei risparmi di Forlì SpA, 2002, 255 p., s.i.p.
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