Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

territorio e beni architettonici-ambientali / convegni e seminari, immagini, didattica, progetti e realizzazioni

Gli studenti di architettura coinvolti dal seminario itinerante "Villard" si sono misurati con i nodi della zona nordorientale del capoluogo regionale. Là dove avviene lo scambio tra locale e globale.
Tra Bologna e il mondo

Pippo Ciorra
[docente di Composizione architettonica all'Università di Camerino]

L'associazione culturale interuniversitaria "Villard d'Honnecourt", che raggruppa 13 atenei italiani ed esteri, organizza, tra le altre iniziative, il seminario itinerante di progettazione "Villard", una scuola sperimentale in cui i migliori studenti di architettura si incontrano periodicamente, in città diverse, per sviluppare un percorso di apprendimento legato alla progettazione architettonica di aree particolari. La metodologia - basata sullo scambio delle esperienze, sulla conoscenza reciproca e sul confronto delle idee - è presa in prestito daVillard de Honnecourt, architetto francese attivo nella seconda metà del Duecento, inventore di un'originale didattica dell'architettura fondata sull'esperienza e sull'osservazione diretta.

Per la sua nona edizione, svoltasi dall'8 al 12 luglio 2008, l'associazione ha scelto il Comune di Bologna come ente promotore, con il contributo dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) e della sezione regionale dell'Istituto nazionale di urbanistica (INU). Le aree scelte rientrano tra quelle già identificate come idonee alla riqualificazione all'interno del Piano strutturale comunale, il nuovo strumento di pianificazione urbanistica già adottato dalla Giunta comunale e attualmente in fase di approvazione definitiva (www.comune.bologna.it/psc).


Per uno strano assommarsi di circostanze, peraltro non proprio insolito, mi sono trovato a osservare lo svolgimento del seminario "Villard 9" da diversi punti di vista: approfittando dello spazio che mi concede la rivista dell'IBC, vorrei raccontarne almeno tre. Il primo, e più ovvio, è quello del responsabile, di colui cioè che ha proposto l'iniziativa alle istituzioni interessate - Comune di Bologna, IBC, INU-Emilia-Romagna - e poi, insieme a loro, ha organizzato i nove mesi di lavoro dei circa cento ragazzi e dell'ampia compagine di docenti, tutor e invitati che compongono ogni anno l'universo "Villard".

Da questo punto di vista, si può dire che l'iniziativa si è rivelata un vero successo. Bologna è una città importante e potenzialmente vitale, apparentemente sempre sul punto di spiccare il salto verso una condizione urbana e un ruolo metropolitano ancora più rilevante nello scenario europeo e di riconoscere finalmente all'architettura, come già in altre fasi della sua storia, il posto che le compete tra i linguaggi deputati a rappresentare in modo spettacolare questa centralità. Bologna, poi, è anche una serie di istituzioni e soggetti forti di una tradizione culturale e amministrativa solida e autorevole, che si sono rivelati dei partner più che virtuosi per la nostra fragile ma volenterosa associazione.

Comune e IBC hanno offerto un contributo costante e di qualità altissima, riuscendo in un intento cruciale per la riuscita dell'esperienza "Villard", quello di dare all'intero seminario gli strumenti per comprendere al volo e affrontare i problemi della città senza eccessiva ingenuità, senza astrattezza, senza velleitarismo "accademico". Insieme a loro abbiamo potuto scegliere, come campo sperimentale per il lavoro dei ragazzi delle 13 facoltà italiane e non, alcuni temi particolarmente "sensibili", individuati tra quelli ai quali, nei prossimi anni, massimamente sarà affidata la responsabilità dei rapporti tra Bologna e il mondo.

Grazie anche al confronto con l'esperienza quasi contemporanea del Piano strutturale coordinato da Patrizia Gabellini, abbiamo infatti indirizzato il lavoro degli studenti su tre siti: l'area tra il Centro agro-alimentare (CAAB) e il Pilastro, ai margini della città verso Castenaso; l'area tra la Bolognina e il Parco Nord, con le aree dismesse (o da dismettere) e i grandi vuoti che ancora fronteggiano il comparto della Fiera; e, infine, l'area del Parco fluviale del Lungoreno, attraversato dalla ferrovia. Come si vede, sono tre temi progettuali difficili e molto importanti, che ancora una volta rafforzano l'idea che il futuro del rapporto tra la città e tutto ciò che le sta intorno - luoghi, flussi, spazi produttivi, centri vicini - si gioca lungo quell'ampio arco nordorientale tra il CAAB e l'aeroporto, una specie di grande limite dilatato e irrequieto che deve accogliere tutti i massimi dispositivi dello scambio tra il locale e il globale.

Su tutte e tre le aree, tutt'altro che semplici da affrontare, i gruppi di studenti hanno alla fine esposto, nelle mostre di luglio, proposte interessanti e capaci di suscitare attenzione e dibattito. Anche se, naturalmente, si sono rilevate maggiori difficoltà per i progetti dell'area intorno al CAAB, dove si incontrano forme e usi del territorio del tutto diversi, e dove il Comune stesso sembra ancora alla ricerca di una pietra filosofale. Le idee più interessanti erano in gran parte nei progetti applicati alle aree intorno alla Bolognina, come se gli studenti avessero ben percepito che è proprio in quel quadrante urbano che si concentrano sia le issues architettoniche più bollenti (il riuso dei "cadaveri" militari e industriali, gli spazi delle comunità immigrate, la scala "XL" della Fiera e quella "XXL" del Parco Nord, eccetera), sia le tensioni urbane specifiche più intense (la nuova stazione, i nuovi uffici comunali, la "porta della città", la memoria storica della Bolognina, i bordi della tangenziale, e così via).

