Rivista "IBC" XVI, 2008, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / editoriali

Tre pezzi tratti dall'archivio della rivista ripercorrono, di decade in decade, un cammino editoriale che compie trent'anni.
Una rivista allo specchio

Giuseppe Gherpelli
[già presidente dell'IBC]
Ezio Raimondi
[italianista, presidente dell'IBC]

Presentazione

["Informazioni", I, 1978, 1]1


L'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna inizia, con queste prime "Informazioni", una pur sommaria ma ampia divulgazione delle attività di studio e di ricerca intraprese in funzione di quel ruolo di organo della programmazione che la legge istitutiva regionale gli ha garantito. Poiché questo è il punto qualificante della sua fondazione e della sua stessa vita: affermare che, in un paese di così eccezionale sedimento storico e artistico, ogni scelta - anche solo amministrativa in apparenza - che si conduca sull'ambiente come sulle cose è destinata a incidere sia sulla loro opportuna sopravvivenza, sia sul "sociale" che di quella sopravvivenza si serve per meglio legittimarvi l'autogoverno delle comunità.

Già da due anni l'Istituto conduce le sue attività, dopo un primo periodo di dibattito e di allestimento dei programmi. Se le prime notizie circa queste attività sono divulgate in modo non frammentario soltanto a partire da oggi, ciò avviene per l'ovvia necessità di dare di esse un ritratto più solido e continuativo: fermo restante il carattere tipicamente sperimentale dell'opera dell'Istituto, tale cioè da poter registrare, nel fluire del dibattito culturale e nel coordinamento con la politica delle amministrazioni, le più opportune variazioni, intese come aggiustamenti di metodo nel momento in cui il fuoco della prassi ne verifichi le teoriche possibilità. Ma due anni di buona, seria attività hanno comunque già insegnato all'Istituto e ai suoi operatori e collaboratori che gigantesco è lo spazio aperto fra l'idea di cultura (con la sua diretta proiezione, cioè la nozione di bene culturale) e il luogo ove si collocano, in questo momento difficile, le comunità, gli enti locali e le stesse istituzioni della ricerca e della didattica universitaria. In tal senso, l'opera di consulenza tecnica e scientifica dell'Istituto - ed è questo un altro punto qualificante della legge istitutiva - è proposta alla libera scelta degli enti locali: finalità già primaria nell'immaginazione teorica, ma che determinante e assoluta diviene nella pratica quotidiana.

Il difficile cammino delle deleghe, l'innegabile portata quantitativa come qualitativa dei problemi (si pensi all'urbanistica per tutti), la stessa violenta crisi della finanza locale, non hanno reso agevole il cammino dell'Istituto proprio nella sua appena richiamata funzione di organo di consulenza delle comunità lungo il percorso irrinunciabile del decentramento democratico. Esso tuttavia, con decisione unanime del suo Consiglio di amministrazione, ha preferito inoltrarsi ben dentro le difficoltà politiche obiettive piuttosto che esiliarsi in un'area di asettica e tranquilla gestione della ricerca storica, scientifica e tecnica. Naturalmente, l'attivazione dell'enorme spazio di cui si diceva, tradizionalmente e lamentevolmente vuoto di modelli di comportamento sia culturale che perfino amministrativo, è compito che ha richiesto e sempre più richiederà soluzioni opportune di difficili problemi organizzativi oltre che metodologici, bilanci adeguati e una struttura organica la quale, pur senza sovrapporsi, dovrà in ogni modo sopperire alle necessità di una consultazione che già per esperienza conosciamo impellente e vastissima. D'altra parte la determinazione della Giunta e del governo regionale, fattasi più precisa nel tempo, consente di fornire oggi garanzie adeguate a tale ruolo, inedito e quindi complesso.

È bene ribadire che quest'opera di consultazione conoscitiva e di coordinamento delle attività largamente indirizzate alla fascia della conservazione storica, artistica, urbanistica e ambientale, è opera difficile e che non sempre, specie in questa sua fase di pur concreto avviamento, sarà facile fornire adeguate, tempestive risposte a ogni sollecitazione. L'Istituto è tuttavia già in grado di annoverare, nell'ambito delle proprie ricerche, linee conformi al dibattito culturale e politico sviluppatosi: anche queste linee possono giovare mediatamente alla prima istituzione di quei modelli che costituiscono la base ineliminabile di ogni volontà di tutela e di conservazione del nostro paese, la base indifferibile per ogni socialità della cultura e delle sue istituzioni che sappia condursi alla verifica delle "cose" piuttosto che alla proiezione trascendentale di un eterno progettualismo, destinato purtroppo a mascherare il vuoto delle conoscenze, la corrività dei comportamenti e lo spreco culturale.

