Rivista "IBC" XVI, 2008, 4

biblioteche e archivi / convegni e seminari, progetti e realizzazioni, pubblicazioni, storie e personaggi

Dalle polemiche degli anni Ottanta all'impegno concreto per un prezioso patrimonio documentario: un libro racconta le vicende e i primi esiti della catalogazione condotta dall'IBC nell'Archivio Guareschi.
Visto da destra, visto da sinistra

Giuseppina Benassati
[IBC]

Il prezioso e complesso lavoro che la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC) sta da tempo conducendo sull'archivio di Giovanni Guareschi si è recentemente tradotto anche in un libro: Le carte di Giovannino, pubblicato da IBC e Bononia University Press. Presentato in occasione del convegno "Cent'anni di Guareschi: letteratura, cinema, giornalismo, grafica" (Parma, 21-22 novembre 2008), il volume illustra, attraverso i contributi di diversi specialisti, il metodo e l'impegno sottesi alla catalogazione di un archivio composito e ricco, fonte costante di scoperte e di nuove prospettive per colui che ne fu protagonista. Dal saggio introduttivo di Giuseppina Benassati,1 curatrice dell'opera, riportiamo le pagine iniziali, che restituiscono in modo ben documentato il clima nel quale è maturata la riscoperta di un autore "ignorato dalla critica ufficiale, quanto amato dal pubblico".


"Noi tutti abbiamo il 'tesoro'. Roba nascosta: lettere, scartafacci, vecchi libri di scuola. Fotografie. E poi quando si va a vedere, non c'è dentro niente. Ma bruciarli non si può".2 Guareschi il "tesoro" non l'ha bruciato, anzi, l'ha gelosamente conservato e custodito, l'ha protetto come parte viva e segreta del proprio fare, l'ha rinchiuso all'ultimo piano dell'Incompiuta, una casascrigno, progettata in fasi successive, cresciuta su sé stessa per motivi funzionali e, forse, anche per contenere le carte, i disegni, le fotografie, i ritagli, i giornali, i menabò, i manoscritti, i diari di lavoro, i libri, i periodici, i progetti... e tutto quanto ha costituito l'essenza della sua attività di scrittore, giornalista, umorista, polemista, in una parola l'essenza del suo essere uomo di cultura del Novecento.

Su quel "tesoro", da quasi dieci anni ormai, si sono intraprese attività di ricognizione, conservazione, inventariazione e catalogazione, accelerate nel corso dell'ultimo quinquennio in previsione delle celebrazioni del centenario della nascita dell'autore, occasione per la quale si edita anche questo volume che, nella miriade di pubblicazioni tematiche del 2008, vuole porsi come primo tentativo organico di analisi-sintesi dei risultati e delle suggestioni scaturiti dal lavoro fin qui direttamente svolto sulle carte.

Nell'edificio che fu sede del Caffè e del Ristorante Guareschi (rispettivamente aperti nel 1957 e nel 1964) è oggi alloggiato "il tesoro" dello scrittore. Custodi devoti dell'unicum sono i figli dell'Autore, Alberto e Carlotta, da anni numi tutelari dell'opera del padre, determinati nella promozione di molteplici azioni volte a difendere, valorizzare e promuovere la figura paterna, solleciti e puntuali nell'evasione delle tante richieste di accesso ai materiali favorite anche dalla catalogazione.3

Per la cultura italiana Guareschi è stato, per anni, un caso, una sorta di scomodo fenomeno, di cui si preferiva ignorare la vera natura a favore di facili etichettature: popolare, populista, povero di linguaggio (le famose duecento parole), anticomunista, anarchico, monarchico, conservatore, passatista... Ignorato dalla critica ufficiale, quanto amato dal pubblico, è divenuto oggetto di studi più attenti al volgere degli anni Ottanta, allorché il successo delle sue opere cinematografiche e letterarie - tradotte (le ultime) anche nelle lingue, e nelle culture più lontane da quelle occidentali - ha destato dapprincipio l'interesse della stampa e in seguito anche quello degli studi. Un nuovo approccio di stampo antropologico nell'interpretazione dei testi letterari e una sempre maggiore attenzione verso il complesso di materiali che hanno costituito le "officine" della produzione culturale, hanno avviato un processo di analisi di manifestazioni culturali "altre" rispetto alla letteratura "alta" sino a quel momento considerata. La paraletteratura, la letteratura popolare, quella di consumo, generi come il "rosa" e il "giallo" si sono affacciati alla ribalta dell'interesse critico, sia letterario che storico-artistico, quest'ultimo nel versante degli studi sulla grafica e l'illustrazione.