Alla fine, la serie di discussioni, eventi e mostre - che nel mese di luglio hanno fatto assomigliare un po' di più l'Urban Center del Comune a quel contenitore congestionato dalla vitalità della città che dovrebbe essere - hanno certificato che il mutuo scambio tra il seminario e la città è stato reale e virtuoso, in grado di lasciare a entrambi i soggetti un piccolo portfolio di pensieri e conoscenze da utilizzare. Non a caso - e questa è una tipica controprova "Villard" - alcuni dei progetti presentati a fine seminario stanno proseguendo in modo decisamente più approfondito come tesi di laurea.

Il secondo punto di vista che mi piacerebbe riassumere in questo breve diario è quello di chi ha guardato al seminario da "bolognese per caso", di chi cioè, negli ultimi anni, a partire dal dibattito sulle "Gocce" in poi, ha cercato di essere attento e presente nella discussione sulla città, sulle sue questioni irrisolte, sulle sue opportunità perdute o ancora aperte. Anche in questo senso il seminario "Villard" è stata per me un'esperienza positiva, una specie di tessuto connettivo inserito tra soggetti diversi e diversamente impegnati nello "spazio della città" (il Comune, l'IBC regionale, l'INU, alcune facoltà universitarie, alcuni attori privati) perché si alimentassero e si sostenessero a vicenda.

In questo senso, gli eventi e gli incontri tenutisi in luglio hanno dimostrato davvero la potenzialità di laboratorio che la struttura "Villard" e il progetto in generale possono rappresentare nelle città: un tavolo aperto offerto alla discussione e alla collaborazione di forze e di attori che non sempre riescono facilmente a sommare il loro peso. Credo peraltro - solo per fare un esempio - che la sperimentazione condotta dagli studenti del seminario sia stata un'occasione notevole, per gli stessi responsabili della pianificazione, di capire potenzialità (e limiti) del Piano strutturale comunale, messo alla prova dai progetti proprio in quel ruolo di "criterio di riferimento" che dovrebbe rivestire nella geografia del cambiamento urbano. L'"azione villardiana" - mi si perdoni il delirio musiliano - è stata quindi importante, agli occhi di un osservatore non disinteressato come me, per la sua capacità di far emergere e dialogare un tessuto di intelligenze vitale e finalmente votato all'innovazione. Innovazione che, per il futuro di Bologna, mi pare essenziale e urgente.

Il terzo e più scabroso punto di vista è quello di chi, mentre seguiva l'ultima fase dei lavori degli studenti sull'area della Bolognina, lavorava affannosamente al concorso per la nuova stazione, poi vinto da un gruppo guidato da Arata Isozaki. Non posso negare che le indagini e le riflessioni svolte dagli studenti, e con loro, hanno influenzato non poco l'approccio al progetto (nel mio gruppo erano presenti Mosè Ricci e altri docenti del seminario). Dal lavoro di "Villard" abbiamo infatti dedotto come il progetto della nuova stazione, in realtà non essenziale dal punto di vista dei servizi ferroviari, fosse soprattutto due cose: un'occasione per restituire maggiore qualità e dignità urbana al quartiere della Bolognina e un dispositivo ben organizzato per smistare e distribuire flussi legati appunto al passaggio tra i quartieri di là e di qua della ferrovia, alla presenza di infrastrutture nuove (people mover, alta velocità, metropolitana, uffici comunali) e alla volontà di Rete ferroviaria italiana di fare dell'area sopra i binari un grande centro per attività commerciali e pubbliche, quindi qualcosa che per definizione ha bisogno di un rapporto immediato e virtuoso con lo spazio circostante (in questo caso urbano).

È stato quindi importante, per noi, pensare al limite meridionale della stazione, mentre vedevamo i ragazzi lavorare su quelli orientale e settentrionale. e mentre vedevamo la città abituarsi al nuovo "centro" realizzato da Mario Cucinella al di là dei binari, sul lato orientale. L'idea era che il quartiere potesse giovarsi di una crescita armonica, capace di trovare gli spazi aperti e le strutture pubbliche ed economiche che mancano sul suo affaccio lungo via Stalingrado, di riconoscersi nella "nuova centralità", non solo amministrativa, degli uffici del Comune, di trovare una giusta addizione da "area commerciale" e di servizio nel nuovo fianco della stazione. Il progetto vincitore ha in parte scelto soluzioni diverse, puntando molto più sulla compattezza e riconoscibilità dell'oggetto stazione, e ovviamente - sperando che Isozaki riesca a costruire la sua proposta - solo il tempo saprà dirci chi aveva ragione. D'altronde, soprattutto in occasioni come queste, l'importante è partecipare: "Vincere migliora il guardaroba" - affermava in un film l'ottimo Schwarzenegger, quando ancora non si applicava alla politica - "Ma perdere migliora il carattere".

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it