I beni culturali in rivista

Giuseppe Gherpelli

["Informazioni IBC", III, 1987, 5-6]2


Il ruolo del nostro Istituto è relativamente mutato nel corso di questi ultimi anni. Si sono ampliati gli orizzonti delle nostre ricerche, come era largamente prevedibile, e sono stati affrontati temi e approfondite metodologie con un'attenzione costante alle emergenze che ci si presentavano.

Abbiamo, credo positivamente, superato l'impatto di una trasformazione, quella determinata dalla legge regionale sull'organizzazione bibliotecaria, che ha attribuito all'Istituto compiti di carattere gestionale. L'inedita esperienza di costruzione, ancora in corso, di una vera e propria soprintendenza regionale al nostro interno ha aperto sentieri nuovi di rapporto con gli enti locali, mostrando, anche oltre la specificità delle biblioteche e degli archivi, le forti potenzialità di uno strumento di coordinamento e di consulenza alle politiche delle amministrazioni provinciali e comunali. Il sapere, sia pure frammentario, accumulato dall'Istituto ha garantito una discreta capacità di intervento anche in direzioni inesplorate, quelle, per esempio, della predisposizione di progetti complessi e vasti in materia di catalogazione e di restauro e ristrutturazione di notevoli impianti storico-artistici e architettonici. La nostra rivista ha puntualmente riferito delle modalità di lavoro, degli esiti di ricerca, dei dibattiti avviati dall'Istituto, senza dimenticare mai ciò che anche le altre realtà, istituzionali e non, andavano proponendo nel panorama regionale e talvolta anche nazionale e internazionale.

I lettori sempre più numerosi di "Informazioni IBC", mentre non hanno lesinato osservazioni critiche e stimolanti suggerimenti, ci hanno incoraggiato a procedere, e ci spingono a migliorare ancora il nostro lavoro. Anche quest'anno, perciò, abbiamo voluto riflettere sulla nostra rivista, e ci accingiamo ad adottare misure che, ci auguriamo, apporteranno significativi mutamenti di indirizzo, integrazioni necessarie, maggiore agilità a questo strumento di riflessione. In particolare, fin dai prossimi numeri, sarà nostra cura ampliare il raggio di informazione della rivista, senza far cessare o ridimensionare il momento indispensabile della documentazione delle attività e della meditazione. Vorremmo, cioè, che "Informazioni IBC" divenisse esso stesso uno strumento della ricerca condotta dall'Istituto, un luogo i cui dati, fenomeni, statistiche, inchieste consentissero una precisa ricognizione della realtà che ci circonda e in cui viviamo.

Ci siamo resi conto che è di fondamentale importanza far affiorare elementi di conoscenza che spesso si trascurano, o sono sottovalutati. Mi riferisco a sezioni significative del patrimonio storico, artistico, e architettonico, naturale, che non sono mai state organicamente analizzate nei loro aspetti, mi riferisco alla necessità di indagare da vicino i problemi gestionali e organizzativi delle istituzioni culturali e scientifiche, nella prospettiva di ricavarne modelli di comportamento, statuti nuovi che utilizzino pienamente tutte le risorse, intellettuali, tecnologiche ed economiche oggi disponibili.

Se l'IBC può e deve offrire le sue prestazioni in ambiti di grande respiro, in progetti di forte spessore, non può evitare di svolgere un compito, solo apparentemente meno rilevante, quello di testimoniare anche gli eventi e i volti di una condizione dei beni culturali e naturali che spesso sfugge. È un lavoro paziente a cui siamo abituati e che desideriamo divenga oggetto di considerazione più alta. Poiché siamo convinti che stia davvero maturando una consapevolezza più diffusa del valore dei beni culturali e ambientali, ci proponiamo di sottolineare con forza la centralità dell'attività conoscitiva, anche per impedire che improvvise e improvvisate ansie di intervento a tutti i costi (magari agevolate da provvedimenti legislativi assai discutibili) travolgano razionali ipotesi di programmazione.

La nostra rivista, lungi dall'inseguire le effervescenze, vuole essere prima di tutto un serio e onesto contributo alla ricerca e alla divulgazione. Le modificazioni, anche strutturali, che ci proponiamo di realizzare nel corso della prossima annata dovranno segnalare anche la volontà che qui abbiamo sommariamente descritto.

