Rivista "IBC" XXI, 2013, 1
Dossier: Ospitiamo la cultura
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi, dossier /
Questa giornata di studi ci invita a considerare la nostra esperienza di lavoro sotto uno specifico profilo: la visione del patrimonio culturale come fattore di sviluppo e di accoglienza.
Alla base del primo aspetto di tale approccio sta la concezione dell'insieme dei beni culturali, tangibili e intangibili, come asset, cioè come una risorsa economica che è suscettibile di un diritto di proprietà e che ha un valore monetario. Naturalmente in riferimento ai beni culturali questa definizione strettamente "contabile" va assunta con una certa flessibilità e disposizione alla metafora: la proprietà ha anche un risvolto collettivo al di là dell'aspetto strettamente giuridico, il valore è sia economico che sociale, educativo, simbolico.
Ma i due punti fondamentali, vale a dire l'appartenenza e la capacità di generare valore, restano centrali. È caratteristica precipua dei beni culturali quella di essere percepiti dalla collettività quasi istintivamente come beni comuni, al di là della loro condizione giuridica specifica. È questo un elemento che emerge soprattutto in occasione di calamità, oppure quando un bene è minacciato e si assiste frequentemente a una reazione collettiva di salvaguardia che scaturisce proprio da questo senso di appartenenza. Che poi sovente si assista ad atteggiamenti di indifferenza verso il destino di monumenti o siti storici è il verso della stessa medaglia: in mancanza di questo senso d'appartenenza, il bene perde di valore e non è più considerato una risorsa.
Ecco perché il processo di valorizzazione non può prescindere da una disamina della condizione e della valutazione patrimoniale nelle sue componenti oggettive e in quelle soggettive, cioè nella percezione pubblica.
Questi concetti chiave (patrimonializzazione e valorizzazione) sono anche alla base del progetto "Genus Bononiae" - promosso e realizzato dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, e ideato dal suo presidente, il professore Fabio Roversi Monaco - giunto a completamento con la recente apertura del Museo della storia di Bologna. "Genus Bononiae" è il nome del ricco percorso culturale che si snoda tra i palazzi e le strade del capoluogo. Ha il suo nucleo focale in Palazzo Pepoli Vecchio, dove ha sede il Museo della storia, nelle cui sale si illustra lo spirito ben riconoscibile che nei secoli ha dato vita alla città, fino a farne, nel Medioevo, il cuore pulsante della civiltà europea.
"Genus Bononiae" non punta solo a recuperare un patrimonio artistico, linguistico e documentario di inestimabile e sorprendente valore, ma vuole soprattutto individuare la vocazione profonda di Bologna quale luogo insigne di creazione e diffusione di idee, idiomi e linguaggi, di immagini e manufatti dovuti ai nobili e al popolo, agli artisti e agli artigiani, agli imprenditori e agli intellettuali. La vitalità di Bologna trova il suo culmine nell'Universitas Studiorum. Primo ateneo della storia, l'Alma Mater definisce un modello di produzione e trasmissione della cultura che si impone in tutta Europa e diventa fattore identitario preminente nella coscienza cittadina. E al Museo della storia è proprio affidato il compito di narrare un grande passato per farlo conoscere alle donne e agli uomini di oggi e trasmetterlo a quelli che verranno.
Come detto, "Genus Bononiae" è un percorso nel cuore del centro storico della città, articolato in diverse sedi, destinate ciascuna a specifiche funzioni culturali, che nell'insieme vengono così a costituire un dispositivo museale organico e rappresentativo di diversi momenti della storia civile e architettonica bolognese.
Ogni sede è collocata in un palazzo storico restaurato dalla Fondazione e reso accessibile al pubblico con precise finalità, le stesse che nei maggiori musei europei troviamo accorpate in un unico complesso e che nel nostro caso sono invece diffuse nella città. Abbiamo così una Biblioteca specializzata (nell'ex chiesa di San Giorgio in Poggiale), un auditorium per concerti (Santa Cristina), un centro per mostre temporanee (Palazzo Fava, Palazzo delle Esposizioni), tre nuclei museali permanenti dedicati rispettivamente alla storia della città (Palazzo Pepoli Vecchio), alla collezione di strumenti musicali del maestro Tagliavini (San Colombano), alla storia della sanità e a momenti devozionali a essa collegati (Santa Maria della Vita e San Michele in Bosco), per finire con la sede della Fondazione Carisbo nel cinquecentesco palazzo di Casa Saraceni, dove vengono proposte mostre temporanee.
