Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2

biblioteche e archivi / pubblicazioni

L'ultimo libro della collana "Immagini e documenti" dell'IBC propone un viaggio dotto e divertente tra i testi antichi che raccontano di agricoltura e alimentazione in Emilia-Romagna.
Profumini che sanno d'antico

Alberto Calciolari
[IBC]

Agricoltura e alimentazione in Emilia-Romagna. Antologia di antichi testi è il titolo dell'ultimo volume della collana "Immagini e documenti" dell'Istituto regionale per i beni culturali. 1 Rimarrà deluso chi pensa di trovare in questo libro una lettura pervasa di nostalgiche rivisitazioni culinarie. Questo studio è tutt'altra cosa: lo assicura Zita Zanardi, la curatrice, che ha coordinato un'équipe di studiosi, in buona parte afferenti alla Soprintendenza per i beni librari e documentari, che si sono cimentati in una seria e documentata riscoperta delle radici e delle fonti bibliografiche della tradizione enogastronomica dell'Emilia-Romagna. Ne è uscito un vero e proprio viaggio attraverso libri e carte d'archivio; manoscritti e antichi stampati; ricettari e testi di medicina e letteratura; e persino lunari, calendari e gride. Tutti i pezzi, va ricordato, sono stati compiutamente descritti in 147 schede, corredate di box di approfondimento e di un accattivante apparato fotografico.

E, a detta degli studiosi che hanno condotto il lavoro, le sorprese non sono mancate. È parsa sorprendente, per esempio, la ricchezza delle fonti e dei documenti tra i quali essi hanno dovuto districarsi: la curatrice e l'équipe hanno dovuto così fare i conti con l'esigenza di condurre una scelta tutt'altro che semplice, entro una gran mole di testimonianze custodite prevalentemente nelle biblioteche, negli archivi e negli istituti di conservazione ubicati tra Piacenza e Rimini; e ciò (se ancora ve ne fosse bisogno) restituisce l'immagine della vastità e della qualità del patrimonio bibliografico e archivistico emiliano-romagnolo.

Ma vi è dell'altro. Il lettore, accostandosi a questo libro, ha la netta percezione di essere condotto in un viaggio attraverso una misconosciuta storia e una insolita geografia dell'Emilia-Romagna; e si tratta di percorsi che non hanno soltanto implicazioni culturali, ma anche sociopolitiche, economiche, storico-ambientali.

E in effetti, la linea della trattazione passa dai vertiginosi splendori delle corti del rinascimento padano alle angosciose profondità evocate dallo spettro della fame, delle carestie e della povertà che ha pervaso nei secoli queste terre; dalle osservazioni dei naturalisti e degli scienziati attivi presso accademie e università emiliano-romagnole - osservazioni ora curiose, ora disincantate ma pur sempre profonde - alle pretenziose e scaltre rappresentazioni di almanacchi e lunari, fino ad arrivare alle parole e ai versi - a tratti gaudenti e a tratti riflessivi - di scrittori più o meno noti, di accorti poeti e di abili verseggiatori.


Una storia e una geografia parallele, come si è detto, che riservano al lettore scenari accattivanti. Così la prima delle sei sezioni del volume - dedicata ai trattati generali di agricoltura e alimentazione - si apre con la presentazione di un cimelio: il manoscritto cesenate del  De ruralibus commodis del grande naturalista e giurista bolognese Pietro de' Crescenzi, vissuto tra il XIII e il XIV secolo.

Una presenza significativa, almeno per due ordini di ragioni: in primo luogo perché il lussuoso codice miniato dà testimonianza diretta di uno dei pochi trattati di agronomia scritti durante il medioevo; inoltre, la scheda riporta l'attenzione su uno dei più importanti luoghi di conservazione di manoscritti, la Biblioteca Malatestiana, contemplata nel registro UNESCO "Memoria del mondo".