IBC e Decreto "Bassanini"

Ezio Raimondi

["IBC", VI, 1998, 3]3


Con il Decreto legislativo 112, che assegna alle Regioni nuovi compiti amministrativi - anche se nell'orizzonte di un decentramento cauto e parziale, che risponde in modi alterni alla logica di un vero federalismo - è evidente che l'IBC deve commisurare il proprio ruolo, che risulta unico nella realtà nazionale, al riassetto previsto dalla riforma "Bassanini" e all'interpretazione dettata dal governo regionale, tanto più a fronte di due nuovi soggetti istituzionali, come la Soprintendenza unica e la Commissione per i beni e le attività culturali. Ma questo non significa soltanto un'operazione razionale di adeguamento, poiché vi si deve associare anche un'analisi del nostro Istituto e una storia dei suoi venticinque anni di vita, delle sue esperienze e dei suoi tentativi, fra continuità e rottura, dal fervore originario di un regionalismo fortemente progettuale all'empiria molteplice di un lavoro quotidiano orientato sul territorio e sui suoi problemi. Così infatti, sul duplice fronte delle biblioteche e dei musei, l'IBC è divenuto il referente interpretativo e coordinativo delle proposte del policentrismo regionale, l'erogatore dei fondi concessi per il concorso ai progetti delle comunità locali, e infine l'elaboratore in proprio di indagini e manifestazioni scientifiche e culturali. Ieri come oggi è un equilibrio difficile, che vuole insieme la riflessione e la prassi, l'invenzione e il solido commento, non la "routine" ma la lucida, pronta efficienza.

Nel suo progetto di legge per la "riforma in senso federalista del sistema regionale e locale" la Giunta della Regione Emilia-Romagna conferma queste funzioni dell'IBC, facendone poi il "soggetto" di cui "valersi" per collaborare con gli enti locali ("al fine di analizzare le condizioni ottimali di gestione dei beni di proprietà dello Stato presenti sul territorio regionale" e le "ipotesi di trasferimento"), e assumendolo più in generale come "supporto allo svolgimento dei propri compiti" in materia di biblioteche, musei e altri beni culturali, nella nuova cornice, per l'appunto, del Decreto 112. Ma tutto questo richiede, come ci insegna la pratica non sempre positiva dell'ultimo quinquennio, soprattutto in rapporto alla Legge regionale 20/1990 sui musei, che si semplifichino procedure e modalità amministrative per non bloccare i fondi erogati in altrettante paludi burocratiche e rendere vana, perché fuori tempo, ogni possibile concertazione. E non v'è dubbio che se si vuole aprire un capitolo più moderno e più equo nell'universo della cultura e dei suoi testimoni, con più referenti e responsabili, occorre un metodo concertante franco e preciso, una "leale collaborazione", come dicono i giuristi, definita in ogni suo atto, una volta che si sia tutti d'accordo che il "bene culturale" coincide con il "valore" che vi è custodito, cioè con il significato che lo lega alla vita dell'uomo. Soprattutto allorché si giunge a una svolta, l'etica non può fermarsi al formalismo.

Allo stesso modo, di nuovo interrogando l'evoluzione interna dell'IBC, sembra giunto il momento di riconoscere al suo Consiglio direttivo, composto tutto di esperti, un preminente compito scientifico di ideazione e di verifica e di lasciare invece ai responsabili amministrativi la cura della pratica finanziaria esecutiva, con un'autonomia che vada dalle tematiche e dalle scelte culturali alle definizioni di bilancio, senza un'armatura rigida preordinata dall'alto. Da una parte si tratta di elaborare programmi di rilevanza generale e di promuovere modelli di efficace innovazione; dall'altra si deve dare risposta ai progetti delle comunità locali, oggi più sensibili e attive di ieri, e contribuire, dove sia necessario, alla loro pertinenza, alla loro giusta e corretta presentazione in una provincia non "provinciale" e per questo aperta, moderna. Ogni luogo può diventare un centro, uno spazio vivo di risonanza. Ciò che importa, in ogni caso, è di far emergere uno stile comune, una razionalità condivisa e per così dire postilluministica, che sappia vedere nella diversità una ricchezza e non solo un'aggregazione da scomporre.

