Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2

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L'obiettivo di Alessandro Zanini ci porta nel carcere minorile bolognese del Pratello. Ad assistere alle prove del teatro che ogni anno, dal 2003, Paolo Billi mette in scena con i ragazzi detenuti.
Lo sguardo dietro la maschera

Massimo Marino
[critico teatrale]

Nel centro di Bologna c'è un muro. Ce ne sono molti, in realtà. Ma questo sembra impenetrabile. È il confine di un carcere, l'ultimo rimasto dentro la città, il limite di un mondo oscuro, rassicurante perché preserva i nostri pregiudizi dal pericolo, inquietante perché intercapedine troppo sottile per evitare davvero il contagio. Sta in via del Pratello, a pochi passi da una chiassosa vita notturna. Contiene ragazzi di tutte le nazionalità. Hanno meno di diciotto anni e hanno sbagliato. È un carcere minorile, luogo di esclusione e, scrivono, di "rieducazione". Da qualche anno questa barriera è stata resa trasparente, valicabile in modo reale e metaforico. Dal 1999 un regista, Paolo Billi, ha portato all'interno dell'Istituto "Pietro Siciliani", noto semplicemente come "Il Pratello", il teatro. Fa teatro con quegli adolescenti a rischio, che spesso parlano poco e male la nostra lingua, finiti in carcere, molte volte, perché fuori non hanno una famiglia e meno che mai un contesto sociale. Spesso dal "Pratello" transitano soltanto, in attesa di trovare una comunità che li accolga, o di essere trasferiti altrove.

Billi lavora in prima linea. Anche perché il teatro che fa, a ritmo di uno spettacolo l'anno, non è un intrattenimento che esibisce i giovani reclusi con ciò che riesce loro più facile fare. Il regista impone testi da imparare a memoria, da interpretare, scene complesse che chiedono ai corpi di atteggiarsi in modo sapiente, spesso con l'uso di maschere, di agire in situazioni di equilibrio precario, di arrampicarsi, sbucare da botole, lanciarsi lungo piani inclinati. Il tutto per trasportare lo spettatore lontano dalle pareti dentro cui si trova, a dimenticarsi dei cancelli di ferro che ha dovuto varcare per entrare in questo purgatorio. Conduce attori e spettatori, giovani e meno giovani, studenti delle scuole, universitari, curiosi, persone impegnate nel sociale, in un mondo altro, dove non si viene giudicati per i ruoli che la società e il nostro comportamento hanno imposto, ma per ciò che siamo in quel momento, in quello spazio-tempo concentrato che rivela l'interiorità, il mondo e i suoi conflitti.

Paolo Billi ha spesso creato gli spettacoli intorno alla metafora del viaggio, nei primi anni facendo spostare attori e pubblico attraverso gli spazi dell'Istituto. Anche quando si è stabilito in un unico luogo, non ha cessato di creare storie incentrate sul dislocamento, per suggerire che bisogna muoversi, uscire dai propri stereotipi per guardare l'altro, come avviene quando si lascia la terra conosciuta e si naviga verso lidi lontani, per scambiare merci o esperienze, per cercare qualcosa di sé stessi. Il viaggio impone mutamenti, e questo è il teatro in carcere: spostare, portare altrove, tessere le possibilità di una consapevolezza nuova.

Negli anni, gli spettacoli della Cooperativa Teatro del Pratello hanno incontrato un gran numero di persone che, da fuori, venivano a conoscere in modo diretto e sorprendente il carcere in questa inedita veste "festiva". Non, però, la vita quotidiana che si svolge dietro le mura, né il faticoso processo di composizione del gruppo teatrale, la trasformazione di ragazzi all'inizio isolati, recalcitranti, individualisti, sospettosi, in un insieme, un unico corpo fatto di tante storie, tante possibilità, che trova nello spettacolo la chiave per dimostrare al mondo che li ha condannati di essere anche altro. Avvicinano dunque a questa realtà di fatica e di invenzione le fotografie di Alessandro Zanini pubblicate in questo numero di "IBC".

Zanini segue l'esperienza del Pratello dal 2003, da Teatro dei prodigi e delle miserie fino al Bouvard e Pecuchet del 2009. Queste immagini, già in gran parte pubblicate nel volume Alla luce delle prove,1 portano davvero dietro le mura, nel faticoso procedere del laboratorio giorno per giorno. Non fermano il momento finale: entrano nelle perplessità, nelle lunghe prove davanti al corpo estraneo che è il copione, nelle scenografie in costruzione, nella ricerca che avviene prima dell'incontro col pubblico, nel momento in cui i ragazzi indossano le maschere e dentro di esse (immaginiamo) inizialmente si perdono. Sono dei prolungamenti dei nostri occhi, queste foto: guardano da posizioni ravvicinate a cui gli spettatori non arrivano, sopra l'attore steso sul ripido praticabile in un momento di riposo, nei momenti di tensione per la trasformazione, dal livello del pavimento, in un buio in cui sentiamo che il personaggio sta per essere con fatica partorito. Non descrivo, qui, una fotografia o l'altra, ma un metodo. Un modo di guardare che aiuta chi vedrà gli spettacoli e chi non varcherà quelle mura. Il fotografo ci spiega che dietro i risultati a volte "commoventi" dell'atto finale ci sono sofferenza ed esclusione (i volti dei ragazzi detenuti sono sempre mascherati o ripresi in modo che non siano riconoscibili). Ci ricorda un lungo, tortuoso lavoro per uscire dai ruoli che ci siamo imposti o che ci hanno affibbiato, per far risplendere lo spettacolo. Ci ammonisce a non fidarci di ciò che appare, ad andare più in là, più dietro, più a fondo delle maschere.


Nota

(1) Il volume di Alessandro Zanini, Alla luce delle prove. Il teatro nel carcere minorile del Pratello (Bologna, Bononia University Press, 2009) è stato realizzato a cura dell'Istituzione "Gian Franco Minguzzi" della Provincia di Bologna in collaborazione con la Cooperativa Teatro del Pratello e il Centro per la giustizia minorile per l'Emilia-Romagna, e documenta le prove degli spettacoli messi in scena tra il 2003 e il 2008 (questo numero di "IBC" aggiunge le immagini del 2009). La pubblicazione - promossa grazie al Protocollo di intesa tra la Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Bologna siglato il 29 dicembre 2008, in applicazione di quanto previsto dalla Legge regionale 4 dicembre 2003 n. 24 "Disciplina della polizia amministrativa locale e promozione di un sistema integrato di sicurezza" - vuole sensibilizzare i cittadini sull'importanza di iniziative come quella del Pratello, orientate al recupero sociale dei minori sottoposti a misure penali, nel quadro più vasto delle azioni che la Regione Emilia-Romagna, insieme alle città e alle province, promuove in materia di sicurezza urbana e di prevenzione dei fenomeni di devianza.

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