Non è estranea a questo processo di "revisione" la menzionata attività dei figli e dell'associazione "Club dei Ventitré", a cui si debbono mostre, eventi divulgativi di varia fisionomia e, soprattutto, la pubblicazione di "Il Fogliaccio", periodico semestrale a cui dal 1988 è affidata la registrazione e la proposizione di avvenimenti e studi su Giovannino; tra di essi ricordiamo il premio letterario con cadenza annuale.

All'interno di questo processo un ruolo significativo ha rivestito la Regione Emilia-Romagna, la regione "rossa" per eccellenza, in seno alla quale, nel 1986, è scoppiato "il caso Guareschi" a seguito di un'interpellanza presentata alla Giunta dal consigliere dell'opposizione De Carolis, risoluto nella richiesta di chiarimenti in merito all'assenza di interventi dell'ente a favore dello scrittore. Un episodio di routine politico-amministrativa divenne, data la notorietà dell'autore coinvolto, un vero e proprio caso mediatico risolto in un pubblico incontro/scontro, il "contraddittorio" fra l'assessore regionale alla cultura, Giuseppe Corticelli, e lo scrittore biografo Beppe Gualazzini.

Quel momento rappresentò, oltre che una ghiotta occasione giornalistica, l'avvio del processo di inclusione dell'Archivio Guareschi nell'ambito della politica culturale regionale, anche se il primo concreto intervento, la catalogazione delle fotografie opera di Giovannino, avvenne per cura di questa Soprintendenza per i beni librari e documentari soltanto nel 1999. Quasi contestualmente a quei lavori di riordino e catalogazione (2000) l'archivio Guareschi venne rilevato in "Graphé. Censimento degli archivi della cultura del Novecento", unitamente ad altri fondi: Orsini, Moretti, Anceschi, Bacchelli, Raimondi, Zavattini... per citarne soltanto alcuni. Infine, e siamo ai giorni nostri, vi è la fattiva partecipazione dell'IBC all'elaborazione delle metodologie di rilevamento e fruizione dei dati prodotti dalla campagna di catalogazione avviata nel 2005, oggi visibili in una prima tranche organica, seppur ancor lontana dal raggiungimento della conclusione dei lavori sul campo.

Per poter comprendere l'oggi, il nostro essere parte, unitamente alla Soprintendenza archivistica dell'Emilia Romagna, del processo di ordinamento e diffusione, mediante catalogo, dell'intero complesso culturale, è bene narrare qualche antefatto o, per meglio dire, riproporre una cronistoria la cui dinamica iniziale somiglia, con le dovute differenze di contesto, a una delle celebri contrapposizioni della saga Don Camillo-Peppone. Il pomeriggio del 28 settembre 1986, al Cinema Teatro "Silvio Pellico" di Busseto, si svolse il pubblico contraddittorio tra l'assessore alla cultura della Regione Emilia-Romagna, Giuseppe Corticelli, e Beppe Gualazzini, del "Giornale". Moderatore dell'evento, organizzato dal Circolo culturale "Giovannino Guareschi" di Parma e dall'Associazione nazionale ex internati militari, fu Baldassarre Molossi, direttore della "Gazzetta di Parma"; tra il pubblico erano presenti tre testimoni a favore di Guareschi: il disegnatore Bonvi (Franco Fortunato Gilberto Bonvicini), il giornalista Egisto Corradi, inviato speciale del "Corriere della Sera" e l'avvocato Odoardo Ascari, compagno di prigionia dello scrittore durante l'internamento.4

