Rivista "IBC" XIX, 2011, 3
biblioteche e archivi / convegni e seminari, progetti e realizzazioni
Ci sono due Italie. Quella di chi denuncia, per vilipendio delle istituzioni, l'uomo che parla a nome di quanti hanno perso dei familiari nella strage alla stazione di Bologna. Quella di chi raccoglie e organizza tutte le informazioni utili a far luce sulle stragi e sul terrorismo che hanno colpito la nostra nazione. Questa seconda Italia si è data appuntamento nel capoluogo regionale il 13 giugno 2011, per il convegno "Archivi negati, archivi 'supplenti'", organizzato dalla Soprintendenza archivistica per l'Emilia-Romagna (www.sa-ero.archivi.beniculturali.it).
Nella prima parte dell'incontro sono stati presentati le motivazioni e gli esiti di "Una città per gli archivi", l'ambizioso progetto promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, unite nell'obiettivo di tutelare e rendere accessibili, via web, gli archivi del territorio bolognese che chiedevano di essere più fruibili. L'indagine ha individuato oltre un centinaio di fondi archivistici in tutto o in parte privi di adeguati strumenti di inventariazione e conservazione, e ha messo all'opera un'ottantina di archivisti.
Tra le raccolte documentarie più significative per ricostruire la nostra storia recente ci sono proprio quello dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, di cui è presidente Paolo Bolognesi (www.stragi.it), e quello dell'Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, rappresentata da Daria Bonfietti (www.stragediustica.info; www.museomemoriaustica.it). "Si comincia a vedere lo scorpione sotto la pietra", ha detto quest'ultima. "Non bisogna parlare di misteri, ma di segreti" ha precisato il primo, "perché i misteri appartengono solo alle religioni". Così l'una e l'altro hanno sintetizzato in modo fulmineo la capacità illuminante dei documenti conservati negli archivi.
È proprio utilizzando questa forza conoscitiva che le associazioni delle vittime si sono trasformate in "comunità di memoria". L'espressione è stata adoperata dalla figlia del giornalista Walter Tobagi, assassinato nel 1980 dalla Brigata XXVIII marzo, e rende bene l'impresa laboriosa di chi ha raccolto negli anni le testimonianze dirette dei sopravvissuti, le risultanze processuali e gli esiti della ricerca storica. Quando, come spesso capita in Italia, le conclusioni dei giudici e quelle degli storici non collimano, e quindi i colpevoli sfuggono alla giusta pena, bisognerebbe almeno che essi, come ha scritto Christopher Browning, finissero nell'inferno degli storici. Prima di invocare la verità storiografica perché quella processuale manca, tuttavia, secondo Benedetta Tobagi bisogna far di tutto perché almeno la documentazione dei processi sopravviva e continui a parlare a chi vuole ascoltarla. E a questo proposito ha citato il caso dell'Associazione delle vittime della strage di piazza della Loggia, che ha digitalizzato le settecentomila pagine degli atti processuali a proprie spese, affidando il lavoro a una cooperativa di detenuti (www.28maggio74.brescia.it).
Il ruolo degli archivi rimane dunque fondamentale, ma la differenza, evidentemente, sta nel come vengono gestiti (e così si ritorna all'obiettivo perseguito dal progetto bolognese). Rievocando infatti le ricerche che nel 2008 lo hanno portato a realizzare la prima edizione critica delle lettere dalla prigionia di Aldo Moro, Miguel Gotor ha sottolineato le opposte impressioni ricavate nel rapporto con l'Archivio del Tribunale di Roma - che ha sempre messo a disposizione la documentazione in suo possesso e poi, "con un atto di alto profilo istituzionale", l'ha ceduta all'Archivio di Stato prima del tempo prescritto - e con l'Archivio storico del Senato: qui invece, stando alla sua esperienza, hanno prevalso l'opacità, la mancanza di collaborazione e la diffidenza verso il ricercatore.
D'altro canto, come si diceva, ci sono due paesi diversi. Quello che taglia sugli archivi, come sulle biblioteche e sui musei, e quello che continua a credere nel loro valore. Quello in cui si difende il governo assente dalla commemorazione del 2 agosto alla stazione ferroviaria di Bologna. Quello in cui si torna in quel luogo ogni anno, con la speranza che ai morti sia resa piena giustizia. Alla fine occorre scegliere in quale dei due si intende vivere.
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