Diversi i servizi al pubblico: percorsi turistico-culturali, laboratori didattici, servizi di accoglienza, caffetteria, prestito di libri, affiancano un intenso programma di esposizioni temporanee, concerti, conferenze, pubblicazioni e ricerche che animano le diverse sedi di "Genus Bononiae".
Ampio l'arco temporale delle architetture: dai resti paleocristiani di San Colombano al revival storicistico del primo Novecento in cui si colloca il restauro di Casa Saraceni, passando per il celebre Compianto di Nicolò dell'Arca in Santa Maria della Vita. Del percorso fanno parte anche l'antica Osteria del Sole, situata nel cuore del centro storico, la cui attività è documentata fin dal 1465, e due bar di qualità (il Caffè del Museo in Palazzo Pepoli e il Caffè letterario in Palazzo Fava) accessibili anche al pubblico dei non visitatori. In sintesi, l'intero percorso di "Genus Bononiae" comprende otto edifici storici e monumentali per una superficie di circa ventimila metri quadrati, di cui quindicimila destinati ad attività espositive, culturali e museali.
La scala urbana di questo percorso motiva l'espressione "Musei nella Città" che accompagna il titolo generale del progetto "Genus Bononiae". Infatti, la declinazione italiana di "museo diffuso" - la cui conoscenza e fortuna è stata grandemente favorita dal lavoro di Andrea Emiliani - presenta qui una sua specifica concretezza, che coincide con la sperimentazione diretta delle atmosfere delle vie, dei vicoli e delle piazze del centro storico di Bologna, e dei suoi famosi portici, l'elemento architettonico identitario più evidente sia per gli abitanti sia per i visitatori della città e che peraltro sta alla base della presenza della città nella World Heritage List dell'United Nations Educational Scientific and Cultural Organization (UNESCO).
Il processo che nel corso di quasi dieci anni ha portato all'acquisizione, al restauro e alla riconversione delle diverse sedi del percorso, e infine all'attivazione di programmi culturali permanenti che ne hanno fatto altrettanti centri di "consumo culturale" di qualità, può sicuramente essere definito un processo di patrimonializzazione, a seguito del quale "Genus Bononiae" si presenta come una risorsa, un asset, di valore strategico sia in termini immobiliari, sia in termini sociali, educativi e culturali nel senso più ampio del termine.
Non solo si è aggiunto valore ai diversi edifici grazie a un impegnativo lavoro di restauro, ammodernamento e riutilizzo, ma ora questi stessi luoghi "generano valori" materiali e immateriali, pur sempre nel rispetto della finalità non-profit della Fondazione Carisbo. Questa catena di incremento di valore si fonda su tre pilastri: la componente immobiliare, l'allocazione di funzioni di pregio, lo sviluppo di attività che aggiungono valore in termini di riconoscibilità e utilità sociale, il reciproco incremento come parti di un tutto che a sua volta viene a rappresentare un patrimonio strategico per l'intera città.
Ma l'altro tema di oggi è quello della accoglienza, dell'ospitalità. Va detto che questo tema trova un significativo riscontro nel recente e crescente accento che viene posto sull'idea del museo contemporaneo come luogo di incontro oltre che sede di esposizione e conservazione. "Museums as meeting places" è diventato quasi uno slogan, che si utilizza un po' dappertutto per la ridefinizione del ruolo del museo in quanto luogo di socializzazione. Un luogo che garantisce sicurezza e un certo grado di comfort, dove condividere idee e esperienze.
Nella concezione del museo visitors oriented più che collection oriented, lo spazio museale è egualmente spazio espositivo e luogo di incontro capace di garantire la basilare funzione di ospitalità e di offrire una sede per molteplici attività: dalle conferenze ai concerti, dal cinema al teatro, dai parties alla ristorazione. Il museo ospitale, attento al comfort fisico del visitatore, opzione attraente financo per i momenti importanti della vita personale come compleanni e matrimoni, diventa un luogo dove ci si reca ricorrentemente, d'abitudine, in un certo senso anche a prescindere dalla sua specifica offerta espositiva.