Corticelli era chiamato a rispondere di alcune pesanti affermazioni, tra cui "la non emilianità" delle opere di Giovannino e il "suo essere più prodotto dei Cantieri Rizzoli che espressione della terra padana", contenute nella risposta scritta all'interpellanza presentata alla Giunta regionale dal consigliere dell'opposizione De Carolis. Nell'interpellanza, De Carolis chiedeva lumi circa la latitanza regionale in occasione delle celebrazioni guareschiane, sottolineando una disparità di trattamento rispetto a Pasolini, per il quale, l'anno precedente, la Regione aveva erogato cospicui finanziamenti.

Corticelli aveva brevemente risposto dando giudizi tranchantes sull'attività di Guareschi, opinioni formulate a partire da considerazioni tratte da uno studio appena pubblicato, rafforzato anche dalle parole di Enzo Biagi che, dalle pagine della "Stampa" (5 luglio 1986), aveva dichiarato: "Guareschi ha raccontato un'Emilia che non esiste. L'Emilia è più complicata di come la racconta lui". Il contraddittorio fu assai animato, divenne uno scontro verbale quasi da arena, più volte Baldassarre Molossi chiuse il microfono e invitò alla moderazione. Le contrapposizioni politiche impedirono in più di un momento il confronto effettivo tra le parti, entrambe veementi e convinte, naturalmente su opposte valutazioni.

Corticelli spiegò che le sue affermazioni nascevano non tanto da convinzioni personali, quanto dall'adesione alle posizioni prevalenti in seno alla critica letteraria del momento, scarsamente incline a riconoscimenti di valore all'opera letteraria guareschiana. Citò opinioni tratte da Il successo letterario di Vittorio Spinazzola, opera in cui Bruno Falcetto e Luca Clerici si occupano nello specifico dell'autore.5 Sottolineò come, personalmente, in ossequio alla propria adesione ai valori della Resistenza, gli fosse poi difficile identificarsi e riconoscersi nelle pagine di feroce satira politica anticomunista dell'ideatore del "Candido" ma che, in qualità di assessore, avrebbe accolto favorevolmente future richieste di intervento a favore dell'autore, per il quale - affermò - non erano certamente sufficienti i parametri di valutazione sino a quel momento utilizzati. Riconobbe che l'opera di Guareschi, per il suo essere dentro tutti i media, e per l'uso innovativo che dei media aveva proposto, doveva essere valutata con l'uso di altri strumenti critici; altre tassonomie dovevano essere applicate o inventate per comprendere appieno l'autore. Riconobbe la necessità di avviare interventi di studio a partire dall'archivio dell'autore per poter formulare nuovi giudizi critici; di fatto ribaltò il giudizio negativo della famosa "risposta scritta".

Valutato oggi, il contraddittorio ben si presta a essere "visto da destra" e "visto da sinistra", date le modalità di contrapposizione delle parti, spesso reciprocamente sorde alle opposte ragioni. Dell'avvenimento pare esistere la sola registrazione sonora: se si rintracciasse un girato, si potrebbe pensare di assistere a un ciak della saga filmica guareschiana, tanto gli animi erano infiammati e l'atmosfera del teatro surriscaldata. È evidente, comunque, che non è la chiave ideologico-politica lo strumento per comprendere appieno l'avvenimento. L'intervento di Bonvi, l'inventore delle Sturmtruppen, fu in proposito esemplare. Le sue parole - "Tutti noialtri cartoonist abbiamo l'intera collezione del 'Candido' e quello che vota più a destra vota socialista" - sono emblematiche, diedero la misura di quanto lo spessore culturale dell'autore avesse da sempre travalicato, tra gli addetti ai lavori, i pur alti steccati ideologico-politici.

Senza pretendere una difesa che sembrerebbe comunque di parte, ci piace sottolineare che proprio le parole di Corticelli segnarono l'avvio di un nuovo corso anche a livello regionale: la "sfera politica" prese coscienza della necessità di attivare nuove e originali indagini, che, concretamente, si avviarono un decennio dopo, a partire da un filone poco sondato dell'attività di Giovannino, la sua produzione di fotografie.