Questo caso è esemplificativo di come, accanto ai documenti, il volume consenta al lettore di riscoprire la valenza e le potenzialità del sistema degli istituti di conservazione: si tratta, in sostanza, degli eredi di un eccezionale patrimonio archivistico e bibliografico sedimentato nel corso dei secoli, in buona parte da enti di antica tradizione scientifica (gli studi e le accademie) e dagli stati preunitari; di tutto ciò, ora, sono depositari soprattutto le pubbliche amministrazioni, ossia i comuni, le università e gli istituti afferenti al Ministero per i beni e le attività culturali, ma anche gli enti religiosi (si pensi, per esempio, all'immane patrimonio delle biblioteche conventuali).


Ma accanto ai documenti e ai "contenitori" culturali, il volume mette a fuoco le persone, i protagonisti di secoli di attenzione ai temi dell'alimentazione e della nutrizione. Si tratta di uomini dall'estrazione sociale e culturale più varia: per limitarci ad alcuni esempi relativi alla stagione tra Cinque e Settecento, vi sono gli scienziati e i naturalisti, per i quali il cibo rappresentava anche un regolatore della salute; oppure i cuochi, gli scalchi e gli altri funzionari delle antiche corti, per i quali il banchetto apparteneva ai riti dell'ospitalità e della munificenza signorile.

I primi gravitavano soprattutto attorno alle università, alle accademie, agli spedali o agli orti botanici; di loro ci è rimasta una importante messe di "libri di sanità" (cui è dedicata la seconda sezione del volume): ossia erbari, trattati, farmacopee. Si tratta di scienziati più o meno noti, come Michele Savonarola (avo di Girolamo), come il bolognese Girolamo Manfredi o Leonardo Fioravanti. Talora si fanno eredi della lezione e delle forme dei  tacuina sanitatis medievali, come nel caso di Baldassarre Pisanelli, allievo di Ulisse Aldrovandi; spesso le stampe e i manoscritti (in particolare gli erbari) sono corredati da splendidi apparati iconografici, vere e proprie forme d'arte custodite nel libro.

I funzionari e cuochi di corte, invece, afferiscono a un altro mondo: quello dei luoghi di potere, dove ben diverse sono le dinamiche culturali e la preparazione dei cibi ricopre una funzione del tutto originale: l'allestimento del banchetto, infatti, assurge a vera e propria forma d'arte, diviene esso stesso coreografia di corte, come la musica, la danza, la poesia, poiché ha lo scopo di stupire e di rendere testimonianza della magnanimità e della grandezza del signore. I protagonisti di questa stagione (come Cristoforo Messisbugo, Bartolomeo Scappi, Bartolomeo Stefani, Antonio Latini), sono spesso figure dotte e potenti, talora animate da accorta ambizione, e ci hanno lasciato ricettari, manuali, diari di famiglia, ai quali è dedicata la sezione quarta del volume.

Ben diverso il clima culturale da cui sono prodotti, invece, i lunari e gli almanacchi, di cui una significativa selezione è ospitata nella sezione sesta: ricchi di informazioni utili per l'agricoltura e l'alimentazione, ben poco conservano dell'approccio scientifico dei trattati o delle raffinate attenzioni dei ricettari. Essi sono il frutto di un sapere popolare, significativamente influenzato, soprattutto tra Quattro e Cinquecento, dall'astrologia e da credenze pseudoscientifiche. Nel corso dei secoli l'attenzione di questo genere di pubblicazioni si attesta progressivamente sulle informazioni relative a semine e potature, fiere e ricette, rimedi e medicamenti. Per poi divenire, tra Sette e Ottocento, veicolo di alfabetizzazione e di divulgazione delle informazioni - anche sociali e politiche - tra la gente.


Ma laddove il carattere "pubblico" dell'alimentazione appare in ogni evidenza è nella sezione quinta del libro, dedicata ai documenti di carattere normativo e amministrativo: dagli statuti delle antiche corporazioni alle gride delle comunità, dai documenti delle partecipanze agrarie alle inchieste promosse dal senato e dal governo del Regno tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Il cibo, dalla lettura di questi documenti, appare nella sua duplice e contraddittoria veste di risorsa e di problema: esso è fonte di benessere ma talora anche di diritti e di lucro; da esso può dipendere la prosperità così come, in caso di carestia, il disagio sociale.

