Rivista "IBC" XV, 2007, 3

territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni, leggi e politiche

Il quartiere bolognese "San Donato" cerca una nuova centralità attraverso un progetto che recupera, tra l'altro, il rapporto tra i cittadini e l'architettura contemporanea.
Sposta il tuo centro

Alessia Benevelli
[collaboratrice dell'IBC]
Micaela Guarino
[IBC]

Fare cultura in un quartiere può significare molte cose: sostenere e rafforzare l'azione degli istituti culturali presenti, agevolare la realizzazione degli interventi proposti dai vari soggetti che operano nel territorio, a partire dai circoli e dalle associazioni, collaborare con le scuole, promuovere direttamente incontri, spettacoli, mostre su temi diversi, e altro ancora. Tutto ciò evidentemente ha un senso se arriva alle persone, in primo luogo ai cittadini che abitano il quartiere, siano essi residenti o temporaneamente presenti per ragioni di studio o lavoro. Facendo naturalmente i conti con le ristrettezze dei bilanci e con il fatto che nel nostro paese la cultura è ancora considerata poco importante se non in relazione all'immagine che è in grado di produrre.

San Donato è un quartiere di Bologna tradizionalmente considerato "periferico", spesso identificato in accezione negativa con il Pilastro e connotato da un'altissima percentuale di edilizia residenziale pubblica (www.quartieresandonato.bo.it). La sua popolazione conta oltre 30.000 unità, con una forte incidenza di anziani e una cospicua presenza di immigrati (quasi il 10% proveniente dal Marocco, principalmente, da Serbia Montenegro e Bengala, quindi da Cina, Albania, Pakistan e, in quote minori, da Romania, Tunisia, Moldavia, Ucraina, Sri Lanka, Perù, Eritrea, Polonia). Le presenze culturali istituzionali si limitano alla Biblioteca "Luigi Spina" del Pilastro (la Galleria d'arte moderna, ora trasformata in "MAMbo", è approdata in centro e non aveva, comunque, particolari legami con il territorio) e al Centro interculturale Zonarelli (attualmente in fase di ridefinizione), che ospita tra l'altro uno spazio per i giovani e il Forum delle associazioni degli immigrati. Non ci sono teatri, non ci sono sale cinematografiche singole. Viceversa è numerosa e vivace la presenza dell'associazionismo culturale, sportivo e sociale. Il territorio è caratterizzato da una vastissima percentuale di verde urbano, che si articola tra i vari giardini e parchi e il cosiddetto cuneo agricolo, uno dei due della città, in parte condiviso con il quartiere Navile. Vi si riscontra inoltre una significativa presenza di testimonianze architettoniche di qualità sia storiche sia, soprattutto, del secondo Novecento.

A fronte di questo panorama, qui necessariamente abbozzato, e in relazione al dibattito internazionale sulle periferie, il Consiglio di quartiere ha sentito l'esigenza, circa un anno fa, di avviare una riflessione su San Donato per arrivare a una comprensione più profonda del tema "periferie" a partire dal proprio territorio di riferimento, per poter formulare a fine mandato una proposta politico-amministrativa di un modello di convivenza connotato da una migliore integrazione e da un livello più alto di qualità della vita. L'idea è quella di superare la percezione di "periferia" per considerare un territorio come il quartiere San Donato, esemplificativo di altri territori analoghi, e in analogia con la filosofia del piano strutturale comunale, come una possibile centralità. Come? Intraprendendo un'azione culturale ad ampio raggio per favorire tra i cittadini una maggiore conoscenza delle rispettive culture e del territorio nel quale si trovano a convivere.

Per arrivare alla definizione del progetto il Consiglio ha intrapreso un lungo lavoro di riflessione culturale con istituzioni e associazioni come l'Università, l'Istituto Gramsci, la Fondazione Villa Ghigi, l'Istituto per beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), l'Associazione Italo Calvino, individuati anche nell'ottica di integrare competenze e lavori già in essere: con queste e con alcune altre presenze è stato costituito un comitato scientifico. È nato così "Sposta il tuo centro. Quartiere San Donato. Città di città", un progetto da attuare lungo l'arco di un anno a partire da maggio 2007 con la partecipazione dei cittadini, la collaborazione di istituzioni pubbliche e l'intervento dei privati presenti sul territorio: un progetto che individua le azioni attraverso le quali il quartiere San Donato può divenire "territorio centrale" in una "Città di città". Tutto ciò in collegamento con il Comune - in particolare con l'Assessorato all'urbanistica e con quelli alla cultura, al decentramento e ai servizi sociali - e con risorse in parte messe a disposizione dal Comune, sia in termini di persone che di contributi, in parte dal Quartiere e da numerosi sponsor.

