Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, progetti e realizzazioni
La giornata di studi sul patrimonio industriale dell'Emilia-Romagna si è svolta il 2 dicembre 2009 a Bologna, presso il Museo del patrimonio industriale, sotto l'egida del Comune di Bologna, dell'Associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale (AIPAI), della sezione regionale di Italia Nostra e dell'Istituto regionale per i beni culturali (IBC). Il quadro della situazione attuale italiana delineato da Renato Covino, presidente dell'AIPAI, è caratterizzato, da un lato, dall'aumento dell'interesse per la conoscenza e la valorizzazione della storia industriale e delle sue tracce, dall'altro, da un quadro normativo e finanziario scoraggiante e ambiguo. Per questo è necessario un monitoraggio continuo del territorio, con l'aiuto decisivo delle comunità dei cittadini e delle amministrazioni locali, che spesso occorre sensibilizzare. L'azione comune è naturalmente volta alla conoscenza, alla tutela, alla valorizzazione e al riuso. Il ruolo dell'AIPAI consiste nel costruire reti di studiosi e persone appassionate alle tematiche del patrimonio, in stretto contatto con le altre associazioni e forze presenti nel territorio.
Alberto Guenzi, ricercatore della prima ora dell'IBC, ha portato l'attenzione sul percorso seguito da tanti studiosi gravitanti intorno all'Istituto a partire dagli anni Settanta del Novecento. Un'epoca, quella, di grande fervore, sotto la guida di maestri come Carlo Poni, Lucio Gambi, Pierluigi Cervellati e Andrea Emiliani. Le circostanze molto favorevoli facevano presagire un percorso virtuoso, fatto di conoscenze tradotte in azioni di governo del territorio. Invece, nel corso del tempo, la sorte di molte testimonianze della produzione industriale locale non è stata diversa da quella di altre parti d'Italia. Dal canto suo, l'IBC non ha proseguito nella scommessa fatta al momento della sua fondazione, privilegiando l'impegno in settori di tradizione consolidata, già trattati da altri soggetti istituzionali.
Maura Grandi, direttrice del Museo del patrimonio industriale, ha trattato gli strumenti e le tecniche museali per acquisire conoscenze da tradurre in allestimenti atti ad attrarre il pubblico più vasto possibile, anche quello che alla parola "museo" associa una vaga ma radicata nozione di "arte", non immediatamente riconducibile al mondo industriale. La centralità del museo come centro didattico e produttore di valori identitari forti per le imprese è stato sottolineato anche da Daniele Vacchi, imprenditore e vicepresidente degli "Amici del museo".
La riflessione sugli aspetti normativi è stata svolta da Paolo Frabboni, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, e da Elio Garzillo, già direttore per l'Emilia-Romagna di quella istituzione. Degli oltre milleduecento beni dichiarati di interesse pubblico dal 2001 a oggi, più di cento sono relativi alla storia industriale. Ma il provvedimento di tutela non è che il primo dei molti passi necessari per salvare un manufatto, che sia esso pubblico o privato. Gli ostacoli fondamentali per la tutela risiedono nella contradditorietà della normativa (illuminante l'esempio del "piano casa", che mette in discussione il valore di legge dei piani regolatori), nei conflitti interpretativi e soprattutto nella logica che ispira i criteri della tutela, una logica che preferisce il particolare al generale, il singolo manufatto al sito, l'emergenza costruita al contesto ambientale.
Chi scrive ha ricordato come la distruzione o la trasformazione troppo radicale di un caseificio, di una ciminiera o di un mulino, che avevano un loro posto nel nostro paesaggio interiore, lascia tutti più poveri, e, per di più, nel confronto con i responsabili dell'operazione, trasforma perversamente il legittimo sentimento di perdita in un ingiustificato senso di colpa che fa sentire "nemici dello sviluppo", "snob", "nostalgici" che si oppongono a un presunto progresso. Di qui la necessità di aiutare un numero crescente di cittadini a prendere coscienza del valore che hanno le vestigia della storia del lavoro, anche modeste, al pari dei contesti artistici e delle presenze monumentali, e l'esigenza di aumentare le pressioni su chi ha il potere di decidere in tema di territorio e urbanistica.
Gli interventi successivi hanno toccato casi di studio più o meno noti, confermando l'immagine di un territorio costellato di episodi in cui l'interesse storico va di pari passo con una precaria condizione di tutela. Si è dunque parlato di zuccherifici, di fornaci da laterizi e da calce, di industria meccanica e di attività estrattive, presentando gli esiti di ricerche condotte sul territorio regionale, in anni più o meno recenti, da soggetti privati e pubblici, tra i quali l'IBC.
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