Se il bene culturale rappresenta, come sembra a molti, un elemento costitutivo dell'identità civile, della memoria comune (anche nell'universo spettrale della virtualità e della globalizzazione), bisogna che le differenze vengano percepite nella loro specificità, ma possano poi dialogare secondo un codice unitario. E più si approfondisce la conoscenza diretta delle cose e dei luoghi, più diviene naturale il rapporto e il confronto con i nuovi organi voluti dalla riforma "Bassanini", anche alla luce del lavoro compiuto insieme, in Emilia-Romagna, tra IBC e Soprintendenze, già sul cammino di un sistema in costruzione. Qualche volta le ipotesi generose anticipano il futuro, così come vanno incontro a delusioni e inerzie.

Intanto deve essere chiaro che un sistema non può essere oggi una geometria astratta calata d'imperio su un territorio, ma è piuttosto una rete frastagliata, un insieme di relazioni tra centri, soggetti e attori molteplici che s'incontrano senza perdere la propria individualità e si arricchiscono reciprocamente, come pagine diverse di uno stesso libro, da cui, entrandone a far parte, ricevono un significato aggiunto, una forza complementare. In fondo è qualcosa di simile a ciò che chiamiamo federalismo, almeno nella versione di un empirismo razionalistico ordinatamente attento alla varietà sempre imprevedibile del reale. Ma a qualcuno verrà poi fatto di osservare, proprio nella sfera operativa che ci interessa, come leggere e vedere esigano la stessa forma di attenzione: si distingue e insieme si connette. Va da sé che anche la nozione di bene culturale si sottrae in ultima analisi alla codificazione separativa di ambiti disciplinari chiusi e irrelati. Se il bene esiste soltanto nell'insieme variato di un contesto, come sembra ammettere anche il Decreto 112, vengono meno le classificazioni tradizionali e s'impone una logica pluriprospettica che - per dirla con Aby Warburg, uno dei maestri del nostro secolo - abolisce i "confini", o gli sbarramenti, in nome di una vera antropologia dell'arte e della cultura. Del resto dove di colloca, a esempio, un ecomuseo, o a quale ambito appartiene una biblioteca monumentale? Chi deve considerare un paesaggio come natura che si fa cultura, morfologia unificata di una pluralità vivente di uomini e di cose? Anche chi amministra non può ignorarlo: e di qui viene la necessità di un discorso comune, nel momento stesso in cui lo si articola tra competenze diverse. Così, alla luce di quanto prescrive lo stesso decreto legislativo, sia pure con una semantica tutt'altro che univoca, acquistano un'importanza centrale i beni ambientali e architettonici in vista di una collaborazione fra Stato, Regione ed enti locali, ricondotta a un'idea comune di conservazione e di sviluppo. E a noi pare che l'IBC possa avervi una parte poiché il suo metodo di lavoro, sin dall'origine, si è mosso in questa direzione, anche quando rivendicava, nei tempi di una dialettica contrappositiva forse troppo semplice, un primato d'iniziativa regionale.

Certo, allorché si chiede al nostro Istituto di presentare un'immagine di sé stesso e delle proprie attività, quasi una mappa di ciò che elabora e produce, non è facile stendere un rendiconto compiuto, per quanto vada poi detto che con la rivista, a cui si dedica una cura particolare, si tenta di darne un ragguaglio in progress, integrato da considerazioni, discussioni, commenti, proposte d'ordine generale. Un regesto di eventi e di manifestazioni lascia in ombra, per così dire, i fondamenti progettuali, i principi ideativi, anche perché la realizzazione di questi ultimi si distribuisce nel tempo e si frammenta, di nuovo con un effetto di accumulazione discontinua. La dovizia sembra allora prevalere sulla coerenza, sul discorso iuxta propria principia, sempre che non vi si sia rinunciato. E qui non resta altro, dopo l'avvertimento che s'è fatto, che prospettare, a titolo dimostrativo, temi e lavori a cui attende ora l'IBC in modo diretto, a gradi differenti di sviluppo:

· reti bibliotecarie provinciali e loro interconnessioni nazionali e internazionali;

· progetti nazionali ed europei: l'"Itinéraire Culturel du Livre", "CASA" e "GEMMA";

· attività editoriali con studi, indagini, repertori librari e banche dati informatiche;

· consulenza e gestione di grandi progetti extraregionali, quali il Servizio bibliotecario nazionale (SBN esteso a quindici regioni e università), la catalogazione dei beni culturali della Sardegna e della Repubblica di Malta;

· ricerche unificate per la definizione di metodologie comune per la catalogazione e le attività tecnico-scientifiche di restauro dei beni architettonici e ambientali;

· incontri e fiera annuale del restauro e della conservazione dei beni culturali;

· laboratori e workshop per un'integrazione museale europea;

· repertori generali dei musei, dei siti e dei beni culturali, a integrazione di quelli già predisposti per i beni librari e documentari;

· progetti speciali di valorizzazione della realtà storica e geografica dell'Emilia-Romagna, da quello degli Appennini e della Linea Gotica a quello della acque fluviali e marine, tra il Po e l'Adriatico.