La metodologia prescelta prevede un lavoro di conoscenza approfondita del territorio e una analisi e una valutazione di quello che esso può offrire nella prospettiva individuata, nonché delle sue carenze. Un lavoro da costruire a stretto contatto con i cittadini, per conoscerli meglio e poterne valorizzare le potenzialità in rapporto ai temi del progetto, con un ruolo anche molto propositivo. Con riferimento ai due grandi ambiti dell'urbanistica e della cittadinanza, sono stati organizzati otto laboratori - "Piazza delle culture", "Conoscenza del quartiere", "La qualità dell'abitare nell'edilizia pubblica", "Le narrazioni", "Un quartiere in trasformazione", "Il verde urbano in San Donato, "Nuovi sguardi sull'architettura", "Il sito web" - che consentono la partecipazione diretta dei cittadini con modalità diversificate e che produrranno materiali da condividere con tutta la cittadinanza attraverso incontri, mostre, pubblicazioni. Il laboratorio dedicato alla costruzione del sito web documenterà lo svolgimento del progetto nelle sue diverse fasi e articolazioni (www.iperbole.bologna.it/cittadicitta).

L'intento è quello di calarsi veramente in mezzo alle persone, di stimolare uno sguardo nuovo nei confronti dell'elemento comune e unificante che è il territorio in cui vivono, di sollecitarle a ridisegnarlo attraverso i luoghi e i percorsi della loro quotidianità, di giorno e di notte, in positivo e in negativo, e a far conoscere le loro autorappresentazioni attraverso la parola, l'immagine o altre modalità che vorranno individuare e proporre. La realizzazione del progetto e dei laboratori è resa possibile proprio dalla disponibilità di molte persone che hanno garantito la loro collaborazione gratuita e dal coinvolgimento di numerose associazioni, parte delle quali hanno presentato proposte attraverso il bando per le "Libere forme associative", quest'anno collegato con gli indirizzi di "Sposta il tuo centro". Ciò ha consentito di lavorare sulla base di obiettivi comuni in maniera integrata per mettere in rete capacità, sviluppare potenzialità e coinvolgere nuove persone (un aspetto, quest'ultimo, fondamentale).

Alcuni seminari e un convegno finale daranno corpo all'altro obiettivo del progetto: mettere a disposizione uno spazio di riflessione, un punto di incontro per esperienze politico-culturali sui temi delle periferie, nella convinzione che sia necessario incrementare questo tipo di analisi e che un lavoro di questo genere possa apportare dei benefici. Il convegno, nel quale saranno presentati gli esiti del lavoro realizzato nel quartiere, si propone di mettere a confronto contributi italiani e stranieri sulle stesse tematiche attraverso narrazioni sociali, analisi politico-amministrative, letture filosofiche e antropologiche, analisi dello spazio urbano, rappresentazioni artistiche.

La sede del progetto è stata individuata in uno spazio finora inutilizzato, messo a disposizione grazie a un accordo tra Azienda casa Emilia-Romagna e Quartiere, e simbolicamente posto al centro di questa parte della città: un luogo di informazione, di incontro, espositivo, un piccolo urban center denominato "Centro urbano San Donato". In questo contesto, l'IBC, partner come si è detto del progetto, interviene più specificamente sul tema dell'architettura, in particolare di quella contemporanea.

[Micaela Guarino]

 

Il Servizio beni architettonici e ambientali dell'IBC collabora al progetto "Sposta il tuo centro. Quartiere San Donato. Città di città" con un'indagine sull'architettura contemporanea presente nel quartiere. L'indagine sul territorio ha come punto di partenza la mostra del 2005 "Quale e Quanta", una ricerca approfondita sulle più importanti opere di architettura del secondo Novecento in Emilia-Romagna, finalizzata a creare una maggiore consapevolezza del valore del moderno e del contemporaneo.1 Insieme a questa ricognizione a livello regionale, è iniziata una schedatura che il Comune di Bologna sta portando avanti nella prospettiva di un riconoscimento e di una futura conservazione degli edifici contemporanei di maggiore qualità.

Queste due indagini - insieme al ciclo di convegni dal titolo "La città storica contemporanea", tenutosi all'Urban Center di Bologna tra aprile e giugno 2007 [si veda in proposito il contributo di Glauco Gresleri in questo numero di "IBC, ndr] - hanno fatto emergere alcune riflessioni da cui si è partiti per sviluppare il progetto su San Donato: innanzitutto come valorizzare la città contemporanea, che ormai fa parte di quella che si può definire "città consolidata"; poi il problema della conservazione, non solo di cosa ma anche per chi; infine la scelta degli strumenti metodologici con i quali selezionare gli edifici di qualità architettonica. Nel caso dell'architettura contemporanea la non applicabilità del valore della storicità impone la ricerca di criteri, il più possibile oggettivi, per individuarne il carattere artistico (bibliografia relativa all'opera, valutazioni storico-critiche, elementi legati alle vicende storiche e architettoniche, ruolo svolto dall'opera nel contesto considerato ecc.). Principi che non sono ufficializzati, ma che vengono sperimentati in questa fase di approccio conoscitivo anche per testarne la validità.

