Rivista "IBC" XVII, 2009, 4

territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni, storie e personaggi

1939 - Danzando sull'abisso. Vittorio Mussolini e il Premio Riccione, a cura di M. Bertozzi, Rimini, Raffaelli Editore, 2009.
Guancia a guancia sull'abisso

Vittorio Ferorelli
[IBC]

Riccione, 22 luglio 1939. Il ragazzo in maglietta scura ha uno sguardo un po' corrucciato. La brezza del mattino solleva i capelli della ragazza dietro di lui. Un piede a terra, l'altro sul tandem. Guardano nell'obiettivo senza troppa convinzione. Si conoscono solo da qualche minuto, ma sembrano già estranei. Hanno in comune soltanto un sogno, il cinema. L'Europa è sull'orlo della guerra, in Italia le leggi razziali sono in vigore da un anno, e loro sono lì, a posare, in attesa di una festa che durerà tutta la notte... Leggere un saggio può fare questo effetto: guardi una foto e cominci a immaginare le storie che potrebbe raccontare. È quello che succede sfogliando le pagine di 1939 - Danzando sull'abisso, un'indagine tutt'altro che rassicurante sul contesto del "Premio Riccione per un soggetto cinematografico", il concorso che fu ideato da Vittorio Mussolini nella città balneare tanto amata da suo padre Benito.

Intorno alle vicende che portarono e che seguirono alla prima edizione del premio, lo storico e regista Marco Bertozzi unisce la sua ricerca a quelle di studiosi autorevoli come Fabio Bruschi, Giorgio Conti, Antonio Costa, Paolo Fabbri, Gianfranco Miro Gori, Mario Lupano, Loris Pellegrini, Stefano Pivato, Pierre Sorlin e Alessandra Vaccari. Nello scorrere dei contributi, molto agili nella dimensione e nello stile, i punti di vista sull'episodio (apparentemente marginale) si moltiplicano, permettendo al lettore di inoltrarsi in campi di indagine molto diversi, passando dall'uno all'altro senza troppa fatica. Dalla storia del cinema a quella della forma urbana, dal versante dei mezzi di comunicazione a quello dell'immaginario, dagli studi sul costume a quelli sulla moda. Sullo sfondo rimane sempre il profilo di Riccione, il borgo nato ufficialmente lo stesso anno della "Marcia su Roma", disegnato a misura di turismo e venuto su in fretta, fino alla consacrazione definitiva, sancita dalla presenza semidivina del Duce.

Il "Premio Riccione", organizzato dalla rivista "Cinema" e istituito dalla locale Azienda di soggiorno (presidente l'attivissimo podestà, Frangiotto Pullè), non aveva scopi propagandistici diretti a favore del regime. Niente a che fare con altre iniziative locali smaccatamente idolatriche, come quella che sul passo del Furlo, poco lontano da Urbino, fece scolpire la montagna a immagine e somiglianza del profilo fatale di "Lui". Il bando era piuttosto semplice: bastava inviare un racconto di massimo venti cartelle, a soggetto libero. L'unica condizione è che l'azione riguardasse la vita balneare estiva della "Perla verde". Più che l'esito del concorso in sé stesso, quello che interessa è proprio ciò che venne costruito intorno ad esso, una cornice sfacciatamente dorata, fatta di stelle del cinema, atmosfere glamour e architetture ultramoderne. L'immagine prima di tutto, insomma. Fin da allora. Anche per questo, forse, per giocare sull'illusione ottica indotta dallo schiacciamento della prospettiva storica, la pubblicazione curata da Bertozzi (edita in occasione della cinquantesima edizione del "Premio Riccione per il Teatro") si presenta al lettore con lo stesso formato, la stessa carta, persino gli stessi caratteri tipografici delle riviste patinate dell'epoca.

La storia della città-giardino che fa di tutto per nascondere i segni del suo passato contadino sotto i maquillage urbanistici, l'attivismo modernista, le regate veliche e la grancassa degli eventi cinematografici, è lo specchio che riflette la storia dell'Italia fascista. La nazione, come il borgo, non sopportava la realtà, preferiva coprirla sotto le immagini mirabolanti e le promesse impossibili da mantenere. Non che le cose siano cambiate di molto. Dal mito della "Perla verde" a quello della "Costa smeralda" sembra correre un unico filo di funerea allegria. I mezzi di propaganda si sono moltiplicati, il culto dell'immagine non ha più bisogno di scolpire profili sulle colline o fondere metallo per i busti, ma la sostanza del potere appare immutata. Per questo, alla fine, la lettura è tutt'altro che rassicurante.

Le voci di Carlo Lizzani, Pietro Ingrao e Luciana Castellina aggiungono all'analisi degli storici di professione la testimonianza vissuta da chi allora era bambino o ragazzo. Come i due giovani della foto iniziale, di cui conosciamo i nomi. Il 22 luglio 1939 era la data di consegna del "Premio Riccione". Quella sera, al "Raduno delle Stelle", ci sarebbero state tutte le star di Cinecittà, arrivate in aereo da Roma. In posa sulla bicicletta, davanti al fotografo ufficiale, c'è Dina Sassoli, la celebre attrice dei "telefoni bianchi". Davanti a lei, quasi imbronciato, c'è il giovane inviato di "Cinema", la rivista diretta da Vittorio Mussolini. Si chiama Michelangelo Antonioni e sogna di girare un film diverso dagli altri. Sarà un documentario sulla vita quotidiana della gente del Po e uscirà solo nel 1947. Quello stesso anno, dalle ceneri del concorso, nasceva il "Premio Riccione per il romanzo inedito": primo classificato Il sentiero dei nidi di ragno, autore Italo Calvino.


1939 - Danzando sull'abisso. Vittorio Mussolini e il Premio Riccione, a cura di M. Bertozzi, Rimini, Raffaelli Editore, 2009, 160 pagine, 35,00 euro.

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