Non estraneo al ribaltamento di giudizio dell'assessore fu l'avviarsi di una riflessione sul tema degli "Archivi compositi del Novecento", che proprio in quel periodo la Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione, unitamente al Dipartimento di italianistica dell'Università di Bologna, promosse istituendo seminari tematici. Erano gli anni in cui archivi di autori del Novecento, quali Cesare Zavattini, o Riccardo Bacchelli, cominciavano a giungere nelle biblioteche della regione, acquisiti come nuova forma di tutela. La loro variegata, "composita" natura, creava non piccoli problemi di gestione, la comunità scientifica si interrogava su profili professionali e metodologie corrette di rilevamento, ordinamento e restituzione delle informazioni.

Bibliotecari, archivisti, filologi quali Luigi Balsamo, Armando Petrucci, Isabella Zanni Rosiello, Ezio Raimondi e Domenico De Robertis, furono protagonisti di diversi incontri sul tema; un articolo di Nazareno Pisauri, allora soprintendente, pubblicato nella rivista "IBC" del 1988, Lussuria [dei filologi] e devozione [degli archivisti], ben stigmatizza le direttrici del dibattito: "L'insieme delle discipline bibliografiche e archivistiche deve approntare metodi in buona parte inediti - almeno per la tradizione italiana - se vorrà continuare a essere strumento di mediazione attendibile nei confronti della produzione culturale dei decenni passati e, più ancora, di quelli futuri. Già è evidente, ancorché paradossale, che di quanto viene conservato nelle biblioteche e negli archivi sono proprio le raccolte degli ultimi due secoli a rischiare l'abbandono. Gli studi sulla produzione e circolazione libraria dei secoli precedenti sono ormai diffusi e approfonditi, mentre resta ancora da indagare la produzione dell'editoria industriale e, con essa, il rinnovamento e la diversificazione dei rapporti di scrittura, le interrelazioni fra questi e i sistemi di riproduzione in rapida evoluzione, le evoluzioni dei processi grafici, e dunque, delle circostanze della nascita, esistenza, uso, disuso e destino finale dei documenti prodotti".6

Sulla scia di quel dibattito e delle nuove strategie catalografiche intraprese dalla Soprintendenza in rapporto alla gestione di informazioni su materiali sino a quel momento estranei a pratiche di catalogazione condivise e partecipate, nel 1999 si avviò il primo intervento pubblico nell'archivio di Giovannino, si cominciò la catalogazione della sua produzione fotografica. Nel corso del 1999 venne stipulata una convenzione tra l'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e gli eredi Guareschi, i figli dello scrittore, Carlotta e Alberto.7

Contemporaneamente a quell'intervento fattivo, l'insieme documentario fu censito all'interno di "Graphé", ed Enzo Colombo, che è responsabile del progetto, ne diede conto in una comunicazione al convegno "Conservare il Novecento", organizzato nel 2000 al Salone del restauro di Ferrara.8 In quella sede la soprintendente, Rosaria Campioni, ribadì: "Ai fini della ricerca e della fruizione è essenziale riflettere, caso per caso, sull'ordinamento e valutare il tipo di trattamento specifico che va riservato ai singoli fondi, che come è noto sono complessi; essi non contengono soltanto carte, o solo libri, ma presentano sovente altri materiali: fotografie, diapositive, stampe, riviste, ritagli di giornale, registrazioni di trasmissioni radiofoniche e così via".9

In seguito, ma sono fatti dei giorni nostri, la Soprintendenza ha avuto la responsabilità scientifica e la supervisione del catalogo dei disegni di Giovannino e dei restanti materiali fotografici, questo in virtù di una convenzione stipulata al momento della partenza dei lavori di riordino delle carte di cui danno conto, nel volume, Maria Parente e Cristiano Dotti.


Note

(1) G. Benassati, Dal "tesoro" al thesauro. Per uno "studio disteso" dell'Archivio di Giovannino Guareschi, in Le carte di Giovannino. Prime indagini sui materiali dell'Archivio Guareschi, a cura di G. Benassati, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna - Bononia University Press, 2008 ("Immagini e documenti. Imago"), pp. 11-28.

