Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / immagini, pubblicazioni

Vedere una farfalla, fotografarla, ammirare la sua forma e i suoi colori... ma non conoscere il suo nome, la sua provenienza, la sua storia. Grazie a un libro, edito dall'IBC, ora si può.
Farfalle d'Italia

Marco Pellecchia
[Laboratorio di genetica animale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza]

Dedicato a chi opera professionalmente in campo ambientale, ma anche ai tanti appassionati entomologi dilettanti, il volume Farfalle d'Italia descrive le 283 specie diurne presenti sul territorio nazionale e vuole, con lo stesso titolo, salutare il prossimo anniversario dei 150 anni di unità del nostro Paese. Il libro - frutto del lavoro di una vita di Roberto Villa, e da lui curato insieme a Marco Pellecchia e Giovanni Battista Pesce per la collana "Immagini e documenti" dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna - descrive accuratamente ogni lepidottero con l'aiuto di splendide foto a colori che ne documentano tutte le fasi di vita: dalla deposizione delle uova alla schiusa delle larve, fino alla trasformazione da pupa a farfalla adulta. Una serie di tavole sinottiche mostra le principali differenze tra le specie simili, a ognuna delle quali corrisponde una scheda identificativa.

Pubblichiamo una parte del testo di Marco Pellecchia che riassume le principali informazioni riguardanti la biologia, l'anatomia e l'etologia delle farfalle, senza dimenticare le molte influenze dei loro voli sulla nostra cultura. Per il calendario degli eventi che accompagneranno la promozione del volume nel corso dell'anno in Emilia-Romagna si veda il sito web dell'IBC: www.regione.emilia-romagna.it.


Farfalle e falene

Lepidòttero è termine che deriva dal greco antico lepis, che significa "squama", e da pteron, "ala". Indica, nel variegato mondo degli insetti, un vasto ordine comprendente le oltre 150000 specie di farfalle oggi conosciute, ossia tutti quegli insetti che possiedono quattro ali membranose fittamente ricoperte da minute squame. Anche se artificiosamente, è tradizione suddividere i lepidotteri in due grandi raggruppamenti: farfalle diurne e farfalle notturne, o falene.

Le prime volano durante il giorno, ma non è questa la loro caratteristica peculiare. Infatti, sono piccoli ma importanti dettagli anatomici e posturali a caratterizzarle: esse presentano antenne che terminano con un ingrossamento a forma di clava (da cui il nome di ropalòceri, termine derivante dalle parole greche ropalon, "clava", e keras, "corno"); mantengono collegate le due ali dello stesso lato del corpo grazie a un irrobustimento delle nervature alla base delle ali posteriori; a riposo, generalmente richiudono le ali "a libro" sopra il torace.

Le falene, per contro, sono attive generalmente nelle ore crepuscolari e notturne; hanno antenne dalle forme svariate ma mai clavate (da cui il nome di eteròceri: eteros, "diverso", e keras, "corno"); sono munite di ciuffi di setole che mantengono unita la coppia di ali di ciascun lato del corpo. Inoltre, a riposo le ali vengono generalmente ripiegate "a tetto" sopra il torace, in modo da formare un caratteristico triangolo.

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Il volo

Il volo delle farfalle è possibile grazie alla contrazione dei potenti muscoli del torace. Il battere e il levare delle ali sono provocati dal movimento di diversi fasci muscolari indiretti, sia verticali sia longitudinali. I verticali, inseriti con un capo sui tergìti e con l'altro sugli sternìti, quando si contraggono provocano la depressione della cassa toracica e quindi l'innalzamento delle ali, che fanno perno su alcuni processi dei pleuriti. L'azione dei longitudinali, invece, riporta il torace nelle condizioni di riposo, consentendo alle ali di abbassarsi. I muscoli diretti, che cioè prendono attacco direttamente alla base delle ali, agiscono su di esse permettendone i movimenti in avanti, indietro e di torsione. È infatti stato chiarito che, durante il volo, le ali dei lepidotteri non si muovono solo dall'alto in basso e viceversa, ma disegnano una traiettoria più complessa, a forma di otto.

Come in tutti gli insetti, la contrazione dei muscoli è strettamente dipendente dalla temperatura. Per questo le farfalle, che sono organismi ectotermi (cioè a sangue freddo), hanno evoluto particolari comportamenti di termoregolazione, per mezzo dei quali assorbono più velocemente il calore della radiazione solare. Così, con un po' di fortuna, passeggiando in campagna, si può assistere all'assembramento di molti individui in siti di crogiolamento ben esposti al sole: le farfalle, con le ali semiaperte o distese, letteralmente "fanno il pieno" di calore prima di prendere il volo. Altre volte avviene un vero e proprio riscaldamento "dei motori" da fermo: la farfalla fa vibrare velocemente le ali, mandando in temperatura i fasci muscolari.

Per quanto riguarda la velocità raggiungibile durante il volo, essa dipende sia dalla forma delle ali sia dalla potenza della muscolatura. Il record è detenuto dagli sfingidi, che possono raggiungere i 50 chilometri orari.


