Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2

musei e beni culturali / immagini, media, mostre e rassegne, pubblicazioni

Realtà manipolate. Come le immagini ridefiniscono il mondo, Firenze, Alias Edizioni, 2009.
Vedere per (non) credere

Priscilla Zucco
[IBC]

Alla fotografia, per il procedimento meccanico e automatico che la crea, è stato da sempre attribuito il valore di rappresentazione del vero, di referenzialità, di ça a été barthesiano. Da questo assunto di immediatezza e imparzialità ha preso le mosse il reportage, che grazie al potere realistico delle immagini promuove la denuncia di fatti a cui non avremmo potuto assistere con i nostri occhi, così come la fotografia di documentazione (si pensi a Lewis Hine, August Sander, Walker Evans, Dorothea Lange) si è fatta testimone indiscutibile della povertà e dei disagi di ampie fasce di popolazione in contesti drammatici che avremmo forse ignorato.

Per contro, la nostra storia visuale è piena di esempi che fanno della fotografia Un'autentica bugia (secondo il titolo scelto da Michele Smargiassi per il suo ultimo volume). Il reportage stesso ha sempre ammesso il fotoritocco, così come nell'Ottocento il fotomontaggio e la coloritura a mano erano pratica diffusa. Persino il pittorialismo ha preceduto l'immediatezza e, come sostiene Claudio Marra in L'immagine infedele (2006), non è solo l'avvento del digitale ad aver messo in discussione il rapporto tra la fotografia e il reale ma il fattore interpretativo e di ricostruzione è insito nel linguaggio fotografico. La modalità digitale non ha dunque spostato la relazione tra segno fotografico e referente reale ma ha giocato piuttosto un ruolo rivoluzionario nella proliferazione delle immagini, tanto da far parlare di "svolta iconica": l'immagine avrebbe cioè soppiantato la parola nel definire il mondo.

Su queste e altre questioni inerenti la fotografia e le possibilità offerte dal digitale ha posto l'accento la mostra promossa tra settembre 2009 e gennaio 2010 dal Centro cultura contemporanea Strozzina di Firenze, allestita negli spazi seminterrati di Palazzo Strozzi e comprendente, come tutti i precedenti progetti espositivi, una pubblicazione e un ciclo di conferenze. Il comitato scientifico si è avvalso dei prestigiosi contributi di Franziska Nori, direttrice del progetto, di Brett Rogers, direttrice della Photographers' Gallery di Londra, di Luminita Sabau, direttrice della collezione di fotografia contemporanea DZ Bank di Francoforte, di Martino Marangoni, direttore della Fondazione Studio Marangoni di Firenze, e di Christiane Feser, fotografa tedesca studiosa del concetto di manipolazione nel contesto della fotografia digitale.

I fotografi presenti con i loro lavori erano autori più o meno noti al panorama della fotografia d'arte contemporanea e sono espressione di un multiforme utilizzo stilistico e interpretativo delle potenzialità del digitale. Fin dalle prime immagini lo spettatore si trovava costretto a un approccio di fruizione non ordinario, poiché la percezione delle opere era condizionata da alcuni segni spaesanti e in alcuni casi inquietanti. Ciò che potrebbe sembrare uno spaccato di realtà, recava con sé il dubbio della verosimiglianza. Penso alle catastrofi naturali di Sonja Braas, agli scorci notturni di case americane di Gregory Crewdson, allo studio ovale della Casa Bianca di Thomas Demand, alle stanze incendiate di Sarah Pickering, ai ritratti di donne di Cindy Sherman, alla città di Las Vegas di Olivo Barbieri, al circuito di Formula 1 di Andreas Gursky.

Un altro piano di riflessione proposto è la responsabilità dei media nella diffusione di immagini ad alto contenuto di terrore (come suggerisce Raw Footage, montaggio di diverse riprese televisive scartate sulla guerra nell'ex Iugoslavia perché non abbastanza impressionanti), ma anche nella creazione di un'iconografia che verrà per sempre associata a un evento storico (come svela Paolo Ventura proponendoci immagini in cui riconosciamo la guerra in Iraq anche se gli attori sono pupazzi e il set artificiale). In altri casi è la realtà stessa a essere manipolata prima della ripresa, come nei lavori di Robin Hewlett e Ben Kinsley che organizzano una messinscena apposita al passaggio della Google Car in un quartiere di Pittsburgh, o di Rosemary Laing che riveste realmente un bosco di un enorme tappeto.

Dai contributi introduttivi del catalogo emerge che la fotografia è punto di partenza e di arrivo per riflettere sul concetto di realtà. Gli studi sulla percezione ci insegnano non solo che il nostro sguardo e la nostra memoria sono selettivi ma anche che possiamo, come i replicanti di Blade Runner, arrivare a pensare ricordi-immagini che non ci appartengono. La percezione è poi fortemente condizionata dal contesto culturale e sociale in cui viviamo e la nostra epoca sembra invasa da immagini di facile produzione e diffusione, tanto da sembrare più reali del reale: non è un caso se il loro potere di comunicazione viene sfruttato dai media per intervenire sul nostro sistema cognitivo. Le argomentazioni espresse alla Strozzina, insomma, sono veramente tante e attengono alla fotografia quanto attengono all'umana condivisione di valori e conoscenze.


Realtà manipolate. Come le immagini ridefiniscono il mondo, Firenze, Alias Edizioni, 2009, 168 pagine, 20,00 euro.

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