(2) Archivio Giovannino Guareschi, Spunti e idee, 1953.

(3) In Istruzioni per l'uso, introduzione al volume Chi sogna nuovi gerani? "Autobiografia" (Milano, Rizzoli, 1993, p. 6), Alberto e Carlotta Guareschi così sintetizzano la loro attività a favore dell'opera paterna: "Da anni frughiamo nelle sue ordinatissime carte, alla ricerca di dati e notizie per tanta gente. Sono quintali di carte che stiamo cercando di inserire in un archivio elettronico, per salvarle dal degrado e per renderle consultabili. (L'anno passato il Ministero per i Beni Culturali ce ne ha notificato il 'notevole interesse storico')".

(4) La risposta scritta dell'assessore alla cultura Giuseppe Corticelli all'interrogazione numero 1993 presentata dal consigliere Stelio De Carolis per sapere "[...] quali iniziative la giunta intende predisporre per celebrare Giovannino Guareschi al quale è stata dedicata una mostra antologica in Busseto", reca la data 28 maggio 1986 ed è così formulata: "Sul piano del metodo e della prassi regionale vale quanto ho già avuto occasione di chiarire: la Regione normalmente interviene per iniziative di questo tipo su domande, per così dire, motivate di enti, associazioni o altri organismi che siano interessati a promuoverle, previa presentazione di un progetto almeno di massima, che indichi anche gli apporti culturali e i supporti organizzativi su cui è basato. Aggiungo che l'articolo 6 della nuova legge di promozione culturale 9/86, proprio per iniziative di carattere celebrativo, come quelle ipotizzate dal consigliere interrogante, prevede interventi di sostegno della Regione per manifestazioni di rilevanza nazionale promosse da enti locali. Nessun comune dell'Emilia-Romagna, e neppure la provincia di Parma nella cui circoscrizione nacque Guareschi - l'inventore più fortunato che meritorio di Don Camillo e del suo antagonista - personaggi resi celebri soprattutto dalle riduzioni cinematografiche dell'opera narrativa - ha avanzato proposte e/o richieste di contributi per ricordare il direttore del settimanale "Candido". In quanto tale non direi - tra parentesi - che dimostrasse una particolare bonarietà emiliana, infarcendo il suo periodico di campagne scandalistiche - tra cui quella contro De Gasperi che lo portò in prigione - e di un pesante continuo anticomunismo, aggravato da qualunquistico disprezzo per aspetti importanti e positivi delle società liberal-democratiche. È a questo marcato spirito di parte, nettamente di destra, a tratti brillantemente espresso, e non tanto al livello del suo umorismo, che Guareschi deve gran parte della sua fama; fama che certo raggiunse e travalicò i confini dell'Emilia-Romagna, ma l'opera narrativa e giornalistica di Guareschi sembra piuttosto un prodotto dei cantieri milanesi della Rizzoli che non dell''humus' emiliano, non essendo peculiarmente legato alle tradizioni sociali e culturali della nostra regione. A parte queste considerazioni, suggerite da concetti e notizie contenute nell'interrogazione del consigliere De Carolis, vorrei sottolineare che la 'notorietà' di un autore o di un'opera non ne comporta sempre la validità culturale; anzi è avvenuto spesso il contrario: qualificare Guareschi come grande scrittore-umorista mi sembra francamente almeno azzardato.

