Rivista "IBC" XXII, 2014, 4
musei e beni culturali / convegni e seminari, mostre e rassegne, storie e personaggi
Alfonso Rubbiani (Bologna, 3 ottobre 1848 - 26 settembre 1913) ha incarnato pienamente l’eclettismo culturale del periodo storico da lui vissuto, imponendosi brillantemente come letterato, giornalista, politico, amministratore, ma soprattutto come erudito restauratore di edifici medievali e rinascimentali in una Bologna molto attenta e sensibile al tema dell’identità locale coniugata al rinnovamento moderno, una città aperta, tra l’ultimo decennio del XIX secolo e i primi quindici anni del XX, a un dibattito europeo che ha coinvolto a largo raggio teorici, artisti, politici e personalità della cultura di diversi ambiti.
Nel quadro di importanti progetti culturali promossi dall’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna,1 Pier Paola Penzo è spesso intervenuta con pagine chiarissime su tale contesto internazionale e su come dialetticamente si inseriva l’apprezzata e criticata cultura “rubbianesca”, la cui summa è il saggio di Rubbiani Di Bologna riabbellita. Proemio alla Cronaca dei restauri e riabbellimenti in Bologna dall’anno 1901: “Il tema del rapporto con l’antico e la ricerca del modo migliore per intervenire sulle architetture storiche assume a Bologna una grande importanza, coinvolgendo in un’appassionata discussione sia tecnici che cultori della storia locale, artisti e politici. Le posizioni teoriche e l’attività pratica di Rubbiani in questo contesto hanno un’eco a scala nazionale e europea. È lui il responsabile di significativi restauri attuati tra gli anni Settanta e la prima guerra mondiale, come quelli della Basilica di San Francesco, del Palazzo dei Notai, del Palazzo Re Enzo. Rubbiani, che ha seguito studi giuridici, senza completarli, è uno studioso della storia e dell’arte di Bologna, che svolge attività di giornalista. [...] La sua azione non si esaurisce a livello locale nella promozione di rilevanti associazioni quali il Comitato per Bologna Storico-Artistica (1899) e l’Aemilia Ars (1900), ma ha un respiro più ampio. Egli, infatti, ha il merito di aver contribuito a inserire l’urbanistica cittadina all’interno della riflessione, che tra i due secoli anima il movimento internazionale dell’Arte Urbana, sostenuto da Camillo Sitte: un movimento che si occupa sia della tutela del patrimonio storico che della nuova urbanistica, per la quale ricerca soluzioni alternative”.2
Ed è proprio dalla radice delle correnti transeuropee dei Nazareni e dei Puristi del primo Ottocento, e da quella di poco successiva dei Preraffaelliti promossa da John Ruskin e dagli studi teorico-pratici dell’architetto francese Eugène Viollet-le-Duc, che trae linfa e giunge a maturità la visione internazionale di un neomedievalismo che contribuisce alla modernità, coniugando stilemi del neorinascimento autoctono all’enunciazione dell’identità locale postunitaria, che ha avuto in Alfonso Rubbiani un interprete di grande rilievo.3
Questo panorama denso di rimandi e di relazioni italiane e internazionali – che spaziano dall’architettura, alla pittura, alla scultura, alle arti applicate all’industria, alla filosofia, alla letteratura, alla politica, all’economia – ha ispirato in Carla Bernardini (Collezioni comunali d’arte del Comune di Bologna) e Angelo Mazza (Genus Bononiae - Musei nella città di Bologna) l’idea di organizzare due cicli di conferenze di ampio respiro per celebrare il centenario della morte di Alfonso Rubbiani e studiare “radici, contesti ed eredità” che ne hanno ridefinito lo spessore di studioso. Un appuntamento collegato a numerose iniziative scientifiche espositive e documentarie che hanno coinvolto anche altre istituzioni pubbliche e private cittadine (come l’Università, la Direzione regionale del Ministero dei beni culturali per l’Emilia-Romagna, la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, la Camera di Commercio, Emilbanca) e che ha accompagnato la prestigiosa mostra “La Fabbrica dei sogni. Il ‘bel San Francesco’ di Alfonso Rubbiani”, curata da Elisa Baldini, Paola Monari e Giuseppe Virelli nell’ex chiesa di San Mattia.
Come una sorta di ideale prolungamento e ampliamento della miliare mostra bolognese del 1981, “Alfonso Rubbiani: i veri e falsi storici”,4 il primo ciclo di incontri a cadenza settimanale, organizzato come il successivo tra la Biblioteca di San Giorgio in Poggiale e la Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio, è stato concentrato sul ruolo di Rubbiani nella città di Bologna e sui tramandi da lui lasciati, seppure nel confronto con altri architetti e ingegneri a lui coevi quali Camillo Boito, Giulio Ulisse Arata e Guido Zucchini, approfonditi e rapportati all’ambiente culturale postunitario, eclettico e moderno al contempo, da relatori quali Guido Zucconi, Pier Giorgio Gianelli, Daniele Vincenzi, Benedetta Basevi, Lorena Cerasi, Lorenzo Bonazzi e dai due curatori Bernardini e Mazza.
