Rivista "IBC" XVII, 2009, 1
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni, restauri
Bologna nasconde piccoli e grandi tesori, conosciuti spesso solo da chi vive nelle loro vicinanze. Tra questi c'è il Collegio artistico "Angelo Venturoli", di recente restaurato in modo egregio e oggi parte in causa in un progetto di collaborazione con l'Accademia di belle arti di Bologna. Il Collegio fa parte di quel patrimonio a cui è affidato anche il compito di tramandare le memorie storiche del passato, che altrimenti andrebbero disperse o perdute per sempre. Costruito fra il 1690 e il 1700, è ubicato in via Centotrecento, una vecchia stradina in zona universitaria a due passi dall'Accademia.
È un edificio dall'apparenza austera, che tuttavia si stempera appena varcato il portone d'ingresso. L'interno si affaccia sull'ampio cortile rettangolare, delimitato a terra e al piano superiore da un doppio porticato. Di fronte, un voltone aperto sul giardino, ravvivato da piante e fiori e animato da statue e da un grande trompe-l'oeil. Completa questa serena immagine un "silenzio antico", vivificato dall'intuita presenza degli artisti, che nei loro studi appartati danno forma a tante diversificate creatività.
Inizialmente l'edificio fu proprietà del Collegio illirico-ungarico e in seguito, dopo la sua soppressione, fu acquistato nel 1782 dalle Suore terziarie scalze, che lo adibirono a convento per le novizie, dette "scalzine". Nel periodo napoleonico, estromesse le suore, lo stabile venne adibito prima a caserma, poi a istituto per corrigendi e disadattati. Nel 1822, con il lascito dell'architetto Angelo Venturoli (deceduto nel 1821) venne acquistato e attrezzato, secondo le volontà del donatore, "a comodo d'istruire giovani studenti di Belle Arti, e ivi siano mantenuti pienamente, in tanto numero, quanto potrà l'entrata di mia eredità [...] questo Stabilimento sarà perpetuo e nominato il Collegio Venturoli".
Illustri personaggi bolognesi si susseguirono come amministratori dei beni, con onestà e lungimiranza, come i conti Luigi e Camillo Salina e il marchese Antonio Bolognini Amorini. Le condizioni poste dall'architetto Venturoli furono scrupolosamente rispettate per tutto l'Ottocento e fino alla crisi economica del 1929, che rese insostenibile il mantenimento totale dei giovani, a cui l'eredità concedeva il convitto e l'insegnamento privato all'interno del Collegio. In parallelo, l'istituzione della scuola pubblica e l'assestarsi delle accademie di belle arti e degli istituti di architettura resero anacronistico l'orientamento ottocentesco del Collegio, che modificherà l'assistenza ai giovani artisti istituendo borse di studio, concedendo locali dove compiere la propria ricerca artistica e creando all'interno del Collegio quel fermento creativo tipico delle "botteghe" rinascimentali.
Durante la Seconda guerra mondiale, con i bombardamenti su Bologna e l'occupazione tedesca, il Collegio si trasformò in rifugio per un centinaio di sfollati, provenienti dalle zone circostanti rase al suolo; qui, inoltre, vennero ospitati alcuni piccoli enti cittadini di beneficenza che avevano perso le loro sedi. Questo susseguirsi di avvenimenti drammatici snaturò l'identità originaria del Collegio, conosciuto solo dagli addetti ai lavori e dai giovani artisti che continuavano a beneficiare dell'assistenza.
A un certo punto se ne ipotizzò anche la soppressione, ma silenziosamente gli amministratori riuscirono ancora a finanziare giovani artisti e a salvare il patrimonio artistico accumulato negli anni, compreso il prezioso "Archivio Venturoli", come era imposto dal testamento: "Rapporto però alla collezione de' miei libri di Belle Arti e a quella di Marmi, che non senza molte cure e dispendio mi è riuscito di fare, ordino e voglio che non siano distratte, ordinando e volendo, anzi, che si conservino a istruzione de' giovani del mio Stabilimento. Così parimenti non si dovranno distrarre i miei tipi, mappe e relazioni, potendosene però trarre nelle vie regolari quegli estratti e copie che fossero richieste, coll'andarne il profitto, che se ne avesse, a comodo del detto Stabilimento".
Nel 1993 il Collegio "Venturoli" si trasforma in fondazione, aggiornando alcuni aspetti assistenziali ma mantenendo una continuità ideale con le volontà espresse dal benefattore nel testamento. Gli artisti vengono individuati attraverso un concorso che si effettua in tre prove, accessibili solo a giovani nati nella provincia di Bologna: una prova pratica di disegno, pittura o scultura; uno scritto di italiano che verte sull'attività artistica e un'esposizione orale di Storia dell'arte. Gli artisti vengono assistiti con borse di studio e l'uso dei locali fino al compimento del trentesimo anno di età.
