Rivista "IBC" XIX, 2011, 2
musei e beni culturali / immagini, mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi
"Quando faccio un ritratto muovo il soggetto verso un punto dove la luce è adatta. Poi valuto la qualità della luce, delle ombre e delle forme. Quando sono soddisfatto, scatto. Non sono interessato a catturare la personalità della modella o rivelare le sue particolarità. Scatto in sintonia con la mia percezione della luce e della forma: sono questi gli elementi che mi interessano". Così scrive nel 1927 Yasuzo Nojima (Urawa, 1889 - Hayama Isshiki, 1964), una delle più importanti figure della storia della fotografia giapponese, all'alba di quello che viene considerato il periodo più fertile del suo lavoro di fotografo, che continuerà con successo per tutto il decennio successivo fino agli anni Quaranta e alla Seconda guerra mondiale, quando l'interesse per la fotografia, anche in Giappone, si spostò verso il reportage. "Ogni fotografo" - dichiara Nojima nel 1941 - "ha il diritto di scegliere la forma d'arte che lo soddisfa. Si può scegliere di fare del fotoreportage; io ho scelto di non farlo".
Ma torniamo agli anni Trenta, alla serie di nature morte, ai nudi e ai ritratti, compreso quello splendido di Miss Chikako Hosokawa, del 1932: in primo piano la mano, colpita dalla luce, vela lo sguardo intenso della modella con l'occhio che guarda dritto verso l'obiettivo. Capolavori, mai esposti finora in Italia, che si sono potuti ammirare nella mostra "Yasuzo Nojima. Un maestro del Sol Levante tra pittorialismo e modernismo" (Modena, 27 marzo - 5 giugno 2011), ospitati dal Fotomuseo Panini, che nel 2010 ha avviato una collaborazione con il National Museum of Modern Art di Kyoto per un programma di scambio di eventi espositivi.
L'esposizione, curata da Filippo Maggia e Chiara Dall'Olio e realizzata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Modena (catalogo Skira), ha portato in Italia 112 opere realizzate dall'artista tra il 1910 e il 1953. La luce è la grande protagonista della sua opera. I primi scatti sono vicini al linguaggio del pittorialismo, con l'uso di tecniche di stampa ai pigmenti, come la gomma bicromata che permetteva di intervenire "artisticamente" sull'immagine, con sfumature a pennello e stesura di colori. Tecniche familiari a Nojima, pittore dilettante e amante delle arti, tanto da aprire nel 1919 una Galleria a Tokyo, presto punto di riferimento per gli artisti emergenti dell'epoca, dove curiosamente non furono mai esposte fotografie. È invece di qualche anno prima, il 1915, l'apertura, sempre a Tokyo, di un suo studio fotografico. Negli scatti di questo periodo ancora forte è l'influenza della pittura occidentale, che si mescola amabilmente alle tradizioni e al gusto nipponici. La svolta arriverà più tardi, tra il 1932 e il 1933.
Nel 1931, a Tokyo e a Osaka, viene presentata la mostra tedesca "Film und Foto", che porta per la prima volta in Giappone gli autori delle avanguardie fotografiche europee e americane. Nojima è colpito dalle nuove potenzialità del linguaggio fotografico e, per alimentare il dibattito nel suo paese sulla Shinko Shashin (la "Nuova Fotografia"), fonda nel 1931 la rivista "Koga" ("Immagini di Luce"). "Abbandonare la vecchia fotografia. Abbandonare i concetti dell'arte tradizionale": così è scritto nel manifesto di apertura del primo dei 18 numeri della rivista, che chiuse nel 1933. Si apre un periodo di grande creatività per Nojima, che dà vita alle sue più importanti "immagini di luce": splendidi nudi, nature morte, ritratti. Accantonate la gomma bicromata e le tecniche pittorialiste, ora Nojima predilige la lucentezza delle stampe alla gelatina d'argento.
Il suo ostinato intendere la fotografia come forma d'arte "pura", in contrasto con il trionfo, anche in Giappone, della nuova fotografia documentaria, lo porterà negli ultimi venti anni di vita a isolarsi, anche se non smetterà mai di lavorare e di sperimentare. Dopo la morte, avvenuta nel 1964, le sue fotografie sono state conservate dalla famiglia e da un gruppo di fotografi a lui vicini, che crearono una sorta di associazione in sua memoria; all'inizio degli anni Ottanta approdano temporaneamente all'Art Institute di Chicago, per finalità conservative. Qui si avvia la rivalutazione dell'opera di Nojima che culmina nel 1994, quando l'intera collezione entra a far parte della raccolta di fotografia moderna del National Museum of Modern Art di Kyoto. Il maestro, che da "ragazzo moderno" aveva contribuito ad aprire le porte del suo paese alla cultura occidentale senza mai dimenticare le proprie origini, è finalmente tornato a casa.
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