Il secondo ciclo, “Aemilia Ars 1898-1903: decorazione d’interni, Arts & Craft, design”, è stato dichiaratamente collegato dai curatori agli studi pionieristici sull’argomento di Orsola Ghetti Baldi e della stessa Bernardini,5 dedicati all’indagine storico-artistica del ruolo di Rubbiani e della sua Gilda nell’ambito europeo della seconda rivoluzione industriale. Nello specifico, Paola Cordera ha contestualizzato la complessità del “sistema delle arti” decorative nell’Europa ottocentesca, mentre Fabio Mangone ha posto in luce le relazioni culturali tra Bologna e Napoli e lo stretto legame vigente tra architettura, decorazione e arti applicate, grazie anche all’apporto dell’allievo di Rubbiani, Rinaldo Casanova, impegnato in importanti restauri stilistici nella città partenopea e sulla costa amalfitana.
La maturazione del Liberty in Italia, in coincidenza con l’Esposizione internazionale di arti decorative a Torino del 1902, è stata introdotta da Elena Dallapiana con particolare riferimento al successo dell’“Aemilia Ars” e dei due fratelli bolognesi Achille e Giulio Casanova nella città sabauda, dopo che l’importanza della società dedita al rinnovamento delle arti applicate, ispirata all’inglese Morris & Co., era stata definitivamente sancita dalla vincita, nel 1897, del concorso per la decorazione pittorica della basilica di Sant’Antonio di Padova con il progetto firmato da Alfonso Rubbiani, Edoardo Collamarini e Achille Casanova.
I tre furono consacrati da Camillo Boito come gli alfieri dell’avanguardia dell’“ornamento floreale” e del “Nuovo Stile” italiano sulle pagine di “Arte Italiana Decorativa e Industriale” (Francesca Castellani), il cui ruolo nevralgico tra rinnovamento e valorizzazione della tradizione culturale italiana è stato approfondito da Ornella Selvafolta, che ha illustrato come l’impegno di Boito e l’autorevolezza della rivista, pubblicata dal 1890 al 1911 grazie al finanziamento del Ministero dell’agricoltura, dell’industria e del commercio, siano stati paradigma degli orizzonti artistici italiani del periodo. Infatti, come ha poi posto in luce Dominique Fuchs, la cultura eclettica e non passatista che accomuna Rubbiani al coetaneo anglofiorentino Frederick Stibbert nella ricerca di soluzioni stilistiche e tecniche storiche, e nella considerazione artistica delle arti utili, era in armonica consonanza con contesti culturali e scientifici nuovi e moderni.
L’importante rassegna di incontri ha celebrato con coerenza e ampliamento di prospettive ermeneutiche, tra tradizione e modernità, la memoria di Alfonso Rubbiani e si è conclusa con il riconoscimento definitivo, a livello europeo, dell’eclettico studioso bolognese, contestualizzato da Baldini e Virelli come “mediatore culturale” di esperienze e forme provenienti da Francia e Inghilterra e, al contempo, demiurgo, nella Bologna fin de siécle, di un nuovo linguaggio sperimentale.
Note
(1) Neomedievalismi. Recuperi, evocazioni, invenzioni nelle città dell’Emilia-Romagna, a cura di M. G. Muzzarelli, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Clueb, 2007 (“Materiali e Ricerche”); “... E Finalmente potremo dirci italiani”. Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale 1859-1911, a cura di C. Collina e F. Tarozzi, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Editrice Compositori, 2011 (“Immagini e Documenti”); Le antiche mura. La trasformazione urbana di Bologna ai primi del Novecento e le “Canzoni di re Enzio”, atti del convegno a cura di L. Carlini Fanfogna, C. Collina, M. Veglia (Bologna, Casa Saraceni, 16 ottobre 2012), Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2013: http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/apubblicazioni/t?NRECORD=0000113840.
(2) P. P. Penzo, Identità municipale, sentimento nazionale e trasformazioni urbane. Bologna, Ferrara e Ravenna 1959-1911, in “... E Finalmente potremo dirci italiani”, cit., pp. 155-157.
(3) C. Bernardini, Oltre il Medioevo: Aemilia Ars, le arti decorative, il Rinascimento, la storia, il museo, in Municipio Nazione ed Europa tra l’età di Mazzini e Carducci, a cura di I. Calisti e L. Quaquarelli, Bologna, Casa Editrice Emil, 2008, pp. 53-89.
(4) Alfonso Rubbiani: i veri e i falsi storici, a cura di F. Solmi e M. Dezzi Bardeschi, Bologna, Grafis, 1981.
(5) Industriartistica bolognese. Aemilia ars. Luoghi materiali fonti, a cura di C. Bernardini e M. Forlai, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2003.
Azioni sul documento