Le migrazioni

L'elevata capacità di volo dei lepidotteri ben si esprime durante i fenomeni di migrazione, che gli etologi definiscono come un movimento attivo e di massa, orientato, ciclico, che comporta un cambiamento temporaneo dell'habitat della specie migrante. Sono molti gli animali, appartenenti ai più disparati gruppi zoologici, che mostrano uno spiccato comportamento migratorio: pesci, uccelli, mammiferi... e anche insetti. I grandi spostamenti delle locuste sono noti e temuti da millenni, riportati addirittura nei testi sacri di antiche civiltà. Meno note, ma non meno spettacolari, sono le migrazioni di molti lepidotteri, sia diurni sia notturni. Le famiglie ove questo fenomeno è più comune sono, tra i ropaloceri, le pieridi, le danaidi, le ninfalidi, le licenidi e le esperidi e, tra gli eteroceri, le sfingidi e i nottuidi.

Una ninfalide migratrice, cosmopolita e comune anche alle nostre latitudini, è la Vanessa cardui - vanessa del cardo. Questa vistosa specie sverna in Africa. In primavera, migliaia di esemplari partono alla conquista dell'Europa, viaggiando solitari o in piccoli gruppi a pochi metri dal suolo e dal mare. Esistono delle direttrici privilegiate lungo le quali le vanesse volano: la Penisola Iberica (spesso sotto costa), la Penisola Italiana e quella Balcanica, in modo da ridurre al minimo i tratti di mare da percorrere. Gli esemplari che provengono da più lontano, una volta raggiunte le aree più calde del Bacino mediterraneo, si riproducono e poi muoiono, cosicché saranno i loro discendenti a completare il viaggio verso nord. Durante le annate favorevoli, nella Pianura Padana, dal Vercellese fino al Veneto, si costituisce un unico fronte di avanzamento: vi è un continuo passaggio di farfalle (10-20 l'ora), a sorvolare case, strade, giardini, aiuole... Arrivate a destinazione, le vanesse del cardo si riproducono, spesso dando luogo a due generazioni annuali. Solo col sopraggiungere dell'autunno, molti degli esemplari nati a nord invertono la rotta primaverile, facendo ritorno nelle calde e accoglienti regioni meridionali.

Ma il più famoso lepidottero migratore è il Danaus plexippus, detto anche farfalla monarca, che abita l'America centrosettentrionale. Durante l'estate questa specie vive e si riproduce in Nord America dove, secondo le condizioni climatiche, dà luogo a un numero variabile di generazioni. Al sopraggiungere dell'autunno, i "monarchi" iniziano a spostarsi verso sud-sudovest, in piccoli gruppi che man mano diventano sempre più numerosi e affollati. A una velocità di circa 20 chilometri l'ora e mantenendosi a 4-5 metri dal suolo, queste danaidi percorrono anche 2400 chilometri per raggiungere i quartieri di svernamento situati in Florida, California e Messico. Spesso le farfalle monarca si posano in gran numero sulle navi e si lasciano trasportare per giorni interi: possono raggiungere così l'Australia e la Nuova Zelanda, le Isole Hawaii e anche l'Europa. L'inverno viene trascorso in uno stato di semi-ibernazione con milioni di individui accollati l'un l'altro sui tronchi e sui rami degli alberi di aree sorprendentemente ristrette, anche di soli due o tre ettari di estensione. In primavera ricomincia l'attività, avvengono gli accoppiamenti e poi entrambi i sessi prendono il volo per il viaggio di ritorno verso nord. Lungo il tragitto, le femmine depongono le uova sulle piante nutrici via via incontrate, e la progenie si inserisce nel grande flusso migratorio per riconquistare i quartieri estivi.

Accanto alle specie grandi volatrici, esistono anche farfalle che si potrebbero definire... più sedentarie. Infatti, nelle femmine di alcune specie si assiste alla riduzione della superficie alare (brachitterismo) o alla completa atrofìa delle ali (atterismo), condizioni che non permettono più di prendere il volo. I maschi possiedono invece ali normali, che usano per ricercare attivamente le femmine tra la vegetazione e accoppiarsi con loro.


Cultura, arte e industria

L'uomo, sin dai tempi più remoti, è cresciuto nella Natura: affascinato dalla sua ricchezza di forme e colori e nel contempo impaurito dalle inspiegabili manifestazioni di forza, potenza, immensità. La spiritualità, forse, nacque per il bisogno tutto umano di cogliere il Grande Soffio delle cose, e sentirsi partecipe - e non annichilito - nello scorrere e trasformarsi del mondo. Fare propria la Natura: graffiti, disegni, sculture, oggetti d'ogni giorno abbelliti dalle rappresentazioni dei più svariati animali, di luoghi, di riti... Le farfalle, le macchie di colore, leggere e aggraziate, del caleidoscopio naturale, non passarono certo inosservate nella nostra recente evoluzione culturale, tanto da essere presenti nei miti, nell'arte e, oggi, nella stessa industria.