Ecco allora che il potere pubblico interviene ora per normare la qualità e il prezzo delle derrate, ora per promuoverne e regolamentarne il commercio, ora per tutelare i privilegi di produzione di determinati alimenti, ora per dettare la disciplina della tassazione, ora per adottare quelle misure che possono assicurare continuità nell'approvvigionamento. A questa stessa funzione pubblica, in un certo modo, concorrono in epoca moderna gli statuti delle potenti forme di autoorganizzazione delle categorie (ne sono esempi l'Arte dei lardaroli e salsicciaroli di Modena, o la Compagnia degli speziali di Bologna).


Tuttavia la sezione che quantitativamente appare la più corposa, non poteva che essere quella dedicata alle dissertazioni relative ai diversi alimenti e produzioni: dai vini alle patate; dal miele al riso e al grano; dai generi preziosi ed esotici, come il cacao e il caffè, al pane e ai suoi sostituti; né potevano mancare, qui, riferimenti a specialità ed eccellenze locali, come la scomparsa mostarda di Carpi, o la spongata di Brescello.

In generale, gli autori delle dissertazioni ora si soffermano in osservazioni animate da spirito scientifico, ora descrivono attentamente i vegetali così come i fenomeni ambientali e naturali, ora sono attenti alle implicazioni sociali del cibo. Né, talora, manca l'ironia divertita degli autori e della curatrice del volume, che, con un certo gusto per il paradosso, propongono autori e testi originali: come il saggio del medico carpigiano Geminiano Grimelli, pubblicato nel 1857 e dedicato non tanto all'aceto balsamico, bensì a un prodotto suo "succedaneo", fatto con delle polveri (!).

E questa non è certo l'unica pagina in grado di divertire e incuriosire il lettore: nella sezione settima, dedicata alle varie forme d'arte ispirate dal cibo, si fa riferimento ai tanti testi ameni che la letteratura di ambito emiliano-romagnolo ci ha lasciato dal Cinquecento in poi: per citare solo alcuni esempi, si va dalle gaudenti pagine di Giulio Cesare Croce, agli  Elogi del porco di Tigrinto Bistonio (al secolo Giuseppe Ferrari), al poemetto giocoso  La salameide di Antonio Frizzi, alla cicalata  Porcus troianus del romagnolo Luigi Nardi. Spesso protagonista è il maiale, elemento fondamentale della cucina padana, ma anche scaramantico simbolo, utile a esorcizzare l'atavica paura della fame. E ancora le amabili incisioni del Mitelli, che con sapida e divertita analisi sanno interpretare i caratteri dei garzoni e dei venditori di alimenti della famosa serie de  L'arti per via.

Né mancano, ancora in questa sezione, riferimenti alle grandi firme, come Marino Moretti o Giovanni Pascoli, capace - quest'ultimo - di conferire una delicata dignità poetica ai piccoli simboli della quotidianità, come la piada, a cui è dedicato un componimento nei  Nuovi poemetti.


Nel complesso, accanto a spunti di grande interesse, la lettura di questo libro offre la possibilità di reinterpretare e arricchire i contenuti percorrendo linee di lettura trasversali; non faticherà, infatti, il lettore a identificare temi che attraversano più sezioni o che coinvolgono più schede, che si integrano o si arricchiscono reciprocamente fornendo una lettura poliedrica degli argomenti trattati: come è il caso delle saline di Cervia, o delle acque minerali e termali, o dei salumi (e, in particolare, della salsiccia).

Un libro da non perdere, insomma. Anzi, quasi un catalogo di una mostra virtuale. Virtuale solo per ora?


Nota

( 1Agricoltura e alimentazione in Emilia-Romagna. Antologia di antichi testi, a cura di Z. Zanardi, Modena, Edizioni Artestampa, 2015 ("Immagini e documenti").

 

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