Rivista "IBC" XIX, 2011, 2
musei e beni culturali / convegni e seminari
Armi, troni, carri, gioielli, persino abiti: tutto di inestimabile valore. Gli oggetti rinvenuti nelle tombe villanoviane di Verucchio, nell'entroterra riminese, veicolano identità, ruoli e funzioni di un'élite sociale che ha saputo raccontarsi nel tempo, nello spazio e nei rituali funerari. Ascesa e splendore di una comunità aristocratica: dalla loro altura affacciata sul mare, i signori di Verucchio imbrigliano il commercio dell'ambra che arriva dal Baltico; sotto il loro controllo, artigiani specializzati lavorano, con tecniche incredibilmente complesse e raffinate, ambra, bronzo, ferro e legno, producendo oggetti e strumenti di eccezionale qualità. Poi, in pochi anni, il declino. Incapace di evolversi e adeguarsi ai tempi, dalla fine del VII secolo avanti Cristo, Verucchio decade, proprio mentre Bologna diventa città.
Gli scavi archeologici degli ultimi anni hanno recuperato oltre 80 tombe, datate tra l'VIII e il VII secolo avanti Cristo, con ricchissimi corredi. Ma ancora più importante dei reperti è la mole di informazioni fornite dalle indagini. È il caso dei numerosi troni in legno a grandezza naturale, di cui resta solo la sagoma impressa nell'argilla, o dell'impronta dei tessuti che rivestivano i grandi vasi che contenevano le sepolture: reperti "invisibili", che con le vecchie tecniche di scavo sarebbero andati probabilmente perduti. Su tutti questi temi si è confrontato un gotha di protostorici nel corso del convegno internazionale "Immagini di uomini e donne dalle necropoli villanoviane di Verucchio" che si è tenuto a Verucchio dal 20 al 22 aprile 2011.
Le giornate di studio, dedicate a uno dei padri della preistoria italiana, Renato Peroni, scomparso un anno fa, sono state promosse dal Comune di Verucchio e dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna. Nel corso del convegno si è dato conto dei clamorosi ritrovamenti degli ultimi cinque anni, valutando nuove strade di ricerca con archeologi, botanici, chimici, antropologi e specialisti di metallurgia antica. Le recenti scoperte, sommate a quelle degli scavi condotti tra il 1969 e il 1972, portano a circa seicento le sepolture complessivamente recuperate nei quattro sepolcreti Lippi, Lavatoio, Moroni e Pegge (dal nome dei poderi), databili tra il IX e il VII secolo avanti Cristo.
È ormai certo che l'uso di queste necropoli fosse riservato alle famiglie gentilizie: lo dicono i numeri (poche tombe in rapporto alle generazioni che le hanno utilizzate), e soprattutto le caratteristiche delle sepolture, colme di elementi indicatori di rango, potere e ricchezza. Nel mondo antico la sepoltura era uno strumento di comunicazione, un modo per trasmettere messaggi ai contemporanei. L'insistenza sul tema del trono si riferisce chiaramente a una simbologia regale e non è un caso che le tombe di Verucchio, per la strabordante ricchezza dei loro corredi, siano definite "principesche".
Il convegno è stata l'occasione per esporre una parte dei materiali della Tomba 12/2005 (necropoli Lippi), restaurati dalla Soprintendenza e dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. Una tomba straordinaria, che ha restituito anche una cassetta di legno con centinaia di oggetti in ferro e bronzo intenzionalmente spaccati, messi sul rogo e infine deposti nella sepoltura, con chiaro significato rituale.
Studiando le necropoli, gli archeologi stanno ricostruendo il sistema di regole e simboli legati all'identità del defunto: hanno per esempio accertato che mentre l'urna cineraria rappresentava simbolicamente il defunto, il materiale bruciato nel rogo funebre indicava il suo status reale al momento della morte. Questo valore simbolico del cinerario spiega perché fosse "vestito" con abiti ricamati e ingioiellati. Nelle sepolture maschili, l'urna era corredata da armi, in quelle femminili da utensili per la tessitura: gli oggetti sono spesso riproduzioni in materiali pregiati, comunque inutilizzabili, come gli elmi in lamina sottilissima e cresta fino a 70 centimetri, o le conocchie in ambra. Il rogo funebre ci dice invece ciò che il defunto era realmente al momento della morte. Emblematica la deposizione contemporanea (o comunque ravvicinata) di due bambini: mentre la loro immagine è resa con l'armatura da futuri guerrieri, l'assenza di armi nel rogo funebre indica che sono morti prima di assumere il ruolo a cui erano destinati.
Un altro aspetto trattato dal convegno è stato l'eccellenza della produzione artistica e artigianale. Verucchio non era solo un centro di scambi commerciali: gli scavi dimostrano che possedeva botteghe artigianali in grado di lavorare con tecniche molto raffinate e complesse. Lo testimoniano le grandi fibule, tuttora senza confronto, probabilmente frutto del lavoro congiunto di specialisti dell'ambra e del bronzo.
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