È oramai certo che gli antichi Egizi conoscessero il ciclo biologico dei lepidotteri, da fini osservatori del mondo naturale quali erano. Farfalle che venivano caricate di profondo significato simbolico, figurazione eterea dello spirito che lascia il defunto. Forse quello che ieri (come oggi?) più colpiva di questi insetti era proprio il mutare di forme, pur nell'unicità dell'essere, durante i tre stadi vitali: una trasformazione dopo l'altra, il bruco vermiforme muore nell'immobile crisalide, la quale rinasce nella farfalla adulta, capace di volare e alzarsi sopra le cose terrene.

E così, anche per i Greci esisteva il collegamento simbolico farfalla-spirito: l'antico termine psyche veniva usato per indicare sia l'anima dell'uomo sia le farfalle; nekydallos, parola che designava la crisalide, racchiude in sé la radice nekys, cioè "morte", forse per ricollegarsi alla morte in divenire delle pupe. I Latini usavano invece il termine animula, che testimonia, una volta di più, il profondo connubio tra farfalle e spiritualità e ancòra oggi, in Russia, è utilizzato il dialettale dushichka, che letteralmente significa "animuccia".

È strano che la molteplicità di forme, di disegni, di colori che è propria delle farfalle non abbia ispirato i nomi per definirle. Certo esistono delle eccezioni: per esempio, in molte zone dell'Italia meridionale i sintomidi del genere Syntomis, dalla livrea nera a macchie bianche, sono chiamati previtarielli ("pretini"), ricordando la tinta dell'abito talare dei sacerdoti. Nomi che, invece, sono suggeriti dalla caratteristica più affascinante dei lepidotteri: il volo, così leggero, armonioso, cadenzato dal ben visibile battere e levare delle ali. Il latino papilio ha questa origine, con il raddoppiamento (il battere e il levare...) della radice peb che sta per "volare". E rimane quasi inalterato nel francese papillon o nell'italiano padiglione, che ne è un derivato metaforico.

Il termine farfalla, pur così lontano dal latino, è costruito con lo stesso criterio: ripetizione sillabica, a ricordare il doppio movimento alare, e suono dolce, quasi onomatopeico. Diversa è l'etimologia dell'inglese butterfly: la parola si ricollega probabilmente alle antiche leggende popolari secondo cui le fate, celate sotto le sembianze di farfalle, entravano svolazzando nelle case (fly significa "volare") per poi rubare panna e burro (butter) dalle dispense.

Le farfalle hanno offerto innumerevoli spunti artistici all'uomo. Infinite sono le rappresentazioni, tra reale e simbolico, e i temi musicali a esse dedicati: vogliamo, tra le tante opere, ricordare I costumi degli insetti di Jean Henri Fabre, La Farfalletta di Luigi Sailer - più nota come La vispa Teresa - e Il dono di Vladimir Nabokov. Quanto tende a sedimentarsi nell'immaginario è simbolo di bellezza e fugacità. Oltre al pulsante erotismo tra bellezza e perfezione, le farfalle ci pongono una questione profonda sul rapporto tra l'essere e la forma. Alcune giungono allo stadio della riproduzione senza che la forma assunta dal loro corpo gli permetta di alimentarsi.

Da un punto di vista più materiale, la seta è certamente il prodotto di cui l'industria è maggiormente debitrice nei confronti delle farfalle. I fili di seta prodotti dalle larve di alcune specie di falene sono impiegati da più di 4000 anni per la confezione di stoffe pregiate.

La bachicoltura, nata in Cina, ha sfruttato per molti secoli quasi unicamente la specie Bombyx mori (famiglia Bombycidae), la cui larva ancora oggi è indicata comunemente col nome di baco da seta. In Europa solo all'inizio del secolo scorso, in seguito a un'epidemia di "calcino" (un fungo parassita) che aveva colpito i bombici da seta, venne avviato l'allevamento di altre falene serigene, importate dall'Oriente. Alcune di esse, sfuggite agli allevamenti, si sono velocemente acclimatate, e ancora oggi è possibile imbattersi nei maestosi adulti che volano attirati dalle luci dei lampioni stradali.

Il termine "farfalla" viene attribuito a diversi prodotti commerciali: dalla tipica forma di pasta, in alcune zone d'Italia chiamata anche "strichetto", al cravattino (papillon), a una speciale valvola meccanica, e così via. Nell'industria, però, della farfalla non si è utilizzato solo il nome o i suggestivi e azzardati accostamenti cromatici. In Europa, e in Italia in particolare, la produzione della seta ha segnato la forma e la toponomastica delle città e delle zone rurali. Sparuti filari di gelso sopravvivono ancora nelle nostre campagne insieme al ricordo infantile dei loro dolci frutti. Le colonne del portico bolognese del Pavaglione, oltre a ricondurci alla farfalla grazie al termine latino papilio e alla palpitante tenda degli antichi accampamenti militari (il "padiglione"), ci ricorda come lì (sotto un grande, sfarfallante tendone) si tenesse un importante mercato dei bruchi da seta. Come per altre città, della "dotta" Bologna, delle sue vie d'acqua e della sua storia, molto si può comprendere grazie alla parpaja... pardon! farfalla.

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