Rivista "IBC" XVI, 2008, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / editoriali, pubblicazioni

Chiediamo molto a "IBC" perché sia realmente la carta di identità del nostro Istituto, il suo ritratto schietto e veritiero, ma gli anni che questa rivista ha alle spalle invitano alla fiducia.
Trent'anni

Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Sono oramai trent'anni che la nostra rivista accompagna con passo fedele il cammino e il lavoro dell'Istituto per i beni culturali e assolve l'impegno che Antonio Cederna, con il vecchio ma efficace linguaggio della tradizione retorica, definiva di persuasione e propaganda, cioè la funzione necessaria del ragguaglio e del dialogo conoscitivo. Due momenti, questi, ben avvertiti dal primo presidente dell'Istituto, Lucio Gambi, di cui l'IBC pubblica ora una raccolta degli scritti sull'Emilia-Romagna che sin dal titolo, La cognizione del paesaggio, evoca uno dei nostri temi di indagine originari.

Si cominciò nel 1978, con un abito editoriale modesto e quasi puritano, come annunciava la stessa testata di "Informazioni", dando conto di ricerche, progetti, inchieste, convegni, catalogazioni, inventari, restauri, centri storici, paesaggi, mostre: e ciò che contava era soprattutto l'esame razionale dei fatti, la forza delle argomentazioni e delle convinzioni, in un tempo ricco ancora di speranze e di piani. Poi, dopo l'ingresso nell'organismo dell'IBC della Soprintendenza bibliografica, che ampliava notevolmente orizzonti istituzionali e intellettuali, il bollettino diveniva una vera rivista, dove l'eleganza della presentazione aggiungeva nuova luce alla conoscenza e la sintassi compositiva dava ordine al discorso sempre più complesso e maturo dei beni culturali e alla loro enciclopedia antropologica di forme e significati, di simboli e invenzioni. La tecnica comunicativa, secondo lo spirito dei tempi, si raffinava, ma per commisurarsi a un messaggio, al suo contenuto di verità. Sullo sfondo incombente della globalizzazione, del resto, si tornava a ragionare di memoria, appartenenza e identità nazionale.

Da allora la nostra creatura ha continuato su questa strada, anche se non sono mancati mutamenti e integrazioni, come nel rapporto tra messaggio iconografico e contenuto testuale. Ma basta entrare in biblioteca e sfogliarne le annate, di fascicolo in fascicolo, quasi di copertina in copertina, per riconoscervi la storia comune di una virtuosa vocazione illuministica e la costruzione progressiva di una rivista che, mentre si fa accurato testimone e interprete di un'impresa collettiva, vuole essere anche un laboratorio in proprio, un'officina di esperimenti verbali e iconici, un amabile spazio didattico che introduce alla formazione di un gusto attivo, e non di mero consumo, dei beni culturali, universo molteplice e sorprendente dell'homo faber. Oggi i giovani, a cui è affidata la nostra rivista, possono portarvi anche una sensibilità fertile e pronta, la freschezza del giudizio, il piacere delle associazioni, la perizia concertata delle forme, la curiosità mobile e festosa, il dialogo avveduto e non convenzionale tra i linguaggi, un libero e alacre spirito indagante. Chiediamo molto a "IBC" perché sia realmente la nostra carta di identità, il nostro ritratto schietto e veritiero, ma i trent'anni che abbiamo alle spalle, con altrettante avventure tipografiche e redazionali che si intrecciano alla storia non sempre pacifica dell'Istituto, ci invitano a essere fiduciosi.

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