Rivista "IBC" XIX, 2011, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / storie e personaggi

Enzo Zacchiroli (Bologna, 1919-2010).
Più che stupire, servire

Andrea Zanelli
[IBC]

Enzo Zacchiroli (Bologna, 1919-2010) è stato uno dei più importanti architetti italiani. Dal 1958, anno in cui conclude la sua prima realizzazione di rilievo (la sede della Johns Hopkins University in via Belmeloro a Bologna) fino al 2010, in più di cinquant'anni di attività ha cambiato il volto della sua città con numerosi interventi, soprattutto pubblici, ma ha anche operato in altre realtà italiane (palazzo di giustizia a Torino, sede della Banca d'Italia a Siena, residenze e servizi per l'Università di Calabria).

Il 18 maggio 2011 a Bologna, nel centro congressi dell'Area della Ricerca (AdR) del Consiglio nazionale delle ricerche, Zacchiroli è stato commemorato a poco più di un anno dalla scomparsa. Gli edifici di questa vera e propria cittadella della ricerca, da lui progettati, sorgono in un'area a nord della città, fra il canale Navile e la Bolognina, e sono stati inaugurati nel luglio 1996. L'attuale presidente dell'AdR, Mariangela Ravaioli, ha ricordato come la ventennale attività di questo gruppo di istituti scientifici costituisca un ponte importante fra la ricerca e le applicazioni tecnologiche.

Franco Prodi, primo presidente dell'AdR, ha affermato che Zacchiroli è stato in grado di spargere bellezza a Bologna e in Italia; il suo incontro con l'opera dell'architetto avvenne per caso: alla fine degli anni Settanta, egli comprò un appartamento in una delle due torri di via Zago, presso porta Mascarella, e, pur non conoscendo ancora chi ne fosse l'autore, ebbe modo di apprezzare la vivacità degli spazi, il movimento dei volumi, il gioco affascinante di vuoti e di pieni. Quando si trattò di coordinare e promuovere la confluenza umana di tanti ricercatori nella nuova area, egli trovò in Zacchiroli un interlocutore dall'approccio mite ma sicuro, impegnato a cercare quella qualità degli spazi che si trasforma in felicità per gli utenti. Su un'impostazione generale fornita dallo studio Gentili Tedeschi di Milano, l'architetto sviluppò ambienti e particolari di grande suggestione (la sala plenaria, la biblioteca a pianta circolare, l'aerea scala ellittica dell'atrio).

Alberto Bombonati, che è stato coordinatore del progetto, ha ripercorso la vicenda dell'appalto concorso per la realizzazione del complesso, vinto da un raggruppamento capeggiato dal Consorzio cooperative di costruzione. Zacchiroli era particolarmente attento agli spazi comuni: avrebbero dovuto indicare a ciascuno, con certezza, dove dirigersi, ma anche essere naturalmente condivisi e facilitare gli incontri. Renato Baioni, presidente di Finanziaria Bologna Metropolitana, ha parlato della quarantennale collaborazione con l'architetto: per il quartiere fieristico Zacchiroli ha disegnato l'espressivo edificio di ingresso (1972-1974), in cemento armato a vista, con gli uffici, i ristoranti e la centrale termofrigorifera, edificio a cui ha lavorato fino al 2000 per gli ampliamenti che si sono via via resi necessari.

Rita Finzi, direttore tecnico del Consorzio cooperative di costruzione, ha ricordato il suo primo incontro con l'architetto. È ancora studentessa di ingegneria quando, con compagni di corso e professore (Giampiero Cuppini), visita il centro diagnostico neuropsichiatrico di Imola: è un colpo di fulmine; l'architetto spiega con grande passione il senso degli spazi da lui progettati. Le sue architetture non vogliono stupire, bensì servire. Egli ha avuto attenzione per le necessità, a volte anche "rozze", delle imprese costruttrici: non sempre le accoglieva, com'è ovvio, ma era sempre disposto all'ascolto.

Derek Jones, ricercatore e coordinatore della Commissione biblioteca, ha presentato un breve filmato in cui Zacchiroli si racconta: "Fin da ragazzo volevo fare l'architetto, ma in famiglia preferivano che divenissi ingegnere; furono le sorelle di Giorgio Morandi, amiche di mia madre, a organizzare un incontro col grande pittore, che - visti i miei disegni - mi incoraggiò [...]. Ho un rapporto continuo con operai, capi cantiere, impiantisti, durante la realizzazione dei miei edifici [...]. L'opera che amo di più è sempre l'ultima, come avviene con il figlio più piccolo; ma amo anche andare a trovare i figli più grandi...". Sergio Signorini, autore di un testo sull'opera di Zacchiroli, ha raccontato soprattutto l'alta qualità delle sue opere, eternamente giovani perché fatte di idee, di spazi, ma anche di presenza attiva in cantiere: per l'ospedale Malpighi, essendo temporaneamente costretto in sedia a rotelle per un incidente, non rinunciò a farsi issare da una gru per seguire ogni fase della costruzione. Perché, diceva, "il peggior errore è quello che si commette sapendo di commetterlo!".

Anna Maria Matteucci, storica dell'arte e dell'architettura, ha ricordato che Zacchiroli aveva velocità di ideazione, ma lunghi, meticolosi tempi di progetto. Sapeva coniugare la modernità dello spazio con l'attenzione a ogni particolare dei luoghi. Ad Arcavacata, nella mensa per studenti e docenti, aveva disegnato un sistema di aperture alla maniera delle architetture arabe antiche, per fornire rinfrescanti riscontri d'aria (tant'è che la mensa è utilizzata anche per studiare); nell'ottocentesco ex ospedale psichiatrico di Siena, modificando le altezze esagerate dei piani, aveva ricavato numerosi dipartimenti per l'università. È raro che un architetto dichiaratamente moderno riceva un premio da Italia Nostra, ma egli lo ebbe per la splendida sistemazione della piazzetta di fianco all'abside di San Domenico a Bologna. L'amore per Aalto, il maestro moderno da lui prediletto, derivava certo dall'attenzione riservata al "piccolo uomo": nell'hospice di Bentivoglio, per esempio, ogni stanza ha un suo proprio giardinetto.

I figli Elena e Michele, che per trent'anni hanno collaborato col padre e continuano l'attività dello studio, hanno ricordato che egli non è mai stato tenero, né con loro né con sé stesso, e in studio ha sempre chiesto il massimo a tutti. Ma ha anche saputo condividere con tutti le soddisfazioni. Ai figli la presidente dell'AdR ha poi consegnato una targa, dedicata all'"architetto straordinario dei nostri felici incontri quotidiani".

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