Sono aspetti che ritroviamo anche in "Genus Bononiae", complesso di luoghi dove si legge, si ascolta e si fa musica e teatro, e quasi ogni giorno si propongono al pubblico eventi culturali tra i più diversi, frutto di un'impegnativa programmazione sistemica. Per esemplificare possiamo brevemente analizzare il caso del Museo della storia di Bologna, che si propone anche come un luogo di incontro, di sperimentazione diretta dell'atmosfera di un edificio storico che dialoga con i linguaggi di oggi, a cominciare dal cortile coperto dove è collocata la "Torre del tempo".
La reception, il bar, la bottega del museo e la corte coperta sono spazi che, pure ricchi di contenuti culturali, si configurano come luoghi di accoglienza e di incontro, aperti al pubblico anche indipendentemente dall'accesso alle sale espositive, alle mostre temporanee o agli eventi culturali che animano il museo. Anche questi luoghi, tuttavia, coinvolgono i visitatori in una dimensione narrativa: il racconto del museo inizia infatti sin dallo spazio di ricevimento, con la grande riproduzione 1:1 della mappa che raffigura la città nel 1575, affrescata nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico Vaticano. Si tratta della più grande mappa urbana mai realizzata sotto forma di affresco. Nelle sale successive sono esposti importanti dipinti del XVI secolo che presentano diversi aspetti della topografia cittadina, insieme ad altri preziosi apparati cartografici.
Questa prima sezione ("La città dipinta") conduce alla corte coperta. E nello spazio al piano terra della Torre si incontra un'esposizione forse inattesa di materiali relativi al particolare ruolo di Bologna nella storia della misurazione del tempo, il protagonista invisibile della nostra vita ma anche di quella dei musei che sempre parlano, più o meno esplicitamente e in modalità differenti, del trascorrere del tempo e della storia degli uomini. Bologna è la città di Gregorio XIII, che introdusse il calendario ancora oggi in uso, ma anche di Cassini, che realizzò la grande meridiana di San Petronio, e di Filopanti, che ebbe per primo l'intuizione dei fusi orari.
Il caffè, la bottega del museo, il guardaroba fanno di questa prima successione di spazi, pure ricchi di contenuti culturali, un luogo di accoglienza e di incontro aperto al pubblico. Un luogo particolarmente suggestivo e carico di significati in cui i bolognesi potranno incontrarsi per un caffè, per una chiacchierata o anche solo per un momento di riposo, per accedere all'esposizione permanente o alle mostre temporanee o, ancora, a uno degli eventi che animano gli spazi del museo e in particolare la spettacolare "Sala della cultura".
Il Museo della Storia di Bologna è anche attento al comfort del visitatore. Interamente accessibile a disabili, il lettering consente un'agevole lettura anche a persone ipovedenti. I servizi igienici sono distribuiti lungo l'intero arco del percorso e non concentrati in una sola posizione. Le sedute diventano via via più frequenti mano a mano che il percorso si snoda lungo le 35 sale espositive, alle quali vanno aggiunti spazi di ricevimento, sosta e transito che quasi sempre sono anch'essi allestiti e quindi parte integrante del racconto del museo. I dispositivi video presentano un apparato di diffusione sonora particolarmente sofisticato che agevola l'ascolto individuale senza interferire con il resto dell'ambiente; molti di essi presentano, inoltre, sottotitoli per agevolare i visitatori audiolesi.
Potremmo dire che questo impegno nei confronti delle diverse "dimensioni" della visita, e dunque delle sue qualità, fa anch'esso parte di quel processo di valorizzazione di cui abbiamo detto nella prima parte di questo intervento. La dimensione ospitale e accogliente del museo ha ricadute significative sull'incremento di valori del patrimonio non solo come fatto di pubbliche relazioni o di immagine, ma come sostanziale componente di un programma di costante miglioramento dell'asset museale.
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