Il che non toglie che per il gusto del revival, oggi così diffuso, qualcuno possa commemorarlo anche estemporaneamente (non mi consta che ci sia l'occasione di qualche anniversario) - come già avviene con le prossime pubblicazioni di Rizzoli e con la mostra antologica a Busseto - ma ci dovremmo augurare che questo 'ritorno a Don Camillo' sia appunto solo un fenomeno di moda, che comunque non spetta alla Regione incentivare". Registrazione sonora del contraddittorio è conservata presso l'Archivio Giovannino Guareschi; per una breve sintesi dell'intervento si veda: Il contraddittorio del 28 settembre 1986, "Il Fogliaccio", 1996, 19, p. [2], ove sono pubblicate anche tre significative fotografie, conservate all'Archivio Guareschi, con istantanee di Bonvi e di Egisto Corradi e con un'inquadratura dal basso del tavolo dei conferenzieri: Molossi, al centro, chiude con entrambe le mani i microfoni, rispettivamente a sinistra e a destra stanno Corticelli e Gualazzini, con espressioni che vanno dall'ironico all'interdetto. Le immagini, si sa, sono sempre soltanto parzialmente veritiere. Altra interpellanza venne presentata nel 1998 dal consigliere Giorgio Lisi all'assessore Lorenza Davoli, che rispose il 28 luglio 1998 informando dell'intervento di catalogazione delle fotografie di Giovannino avviato dall'IBC.

(5) B. Falcetto, L. Clerici, Il mondo in duecento parole di Guareschi, in V. Spinazzola, Il successo letterario, Milano, Unicopli, 1985 (Testi e studi, 46), pp. 71-96.

(6) N. Pisauri, Lussuria e devozione, "IBC Informazioni", IV, 1988, 3-4, pp. 13-21: 18-19 [ora ripubblicato nel volume Ma questa è un'altra storia. Voci, vicende e territori della cultura in Emilia-Romagna (1978-2008), a cura di V. Cicala e V. Ferorelli, Bologna, Bononia University Press - Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 2008, ndr].

(7) Il 6 ottobre 1999 Alberto e Carlotta Guareschi e il direttore dell'IBC, Nazareno Pisauri, firmarono la convenzione inerente "la conservazione, la tutela dell'Archivio fotografico di Giovannino Guareschi" (Progr. n. 131, 6 settembre 1999, Prot. IBC 3841/99), di cui ci pare utile citare le considerazioni poste in premessa: "Considerato che: gli eredi di Giovannino Guareschi, grande giornalista e scrittore emiliano, hanno raccolto e conservato in questi anni il vasto e prezioso patrimonio documentario prodotto dall'intensa attività del padre, al fine di renderlo fruibile a studiosi e a un pubblico più vasto possibile, valendosi unicamente delle loro risorse; allo stato attuale si rende necessario un intervento di catalogazione e conservazione dell'Archivio fotografico di Giovannino Guareschi ai fini dell'approfondimento di un aspetto ancora poco conosciuto dell'attività poliedrica di questo grande uomo di cultura; detta operazione, che rappresenta un momento particolarmente qualificante per la valorizzazione dell'intera attività produttiva di Giovannino Guareschi, anche ai fini di una fruibilità maggiore della stessa, necessita di adeguata attenzione da parte di un interlocutore istituzionale come la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBACN; l'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna intende contribuire alla conservazione e valorizzazione di un patrimonio documentario di così grande interesse [...]".

(8) Per il progetto "Graphé" si veda: E. Colombo, Progetto Graphé: archivio dei fondi di cultura dell'Otto-Novecento in Emilia-Romagna, in Conservare il Novecento. Atti del Convegno Nazionale, Ferrara, Salone internazionale dell'arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali, 25-26 marzo 2000, a cura di M. Messina e G. Zagra, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2001, pp. 182-189; i dati sono disponibili anche nel sito dell'IBC: www.ibc.regione.emilia-romagna.it/wcm/ibc/menu/dx/09progetti/prog/graphe.htm.

(9) R. Campioni, Apertura dei lavori, in Conservare il Novecento, cit., p. 18; inoltre, della stessa Campioni, si veda: Uno "scalino" per il ricupero delle raccolte private, in Studi e testimonianze offerti a Luigi Crocetti, Milano, Editrice Bibliografica, 2004, pp. 113-120, strutturato in due interessanti paragrafi su Archivi culturali e intervento regionale e La delega incompiuta, quest'ultimo riguardante l'esercizio della tutela, che, nel "Codice dei beni culturali" poi approvato e oggi in vigore, viene esteso anche alle regioni (si veda l'articolo 10).

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