Una lunga premessa per ritornare, infine, all'interessante progetto di collaborazione tra il Collegio "Venturoli" e l'Accademia di belle arti di Bologna (www.accademiabelleartibologna.it). L'idea prende corpo dalla conoscenza e dalla stima reciproca tra l'architetto Paolo Gresleri, consigliere del Collegio, e il professor Villiam Lambertini, docente del corso di Restauro di scultura e di Pittura applicata all'architettura presso l'Accademia, conosciuto dal primo in occasione di un recente restauro a un gruppo scultoreo di Modena e noto per avere effettuato importanti recuperi conservativi in regione.
"Nel corso del grande restauro in atto al Collegio" - ci racconta Gresleri - "sono venute alla luce tracce di antichi affreschi lungo tutto il loggiato al piano terreno e nella parete di fronte alla prima rampa di scale che porta ai piani superiori. Un patrimonio culturale il cui restauro merita attenzione e richiede valida esperienza, per cui la scelta unanime è caduta sul professor Lambertini. Valutato l'enorme lavoro e i relativi costi, è emersa la possibilità di creare, all'interno del Collegio, un cantiere-scuola per gli studenti dell'Accademia che si stanno specializzando in restauro". L'Accademia ha infatti la necessità di reperire spazi e materiale storico per le esperienze pratiche dei propri studenti e il Collegio dispone di locali necessari all'uso e di... affreschi da restaurare.
"L'ipotesi" - continua Gresleri - "è subito apparsa particolarmente interessante, sia per la vicinanza dei due istituti, sia per i vantaggi reciproci che ne potranno derivare. Terminati i restauri del ciclo di affreschi, il cantiere-scuola potrà proseguire con il restauro della ricca gipsoteca, frutto di una donazione dello scultore Giacomo De Maria e integrata da successive acquisizioni, donazioni e lavori di allievi, per cui ritengo che la collaborazione con l'Accademia possa protrarsi per diversi anni". La coincidenza ha così favorito la fattiva collaborazione fra pubblico e privato, che inizierà a breve nel palazzo di via Centotrecento.1
"Tra Accademia e Collegio" - interviene il professor Dante Mazza, presidente della Fondazione - "c'è sempre stato un rapporto privilegiato di collaborazione; nell'Ottocento i migliori artisti dell'Accademia venivano a impartire lezioni ai giovani del Collegio, nel secolo successivo e fino a ora, con le variazioni statutarie di assistenza, i docenti dell'Accademia sono presenti nei concorsi di selezione dei borsisti. Con la disponibilità del professor Lambertini questo trait-d'union si è accentuato fino a sfociare nella convenzione firmata dal professor Mauro Mazzali, direttore dell'Accademia, e da me, quale rappresentante della Fondazione".
Il Collegio metterà dunque a disposizione degli studenti dell'Accademia le pitture murali, offrendo l'opportunità didattica di affrontare un progetto complessivo di restauro con tutte le problematiche inerenti, ricevendone in cambio il recupero delle opere d'arte. Gli studenti lavoreranno sotto la direzione del professor Lambertini e su coordinamento del professor Panzetta. Sul primo intervento previsto dal progetto, Maria Terraneo, iscritta al III anno di restauro, realizzerà la sua tesi di laurea, incentrata sull'affresco dello scalone. "Dai primi saggi sulla parete" - prosegue Mazzali - "risulterebbero più strati pittorici, il più antico dei quali si presume risalga alla fine del Seicento, mentre il più recente è una decorazione ottocentesca di Onofrio Zanotti attorno a un bassorilievo di Giacomo De Maria. Un lavoro complesso e difficile, un buon banco di prova per i giovani restauratori e affascinante per le sorprese che potrà riservare".
Di grande interesse è anche il successivo intervento sulla gipsoteca, che annovera centinaia di pezzi di varie epoche, alcuni dei quali molto rari e preziosi: un esempio per tutti, le formelle settecentesche ricavate dalla Colonna Traiana. "Una collaborazione fruttuosa di questo tipo" - conclude il presidente - "l'avevamo già sperimentata una decina di anni fa con l'informatizzazione dei documenti e dei disegni dell'Archivio 'Venturoli', realizzata grazie a una convenzione fra il Collegio e l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, che attraverso il progetto 'Giano' ci ha fornito il supporto tecnico per la scansione dei disegni di grande formato e la creazione del sito internet. Sono molto soddisfatto di questa nuova forma di collaborazione, che ci permette di proseguire nella valorizzazione del patrimonio storico-artistico del Collegio. E di farlo, soprattutto, risparmiando".
Nota
(1) Per altri due esempi di cantiere-scuola promossi sul territorio dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna si vedano: A. Salvi, Comunità di restauro, "IBC", XIII, 2005, 1, pp. 20-21; F. Lenzi, Si comincia dai frammenti, "IBC", XVI, 2008, 1 (Numero speciale 1978-2008), pp. 36-39.
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