Come si vede, l'Istituto è mobilitato in questa costellazione di problemi e di iniziative di ampio respiro con la sua duplice competenza bibliografica e museografica; ma proprio per questo diviene necessario superare l'asimmetria, che resta ancora fra i "servizi" corrispondenti delle biblioteche e dei musei, legata, si sa, a due fasi storiche diverse, e procedere finalmente con una ragione tecnica e interpretativa comune, senza più squilibri tra una disciplina fortemente strutturata e una conoscenza ancora in prova. Ed ecco perché l'IBC deve riesaminare il proprio apparato interno, riaggiustare il suo potenziale scientifico, applicando anche a sé stesso il principio della sussidiarietà e dell'efficacia affinché la razionalità della programmazione, di nuovo in primo piano, vada di pari passo, giorno dopo giorno, con il disegno flessibile delle scelte e delle intraprese locali, all'interno di un contesto unitario che va interpretato come un plurisistema complesso, irriducibile a una formula a priori. Prima degli interventi o dei dialoghi con l'esterno, contano i concetti, le questioni poste nel modo giusto, le prospettive esatte, le aperture o le congetture che non si arrestano alle parole d'ordine, ai miti concettuali di una stagione: l'effimero è sempre in agguato, anche sotto la maschera della cosiddetta eccellenza. Ciò che vi si oppone, ed era l'ipotesi da cui nacque l'IBC, è l'idea di un'intelligenza civile che trae forza dalla storia, la costanza di un'immaginazione che vede insieme passato e presente, l'"invisibile" - come ha detto un poeta d'Irlanda - di cui vive "la visibile pietra".

Rispetto allo scenario proposto dal Decreto legislativo 112 e alla gestione, valorizzazione e promozione dei beni culturali, assegnati agli enti locali, la Giunta regionale intende, come dichiara il suo progetto di legge, portare sino in fondo le possibilità di una concertazione concretamente orientata in senso federalista. Per quanto gli compete - forte della sua storia e della sua esperienza, e magari dei suoi errori, delle sue incertezze - il nostro Istituto è pronto a confrontarsi con questa nuova situazione, rivedendo anche il proprio assetto, e a esercitare il proprio ufficio di mediatore, di interprete critico tra centro e periferia, amministrazione statale e poteri locali, con la forza e la convinzione che gli vengono dall'esercizio di un pluralismo già fertile d'indicazioni oltre che di nodi e di incongruenze. Ma quello che ci sta dinanzi è qualcosa di più di un aggiornamento o di una correzione: forse è un ritorno alle origini, entro un'organizzazione nuova, più chiara e funzionale, se sapremo costruirla come esige un tempo, sia pure variabile, di riforma e di modernizzazione anche amministrativa. Le grandi illusioni sono finite, ma resta ancora uno spazio - per citare un sociologo che pensa - per un realismo utopico. E nel ciclo che comincia, l'IBC non ha bisogno d'altro, gli basta una prudenza che non rifiuti l'ardimento, il coraggio di sapersi mettere in gioco. La sfida europea vale anche per la cultura.


Note

(1) Presentazione, "Informazioni", I, 1978, 1, p. 3. Il primo bollettino periodico dell'IBC, pubblicato dall'ottobre 1978 al dicembre 1984 con cadenza variabile (mensile-bimestrale), era curato dall'Ufficio stampa dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, coordinato da Paola Casagrande.

(2) G. Gherpelli, I beni culturali in rivista, "Informazioni IBC", III, 1987, 5-6, p. 3. La seconda serie del periodico (bimestrale, gennaio 1987 - aprile 1991) è stata diretta da Paola Casagrande e poi da Giuseppe Gherpelli, con la cura redazionale di Orlando Piraccini.

(3) E. Raimondi, IBC e Decreto "Bassanini", "IBC", VI, 1998, 3, pp. 3-6. La terza e attuale serie della rivista, pubblicata a partire dal gennaio 1993 (prima a cadenza bimestrale, poi trimestrale), è diretta da Ezio Raimondi e condiretta da Isabella Fabbri, con la cura redazionale di Flavio Niccoli, prima, e poi di Valeria Cicala e Vittorio Ferorelli.

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