Inoltre occorre riconoscere, a prescindere dall'età, altri valori quali il valore testimoniale, di documento e di capacità di conferire identità a un ambito urbano: nessuno di questi contempla la storicità. Oggi il concetto di storico si sovrappone a quelle parti di città che ci sono care e che non vogliamo perdere: cambia cosa e chi determina il valore, non sono solo gli esperti a deciderlo. L'indagine sul quartiere San Donato, intitolata "Nuovi sguardi sull'architettura", si inserisce in quest'ottica cercando di rispondere alle seguenti domande: per chi conservare, come valorizzare l'architettura di un quartiere che si è formato nella seconda metà del Novecento, dunque corrispondente alla cosiddetta città consolidata; cosa non si vuole perdere, ovvero quali sono i luoghi e gli edifici di valore per la popolazione.

Molto spesso si ritiene che gli architetti abbiano creato forme e immagini estranee ai valori della società in cui hanno operato e che addirittura essi siano tra i responsabili principali degli esiti meno felici della crescita urbana del secondo dopoguerra: edifici brutti, periferie scadenti, espansione indiscriminata e incompatibile con i valori storici e paesaggistici. È una convinzione radicata nella gente, con ragione; meno ragionevole, tuttavia, è identificare l'architettura con la produzione edilizia più scadente. Un'architettura può essere specchio delle vicende sociali, economiche, politico-istituzionali, artistiche. È questo il valore complesso che va cercato e individuato, non certo o non solo quello estetico-compositivo.2

Grazie proprio alle esperienze di "Quale e Quanta" e del censimento del Comune di Bologna, nel quartiere si sono individuati 23 edifici che possono essere considerati qualitativamente rilevanti. Il progetto, che si aggancia ai vari laboratori partecipati attraverso un'indagine conoscitiva tra chi abita o vive il quartiere, ha come obiettivo uno scambio di informazioni tra chi si occupa di architettura e chi vive dentro e insieme a essa: questi ultimi avranno l'opportunità di riflettere sulla conformazione architettonica del proprio quartiere e, contemporaneamente, contribuiranno a determinare il valore (testimoniale, di documento, identitario) degli edifici censiti, avendo anche la possibilità di segnalarne altri, significativi per la storia e la memoria collettiva del territorio.

Questa indagine è stata condotta attraverso interviste in profondità, rivolte a interlocutori privilegiati o "informatori-chiave". In questo caso gli stakeholders sono coloro che conoscono profondamente il territorio in questione in quanto membri di associazioni, comitati, istituzioni culturali, o semplicemente persone che lo abitano da sempre. Si è cercato di formare un target quanto più possibile completo, raggiungendo persone di entrambi i sessi, di tutte le età e di nazionalità varie.

Lo strumento scelto è l'intervista semistrutturata che permette di confrontare i risultati, ma anche di poter aggiungere considerazioni "a ruota libera". Agli intervistati, durante un colloquio di circa mezz'ora, è stato chiesto di indicare gli edifici che meglio rappresentassero il quartiere, quelli a cui erano legati eventi storici o della memoria collettiva e quelli a cui erano legati personalmente gli abitanti. Successivamente è stata richiesta l'opinione sulla serie di edifici selezionati, mostrando le relative fotografie, cercando di capire quali potessero rappresentare l'identità architettonica, sociale, economica, storica del quartiere (o, eventualmente quali altri, segnalati dall'intervistato). Infine è stato chiesto se eventualmente si avvertisse la necessità di costruire ex novo qualcosa per rappresentare l'identità del quartiere, come un monumento, una piazza o altro.

Compito di questa indagine, in linea con quella precedente di "Quale e Quanta", è stato contribuire a diffondere una diversa valutazione dell'architettura e del suo ruolo nella costruzione della città. A conclusione del rilevamento si può dire che l'opinione diffusa è quella di vivere in un quartiere periferico con ben poche attrattive, in cui diversi esempi architettonici sono percepiti come presenze ingombranti, o non gradite, o non notate. Ci sono alcuni edifici graditi, come quelli della zona Fiera, dei quali viene compresa la qualità, anche se non vengono sentiti come parte della propria quotidianità. La sensazione che si percepisce è che le interviste siano servite ad acquisire maggiore consapevolezza del territorio che si abita, soprattutto considerando il fatto che quasi tutti gli intervistati affermano di conoscere poco le zone diverse da quella in cui risiedono. San Donato è un quartiere connotato da una forte divisione in rioni (la zona "vecchia" a ridosso del centro storico, San Donnino e Pilastro): viene dunque avvertita la necessità di uno spazio di aggregazione, come una piazza o un giardino, che si ponga come fulcro del territorio e che diventi sede di attività culturali e sociali.

[Alessia Benevelli]

 

Note

(1) Si vedano in proposito: P. Orlandi, Indagini sul contemporaneo, "IBC", XII, 2004, 4, pp. 38-40; M. Casciato, Il volto del nuovo, "IBC", XIII, 2005, pp. 38-41.

(2) P. Orlandi, Riconoscere e promuovere i valori dell'architettura del secondo Novecento, in Quale e Quanta. Architettura in Emilia-Romagna nel secondo Novecento, a cura di M. Casciato e P. Orlandi, Bologna, IBC-CLUEB, 2005, pp. 19-20.

 

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